Capitolo 44# Sotto un manto di stelle

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Il paese delle meraviglie.

Il luogo dove per vivere bisogna cedere alla follia almeno un po', dove la ragione è sottomessa agli impulsi.

Erano quasi tre giorni che mi trovavo in quel posto ormai, eppure solo adesso riuscivo davvero a capire cosa la gente intendesse per pazzia. Il ripetersi continuo di parole senza senso, l'incessante movimento del capo, gli occhi vuoti, inespressivi e il terrore di chi assiste allo spettacolo con un baratro nel cuore.

Pensai di scappare.

Lontano, il più lontano possibile da quel castello, da quel mondo, da me stessa.

Non potevo farcela, cercavo di fare come gli altri, cercavo di nascondere tutto dietro trotterelli e sorrisi, ma era molto difficile.

Era inutile, il ricordo di quell'illustrazione vista sull'Oraculum continuava a colpirmi violentemente o a piombarmi in testa come una pioggia di gelida realtà.

Come quando devi partire per un lungo viaggio e alla sera prima non hai ancora preparato la valigia; ti ritrovi con i nervi a mille e il cuore in gola a pensare di non farcela.

Mi avevano avvertita, sì, mi avevano detto che presto avrei dovuto fare una scelta.

Potevo scappare, potevo andarmene e dimenticare tutto, dimenticare lui.

Mi sarei salvata in questo modo, ma sarei stata una grande codarda e non avrei avuto la forza di fare una scelta.

Sospirai così, senza motivo, tanto per sospirare, ritrovandomi a pensare a troppe cose.

Non so come feci a fidarmi di lui. Lo sentivo nel sangue, credo. Sentivo che fidarmi di lui era la cosa giusta da fare, anche se non lo conoscevo.

Era ormai notte fonda, tutti si erano sistemati nelle loro camere e Mirana aveva curato ogni ferito. Compreso Will, la cui benda bianca sulla fronte era illuminata dal chiaro di luna. Come lo sapevo? Beh, lo osservavo.

Camminava proprio al mio fianco, abbastanza lontano da non poterlo sfiorare, abbastanza vicino da permettermi di inebriarmi del suo profumo.

Sapeva...di burro, sì di burro, quel burro che si spalma sui toast con la marmellata di fragole.

Sapeva di libertà e semplicità, sapeva di tutto quello che era la mia vita, ma che fino ad ora avevo solo sognato.

Camminammo senza una meta per i corridoi dei giardini interni. Non sapevo se mi stava portando da qualche parte, però mi fidavo e lo seguivo cercando in ogni modo di nascondere la mia insensata felicità.

Rimasi minuti a guardarlo, sperando ardentemente di non venire scoperta. È perfetto. Ogni suo più insignificante dettaglio, è fantastico. Ne ho visti molti di ragazzi carini, lord per lo più, ma Will non è carino. Mi sembra strano come pensiero, ma Will è bello.

Non parlo di perfezione, o forse sì, forse la perfezione sta nel non essere perfetti, forse le cose veramente perfette sono quei piccoli dettagli che si elencano facilmente.

Come la piccola fossetta sul suo mento sporgente, o la sue spalle larghe, o le sue sopracciglia troppo oblique.

E poi i suoi occhi. Sul verde/marrone, niente di particolare. Ma erano profondi, come due mari fatti di terra e di infinito. Quel ragazzo aveva gli occhi che vorrei avessero i miei figli.

Restammo così, troppo imbarazzati per avvicinarci, troppo orgogliosi per parlare, per minuti interi.

Guardavo le arcate che scorrevano oltre i suoi capelli arruffati. Guardavo la luna, circondata da un vortice di nuvole blu e da un turbinio di luce bianca. Guardavo la notte che presto, troppo presto, avrebbe lasciato spazio al giorno, il giorno in cui...

Alice in Wonderland, return to UnderworldDove le storie prendono vita. Scoprilo ora