Sbattei le palpebre per abituarmi alla luce.
Ero sdraiato su un terreno sporco e erboso.
Mi alzai e cercai di ambientarmi. Siepi. Solo siepi. Siepi dappertutto. Alcune avevano dei boccioli di roselline bianche, altre erano spoglie.
Avevo paura, ansia, terrore.
Come?
Perché?
Mi passai una mano intorno al collo. La mano era gelida ma il collo caldo.
Rabbrividii.
Non sapevo cosa pensare o cosa fare, volevo solo uscire da quel posto.
Ero già stato in un labirinto. Ero già stato in quel labirinto. Quello era il labirinto della Regina o, come lo chiamavano noi, il Labirinto dell'Illusione.
Sentii un corvo sopra di me. E poi tutto torno silenzioso e ovattato. Quell'atmosfera mi metteva i brividi.
Mentre cominciai a camminare una sola domanda mi attraversò la mente: sono morto?
Non sapevo dove andare e dopo pochi minuti mi ero già perso.
Non c'era un modo per uscire, o forse si? Ero così stordito in quel momento che mi limitavo a camminare a vuoto e a pensare.
Avevo sentito dire che a non fare nulla si diventa pazzi, quindi bisogna muoversi in qualche modo. In realtà siamo tutti pazzi. Io sono pazzo, tu sei pazzo. Altrimenti non saremmo qui.
Alcune volte vorrei un po' di normalità, una sana semplice normalità. Lei era la mia normalità. Lei con quel suo vestito di un normale azzurro. Lei con quei normali capelli biondi, ma che allo stesso tempo formano dei ricci che altri non farebbero mai. Lei con quelle normali parole che mi rivolgeva.
Ora la avevo persa. Avevo perso tutto.
Ero lì, solo nella notte a camminare, mettendo un piede dopo l'altro cercando di non perdere la marcia. Ma quale marcia? In realtà sto solo cercando di non perdere me stesso.
Girai una siepe mi ritrovai in un vicolo cieco. Frustrato, tornai in dietro fino ad un bivio e presi un'altra strada.
Se in quel momento avessi avuto un po' di tortainsù...
Fantastico! Prima mi metto ad insistere su un mondo senza stranezze e poi desidero essere di dimensioni enormi per uscire di lì.
Forse quello era una specie di purgatorio. Un limbo tra la vita e la morte. Forse la mia pena era quella di vagare in eterno per quel luogo. Pena per che cosa? Avevo tentato di salvare tutti, ci avevo provato almeno. Innanzitutto Alice non mi avrebbe più rivisto e questo era un bene per lei, per noi...noi...quella parola che galleggiava nella mia mente da troppo tempo...una parola che era stanca di vivere solo nella mia mente.
Un desiderio sbagliato si insinuò nella mia mente. Fu un momento e il cuore vinse la mente.
-Devo uscire di qui...- dissi guardando sopra di me affondando gli occhi in quella nebbiolina leggera che aleggiava sopra di me -Devo rivederla...devo...
Fui interrotto da uno scricchiolio che mi fece voltare di scatto verso un'altra siepe.
Tra quelle rose vidi una scia di capelli biondi e mi misi a correre.
-Che sia...?
Il mio cuore cominciò a galoppare insieme alle mie gambe che correvano calpestando quel terreno arido. Le rose man mano diventavano rosse. Il vento fischiava nell'aria come tanti archi.
"Alice...Alice...Alice...she's in Wonderland...Alice..."Quando svoltai un angolo vidi la figura di una ragazza. Indossava un vestito azzurro strappato ai bordi, come se tante spine lo avessero tirato tra le loro spire. Aveva i capelli biondi e ricci che le ricadevano sulle spalle delicati e mi mettevano nel cuore nostalgia e malinconia.
-Alice...- la chiamai pieno di speranza.
Vidi le sue spalle e le sue gambe irrigidirsi mentre si voltava lentamente verso di me.
Era lei. Era la mia Alice.
