La Semi-Fata (Parte 2)

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Finito il torneo sento tutti parlare di un grande buffet che si tiene al castello. Così seguo un gruppo di creature, ma probabilmente non sono diretti lì, perché "pedinandoli" sono sbucata fuori dal castello. Così vago in cerca di qualcosa da mettere sotto i denti... Da lontano vedo una folla che è intenta a mangiare da lunghi tavoli. Mi ci avvicino ma non riesco a farmi strada tra la massa, fino a inciampare. Così mi tengo stretta alla prima cosa che trovo. È qualcosa di morbido e rotondo. Per poi notare che è il sedere di qualcuno. Divento rossa in volto quando si gira. Mi aiuta a rialzarmi e cerca di dirmi qualcosa. Ma sento poco per colpa del rumore che fanno al banchetto. E glielo faccio notare. Così lui mi prende per mano e ci spostiamo da quella folla che subito riconosce il mio salvatore e urlano il suo nome. Infatti lui è Lyrvan. Il campione dei giochi. E insieme a lui scappiamo dai suoi ammiratori girando a destra e sinistra per i vicoli del castello, fino a seminarli del tutto. Quando ci fermiamo lui mi dice «Per fortuna ero di spalle.» Ridacchiando.

«Cosa intendi, scusa?» Chiedo, non capendo la sua, forse, battuta.

«Prima quando sei inciampata, mi hai afferrato per...» Poi si ferma vedendo che sono molto rossa in faccia per la vergogna. «Ma non importa. Stavi lì per mangiare?»

«S... sì.» Gli dico, balbettando ancora per la vergogna.

«Conosco un posto dietro l'angolo dove mangiare in tranquillità.» Mi parla di una taverna vicina.

«Scusami non posso, i Gaia non usano monete» Così mi dice che avrebbe offerto lui. Inizialmente sono un po' dubbiosa ma accetto, sentendo il mio stomaco brontolare.

Arriviamo in una taverna, è poco illuminata. Ci sediamo al tavolo più vicino a una finestra e ordiniamo subito da mangiare. Dopotutto lui ha vinto i giochi e io sono tanto affamata. Ma non so cosa scegliere, ci sono un sacco di pietanze sul menu. Così faccio decidere a Lyrvan. Lui si prende una bistecca parlante e io una focaccia cambia forma. Non capisco questi strani nomi finché non sento parlare la sua bistecca. A momenti litigano sul perché deve mangiarla.

«Tu mi conosci, ma io no, come ti chiami?» Mi chiede, porgendomi la mano.

«Hania! Piacere.» Gliela stringo, ha una presa così leggera nonostante sia così forte.

«Come mai non hai le ali? Non sei una Cantadia?» Mi chiede curioso.

«No, sono una semi-fata!» Rispondo orgogliosa di esserlo. Gli spiego che sono nata da una mamma Cantadia e un papà Gaia. Lui rimane molto affascinato del mio racconto. Da come mia mamma ha lasciato il suo dono per unirsi per sempre a un umano. Infatti solo lui poteva udirla. E si narra che solo il vero amore può far accadere questo.

«Quindi anche tu non hai doni particolari?» Mi chiede ancora, stavolta un po' confuso. Questo mi ricorda come le Cantadia mi hanno catturata uccidendo i miei genitori, ma questo non glielo racconto, non subito. Anche se divento visibilmente triste. «Scusa, non volevo turbarti.» Cerca di consolarmi dicendo che le mie orecchie sono diventate smisuratamente grandi. Io le tocco per capire meglio, e scoppiamo a ridere. Ecco perché si chiama così questa focaccia.

«Comunque no, sto bene e anche se non ho il dono di volare, posso parlare con tutti i Gaia. E rimpicciolirmi quando voglio.» Spiego lui che anche se non sono completamente una Cantadia. Sono cresciuto nell'amore dei Gaia. Che mi hanno sempre accettata.

«E cosa ci fai qui nel castello degli Alti?» Crede che sono qui come turista con la mia famiglia.

«È una lunga storia.» Spiego lui la "grande" profezia che c'è su di me. E come sono riuscito a scappare dalle Cantadia e la morte dei miei genitori. Lui mi prende molto a cuore e mi promette che qui non non mi succederà nulla di brutto. Infine mi racconta la sua storia.

ELOGARD: Il Ciondolo.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora