VI

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Harry terminò di controllare uno degli articoli che gli erano stati assegnati da revisionare, salvando il file nell'apposita cartella sul suo pc, pronta per essere trasmessa a Louis per l'approvazione finale, e lasciandosi poi andare contro lo schienale della poltrona, portandosi le mani al volto e sospirando profondamente.

Le ultime settimane trascorse erano state tra le più difficili che avesse mai dovuto affrontare.

Erano ormai una ventina di giorni che occupava la stanza degli ospiti dell'appartamento in cui viveva Gemma, sempre più convinto che mettere della distanza tra sé e Louis fosse la scelta più giusta da compiere per permettere a entrambi di vedere la situazione con maggior lucidità ed essere liberi di riflettere sui motivi che li avevano portati a quel distacco, col fine di trovare una possibile soluzione ai loro problemi.

Tuttavia, nonostante quella certezza, ritrovarsi in una situazione di stallo dopo essere arrivato così vicino a realizzare il suo sogno, non era affatto semplice da affrontare.

Era giunto da sua sorella, quella maledetta domenica pomeriggio, in preda a una crisi di pianto che l'aveva portata a pensare al peggio e le lacrime erano continuate per tutta la notte, tanto che, il lunedì mattina, aveva dovuto passarsi un cubetto di ghiaccio sotto gli occhi per provare al alleviarne il gonfiore.

Malgrado il suo aspetto, si era comunque presentato in ufficio e lo stesso aveva fatto anche nei giorni successivi, nonostante le ore di sonno fossero sempre scarse e il suo umore avesse visto tempi decisamente migliori.

La notte era il momento peggiore.

Non appena si coricava, attorniato dal silenzio della camera avvolta nel buio, i suoi pensieri volavano senza sosta a Louis, arrovellandosi per comprendere cosa avesse sbagliato, se avesse potuto prevedere quella fine e, soprattutto, se le cose sarebbero potute andare in modo diverso se avesse dato maggiormente retta al suo cuore che, da tempo, gli suggeriva che qualcosa non andasse.

Forse, se avesse avuto il coraggio di affrontare prima il compagno, chiedendogli cosa realmente gli passasse per la testa, non sarebbero arrivati a quel punto.

Tutte quelle domande gli annebbiavano la mente e gli risucchiavano il respiro, facendo urlare il suo cuore dal dolore.

Anche solo pensare di riuscire a chiudere occhio era impossibile perciò, cercando di essere il più silenzioso possibile, si alzava puntualmente dal letto e, avvolto in una morbida e calda coperta, si andava a sedere sotto la finestra a bovindo del salotto, rimanendo per ore intere a guardare Parigi di notte.

Lì, con l'aiuto di quella città che tanto amava e che la notte era in grado di rendere ancora più affascinante, riusciva a calmare il tumulto interiore e trovare quel momentaneo sollievo che permetteva alle sue palpebre di crollare, sfinite.

Parigi lo cullava fino alle prime luci dell'alba.

Quella città era davvero la sua luce in fondo al tunnel, la pozione magica in grado di stregarlo al punto tale da rimanerne per sempre legato.

Parigi e Louis. L'accoppiata perfetta.

Ad ogni modo, non aveva mai mancato di presentarsi in redazione, deciso a dimostrare a Louis la sua maturità e la sua altrettanta serietà nel lavoro.

Troppe volte si era sentito attaccato sotto quell'aspetto, spesso in maniera gratuita come se la sua giovane età fosse la motivazione più semplice da usare quando le rispettive opinioni e pensieri erano divergenti. Frequentemente si era sentito dire frasi come ''Sei troppo giovane per capire'' oppure ''È ora di crescere'', facendogli pesare una condizione della quale non aveva alcuna colpa.

Le Remède À Toutes Mes PeursDove le storie prendono vita. Scoprilo ora