Il suo viso pallido, le sue labbra rosse, i suoi occhi...i suoi occhi erano vuoti e pieni di dolore. Il sorriso che mi era apparso in viso si rabbuiò fino a spegnersi.
-Alice...- dissi ancora, come se questo potesse aiutarla a tornare da me.
Il mio sguardo venne attirato da qualcosa che luccicava sul suo petto.
La spada Birgralace.
-Mi dispiace di essere stata io a venire trafitta...- mi sussurrò.
-Prendi la mia mano!
-Ma sei pazzo? Io non accetto aiuti dagli sconosciuti!
-Beh, credo che preferisci me a loro...
-...
La bambina prese la mia mano e io la issai sull'albero. Era così...bella. Sembrava una carta ma me lo sentivo che non lo era. Era troppo particolare.
La osservai sorridendo mentre cercava di stabilizzarsi sui rami dell'albero.
-Allora- le chiesi una volta che si fu seduta-che ci facevi in quel casino?
-Oh, credo che tu lo sappia benissimo. Tu eri il fante, quello che era stato accusato. Ti ho aiutato, non me lo dimenticherei.
Rimasi stupito da quella affermazione perché non mi aspettavo che mi riconoscesse.
-Figlio di un fante, del Fante di Cuori- puntualizzai freddamente.
-Perché pronunci con tanto astio il nome di tuo padre?
-...beh, io credo che...un padre sia uno che ti vuole bene, giusto?- le domandai scompigliandomi i capelli. Non sapevo nemmeno perché mi stavo aprendo con una sconosciuta...una sconosciuta che ti ha salvato la vita...
La bambina annuì attenta.
-Ecco mio padre non mi vuole bene.
-...ma dai...non è possibile...è pur sempre tuo padre...
-Mi considera un figlio ingrato. Dice che sarò un cattivo fante. Una volta lo ho sentito mentre diceva che mi avrebbero trafitto se continuo così.
-Cosa significa trafitto?
-Non lo so nemmeno io.Il labbro inferiore mi tremava.
Cominciai a correre.
Quando la raggiunsi era piegata in due dalla spada, bocca e occhi spalancati dal dolore.
La presi tra le braccia cercando di tenerle la testa alta.
Vidi una lacrima caderle su viso, era una mia lacrima.
-...non doveva andare così...mi dispiace così tanto...- le sussurrai tra le lacrime.
Vedevo il suo sangue bagnare le madreperle della spada a non facevo niente. Non potevo fare altro che piangere.
Avvicinai il suo viso al mio quando stava per chiudere gli occhi e la baciai.
Quando però aprii gli occhi, Alice era sparita.
Respirai affannosamente e mi guardai intorno con le braccia ancora sollevate nel punto in cui giaceva la mia Alice.
Solo nebbia.
Nebbia e siepi.
Nebbia, siepi e silenzio.
Era un'illusione...solamente uno scherzo del labirinto. Abbassai le braccia e mi alzai.
Mi guardai intorno. Siepi, siepi, siepi, siepi. Con le mani nei capelli per la rabbia e la confusione scoppiai a piangere e mi appoggiai ad una siepe.
Non avrei mai più rivisto Alice. Soltanto in qualche sogno o illusione. Era finita. Tutta la mia vita era crollata un'altra volta dopo la ghigliottina.
Scivolai lungo la siepe fino a cadere accucciato ai suoi piedi stremato e scosso dai singhiozzi.
-Trafiggimi, padre. Trafiggimi!- dissi in un urlo soffocato rivolto a quelle piante, quelle piante e quei fiori muti che sarebbero stati l'unica mia compagnia.
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Alice in Wonderland, return to Underworld
FanfictionC'era una volta una bambina. Una bambina come tante altre. Una bambina che si perse nel Paese delle Meraviglie. Conoscete già la storia, vero? Impossibile. Perché? Beh perché questa è una storia che non ha ancora trovato il suo epilogo... Sorpresi...