Capitolo 49# Un momento per ricordare (parte 2)

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È impressionante come si possa cambiare in poche ore. Non era ancora giunta sera che ero stata accorciata, allungata e fatta cadere in una bottiglia che ora vagava in un mare di lacrime.
Vorrei non aver pianto tanto, mi dissi sconsolata. Ma oramai era cosa fatta e odiavo le persone che si lamentano di qualcosa a cui non possono più rimediare.
I miei piedi affondavano quasi completamente nelle mie lacrime, per quanto sia strano da dire, e non era una bella sensazione.
Provai a sporgere un braccio fuori dall'imboccatura della boccetta che ora era più grande di me, tanto da farmi da casa.
L'agitai sperando che qualcuno mi vedesse, ma come poteva vedermi qualcuno se non c'era nessuno?
Trattenni un conato di vomito all'ennesima ondata che mi sbattè a sedere. Il mio stomaco aveva subito parecchie deformazioni in queste ultime ore e ci si mettevano di mezzo anche le onde.
Alzai di scatto la testa. Avevo sentito qualcosa. Ed ero sicura di aver sentito bene perché suonava come un canto marinaresco e di canzoni simili ne avevo sentite fin dalla più tenera età.
- Oohh che bella vita fa il marinar,
sempre a navigar quando infuria il mar-
E poi il suono si fece sempre più forte. e più vicino.
-Me ne infischio se nevischia
se c'è nebbia o il vento fischia
perchè il vento se ne infischia pure lui di mee...-
-Ehi, signore! Signor marinaio! Potrebbe aiutarmi?- cominciai a chiamare saltellando dentro la bottiglietta che stava cominciando a diventarmi stretta.
A quel punto lo vidi perché mi passò proprio davanti. A vederlo da lontano poteva sembrare un marinaio su una piccola imbarcazione. Ma più si avvicinava più diventava più strano fino ad apparire come il marinaio più stravagante che avessi mai visto in vita mia.
Portava un lungo cappotto color porpora e una camicia bianca stretta da un panciotto blu notte. Aveva un cappello rotto e malandato appoggiato sulla testa e una pipa stretta tra i denti.
-Oh che bella vita fa il marinar,
tira e salpa là, issa e molla qua...oooh- canticchiò quasi sfiorandomi ma non notandomi.
Ah già dimenticavo: era un dodo. E la sua "imbarcazione" era un uccello a testa in giù.
-Ehi! Ehi signore!- provai di nuovo a chiamare ma non ottenni risposta dal marinaio che si stava avvicinando a quella che pareva la riva di qualcosa.
Dopo esser rimasta in balia di impetuose onde di lacrime per un tempo infinito sentii la bottiglia ribaltarsi e gettarsi sulla battigia lasciandomi modo di uscire prima che un'altra onda si abbattesse sulla riva.
Quand'ecco che un'altro canto mi inondò le orecchie accendendo la mia curiosità.
-Giro girotondo sempre intorno dai asciugati anche tu, niente più seccante di una corsa in su e in giu. Mara maratonda, testa in basso, gambe in su, non cè stato inizio e non ci fermeremo più di correr di saltar calciar di qua e di là, comincia domani l'altro ieri finirà.
Gira gira intorno c'è più gusto e sai perchè. Non cè mai nessuno che stia avanti o che stia indietro. Avanti gira intorno provaci anche tu, niente secca meglio di una corsa in su e in giu. Mara maratonda...Ehi! Non ti seccherai mai in questo modo!- gridò il dodo dalla sua postazione su un'alta roccia.
Sembrava stesse dirigendo qualcosa, quella Maratonda. Ai piedi della roccia tanti animali, volatili, anfibi e mammiferi, correvano in un girotondo stravagante.
Quel dodo mi diceva di correre con gli altri per seccarmi, ma come potevo seccarmi se le onde che arrivavano dal mare ci inzuppavano ad ogni giro?
Mi misi a correre con gli altri sulle note di quella stramba canzone inconsapevole del fatto che ero solamente all'inizio delle stranezze.
***
-Vorresti dirmi da che parte devo andare?- chiesi al gatto che stava appollaiato su di un ramo.
Era molto strano, ma ci avevo quasi fatto l'abitudine, tutto e tutti erano strani in quel paese.
- Dipende molto dal luogo dove vuoi andare- rispose il gatto.
- Poco m'importa dove... - dissi.
- Allora importa poco che strada prendi- soggiunse il gatto.
-...purchè che giunga da qualche parte - riprese Alice come per spiegarsi meglio.
- Oh certo vi giungerai! - disse il Gatto -non hai che da camminare.
Ammutolii non sapendo come trattare quell'animale, non volevo certo farlo adirare con quegli artigli e quei denti che si ritrovava, ma avevo bisogno di informazioni, tuttavia sarebbe stato scortese domandare dove fosse andato il coniglio bianco.
-Comunque è andato da quella parte- disse il gatto puntando a destra la zampa.
-Chi?
-Il Bianconiglio.
-Davvero?!
-Davvero cosa?
-È andato di là?!
-Chi?
-Ma il Bianconiglio! Oh l'avete detto un attimo fa!- esclamai alquanto adirata incrociando le braccia al petto.
-Se io cercassi il Bianconiglio- esordì il gatto che si reggeva all'albero con l'aiuto solo della coda a strisce -andrei a chiederlo al Cappellaio- finì indicando un piccolo cartello verde con disegnata una manina che puntava a destra.
-Oppure da questa parte- disse indicando con l'altra zampa- dove abita il Leprotto Marzolino. Visita l'uno o l'altro, sono tutt'e due matti.
- Ma io non voglio andare fra i matti- sbuffai.
- Oh non ne puoi fare a meno, - disse il Gatto- qui siamo tutti matti. Io sono matto, tu sei matta.
- Come sai che io sono matta? - domandai curiosa.
- Tu devi essere matta, - disse il gatto - altrimenti non saresti venuta qui.
Non mi parve una ragione sufficiente ma comunque continuai: - E come sai che tu sei matto?
- Intanto, - disse il gatto - un cane non è matto. Lo ammetti?
- Ammettiamolo - risposi abbandonando le braccia lungo i fianchi.
- Bene - continuò il gatto, - un cane brontola quando è in collera, e agita la coda quando è contento. Ora io brontolo quando sono contento ed agito la coda quando sono triste. Dunque sono matto.
-Ma che cosa...o meglio chi sei? Sei un gatto? - chiesi corrucciata non riuscendo a spiegarmi la sua follia ne tantomeno il blu elettrico del suo pelo.
-Uno Stregatto Astratto, prego- mi corresse lui rizzandosi sulle zampe posteriori e facendo un cenno con il braccio come se si levasse un cappello immaginario.
-Alice- mi presentai a mia volta facendo un piccolo inchino.
Vidi gli occhi dello Stregatto illuminarsi.
***
Il Cappellaio diede un'ennesima occhiata al proprio orologio da taschino. Le sei.
-Dannazione, è l'ora del tè- farfugliò quasi incredulo.
-É ancora l'ora del tè, Cappellaio- lo corresse il Leprotto Marzolino afferrando l'orologio e intingendolo nel tè come se si fosse trattato di un biscotto. Il Cappellaio si grattò il naso, osservando con sguardo obliquo e un tantino irritato prima Ghiro che sghignazzava nel sonno e poi il suo "compagno di tè" addentare il quadrante del suo orologio.
-Sarebbe più gustoso con un po' di burro, amico mio- constatò con aria arrogante il Cappellaio.
Aggrottai le sopracciglia, ma continuai a sorseggiare in silenzio il tè che ero finalmente riuscita ad afferrare senza osar infierire, anche se non riuscivo proprio a capire come il Leprotto potesse trovare appetibile un vecchio orologio rotto: anche ammettendo che col burro fosse diventato commestibile e magari persino gustoso, di sicuro sarebbe stato pesante da digerire.
-Ticchetta, ticchetta!- strillò l'animale dopo aver tentato di assaggiarlo.
-In tal caso, propongo un brindisi!-annunciò entusiasta il Cappellaio con aria enfatica e altezzosa, sollevando in aria una tazza vuota e gonfiando il petto fino a che uno dei bottoni del consunto panciotto non schizzò via. Il leprotto lo imitò sollevando pomposamente la zuccheriera, ma non avendo il panciotto evitò di gonfiare il petto e preferì drizzare le orecchie.
Il topolino che fino a quel momento aveva sonnecchiato nella tazzina da tè si drizzò in piedi afferrando una zolletta di zucchero.
Anche io mi alzai per partecipare al brindisi.
-Agli orologi, ai mulini a vento e alle zuccheriere!
-E ai panciotti!
-E alle scrivanie!
-Chi mai brinderebbe ad una scrivania?- domandai inclinando il capo.
-Io!- ribattè il Cappellaio battendosi fieramente una mano sul petto -Le scrivanie sono molto importanti.
-Giusto! Ben detto!- esclamarono all'unisono Ghiro e il Leprotto Marzolino -...Netto, affetto, corretto, grassetto, farsetto.- balbettò il Leprotto.
-Hai idea del perché un corvo assomigli ad una scrivania?- mi sussurrò il Cappellaio.
Senza attendere nemmeno un secondo alcuna risposta, si risedettero.
E mentre il trio di matti si affaccendava a versare altro tè in ogni tazza per un nuovo brindisi, dalle siepi di moribes che accerchiavano il giardino della pelosa casetta del Leprotto Marzolino, spuntò ansimante il Bianconiglio con il suo orologio in mano.
-Oh guarda! Un coniglio!- esclamò il Cappellaio.
Quando arrivò al tavolo il Bianconiglio si piegò in avanti per riprendere fiato.
-Bambina, spostati di un posto, lascia al Bianconiglio un posto a sedere.
Sbuffai incrociando le braccia sul petto. Mi piaceva la poltrona sulla quale mi ero accomodata, era grande e comoda, non aveva nient'affatto voglia di spostarsi.
-Perché dovrei spostarmi? Ci sono tanti altri posti liberi!- esclamai indignata.
-Proprio per questo, bambina, hai tanti altri posti in cui puoi sederti.
Pensai che in fondo il Cappellaio non aveva tutti i torti e scelsi un'altra poltrona. Tutti gli altri scalarono di un posto e il coniglio bianco si accomodò al posto lasciato libero da me.
-Vuoi altro tè?- domandò con piglio galante la Lepre alla carta, saltando in piedi sulla sedia con una teiera rosa in mano.
-Come può volerne altro se non ne ha ancora preso?
La mia obiezione indignò enormemente il Leprotto.
-Non si deve rispondere ad una domanda che è stata fatta ad un altro, è scortese (marchese, olandese, riprese)... e non si può rispondere ad una domanda con un'altra domanda, è come se domandassi qualcosa con una risposta. Giusto?
Ghiro assentì prima di abbassare il capo e chiudere gli occhioni neri; il Bianconiglio si grattò il capo per rifletterci su; mi costrinsi a star zitta perché mi soggiunse alla mente un'altra domanda e, dovevo ammetterlo, non potevo rispondere con un'ulteriore domanda.
-Quale buona brezza ti ha portato da noi quest'oggi?- chiese gentilmente il Cappellaio al nostro ospite.
-Sono in ritardo! In arciritardissimo! E...- cominciò a spiegare per poi bloccarsi di colpo nel momento in cui incrociò il mio sguardo.
-Marianna! Mariannissima!- strillò saltando sulla poltrona -Che ci fai ancora qui!? Corri! Prendi la tromba! E i guanti! Sbrigati!- cominciò ad urlarmi contro fino a quando non mi alzai e corsi verso la staccionata che delimitava il mulino a vento del Cappellaio.
Mi voltai indietro e stranita quei matti discutere su come riparare l'orologio del coniglio, senza trovare mai una soluzione pertinente e finendo per romperlo definitivamente provocando la rabbia del Bianconiglio.
Ma solo una cosa mi importava in quel momento: per cosa era in ritardo il coniglio. E l'avrei scoperto.
***
Intinsi un'altra volta il grosso pennello nella pittura rossa per dipingere l'ultimo petalo della rosa che stavo colorando.
Era una cosa strana, ma mi pareva di rimembrare che a fare cose nuove ci si allunga la vita così non avevo perso tempo a prendere un pennello e mettermi a dipingere le rose bianche di rosso.
In quell'istante Cinque che guardava attorno pieno d'ansia, gridò: - La Regina! la Regina!
Mi guardai intorno confusa con ancora il pennello grondante di vernice in una mano.
Vidi i tre giardinieri gettarsi immediatamente a faccia a terra. Si sentì un gran scalpiccìo, e mi si volse curiosa di veder la tanto nominata Regina di Cuori.
Il corteo era lunghissimo, prima vennero i servi, poi gli invitati e poi ancora alcuni suonatori tra cui riconobbi il coniglio bianco che discorreva in fretta nervosamente reggendo tra le mani la tromba cui dava una soffiata di tanto in tanto.
Poi notai un ragazzino un po' più alto di me, i capelli castani e il viso magro. Sembrava il fante di cuori, ma probabilmente era suo figlio. Portava la corona reale sopra un cuscino di velluto rosso, a testa bassa, stringendo i denti. Non potei non sorridergli quando mi passò davanti e mi rivolse uno sguardo.
E in fondo a tutta questa gran processione venivano il Re e la Regina di cuori.
Non sapevo se dovessi prostrarmi come i tre giardinieri, che poi a che servirebbero i cortei se tutti dovessero stare a faccia per terra e nessuno potesse vederli.
Così rimasi in piedi ad aspettare con ancora il pennello sporco tra le mano.
Quando il corteo mi arrivò di fronte, tutti si fermarono e mi guardarono.
La Regina gridò con cipiglio severo: - Chi è costei? - e si volse al fante di cuori, il quale per tutta risposta sorrise e s'inchinò.
- Imbecille! - disse la Regina scuotendo la testa impaziente.
-Come ti chiami, fanciulla?- domandò rivolgendosi direttamente a me.
- Mi chiamo Alice- risposi timidamente cercando di guardarla negli occhi il meno possibile.
- E quelli chi sono? - domandò la Regina indicando i tre giardinieri col viso a terra intorno ai cespugli di rose
- Come volete che ne sappia? - risposi meravigliandomi del mio coraggio.
La Regina diventò di porpora per la rabbia e, dopo di averla fissata selvaggiamente come una bestia feroce, gridò: - Tagliatele la testa!
- Siete matta! - rispose Alice a voce alta e con fermezza; e la Regina tacque.
Il Re mise la mano sul braccio della Regina, e disse timidamente: - Rifletti, cara mia, è una bambina!
La Regina irata gli voltò le spalle e disse al bambino con il cuscino in mano: - Voltateli!
Lui posò il cuscino a terra e si avvicinò ai tre giardinieri che, notai solo dopo, dovevano avere la sua stessa età.
- Alzatevi! - gridò la Regina e i tre si levarono immediatamente in piedi, inchinandosi innanzi al Re e alla Regina, ai principi reali, e a tutti gli altri.
- Basta! - strillò la regina. - Mi fate girare la testa!
-Che facevate qui?- domandò guardando le rose.
- Con buona grazia della Maestà vostra, - rispose Due umilmente, piegando il ginocchio a terra -tentavamo di...
- Ho capito! - disse la Regina- Tagliategli la testa!
I giardinieri corsero da tutte le parti. Mi facevano pena, poverini; come se appena tornata a casa Margaret mi obbligasse a piantare dei fiori in giardino.
-Non vi taglieranno la testa- gli dissi correndogli dietro.
Riuscimmo a nasconderci per fortuna e i soldati se ne andarono via scioccati e spaventati dal dover dare la brutta notizia alla Regina.
-Ti ringrazio molto- mi disse uno dei tre di cui mi accorsi non conoscere il nome.
-Sono il figlio del fante di fiori, mi chiamo Luke. - rispose quando glielo domandai -Il lavoro di giardiniere oggi era di mio padre ma sono stato obbligato a prendere il suo posto insieme a loro.
-Capisco, mi dispiace- gli dissi sinceramente affranta.
-Ah, non preoccuparti. Tu chi sei?
-Alice.
-Felice di averti conosciuta, Alice.
-Il piacere è stato mio, spero di rivederti.
-Chi lo sa.
I tre giardinieri se ne andarono correndo e io mi avviai per tornare al corteo.
-Qualcuno ha rubato tre delle mie crostate!- fu il grido che mi accolse quando tornai al mio posto.
Non capii né perché né quando ma venni trascinata insieme al corteo che si dirigeva al castello per processare qualcuno. Il presunto colpevole era il figlio del fante di cuori.

#SPAZIO AUTRICE#
Buona Pasqua a tutti i miei ovetti dipinti di rosso! Nuovo capitolo, nuovi flashback, nuove rivelazioni. Chi sarà il figlio del fante di cuori? Che ne sarà di lui? Che ruolo avrà la nostra eroina dai capelli biondi in tutto questo? Che cosa succederà nei prossimi capitoli?
Provate ad indovinare;)

Bacetti a tutti♡

PS. Molte scene sono prese direttamente e indirettamente dal libro scritto dal nostro caro Carroll; la storia, ovvero il primo viaggio di Alice nel Paese delle Meraviglie, sarà molto simile a quella del libro, quindi se non l'avete mai letto vi consiglio di farlo, è molto bello :]

Anna_2901♥♥♥

Alice in Wonderland, return to UnderworldDove le storie prendono vita. Scoprilo ora