Capitolo 9# Chiave

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Se non lo avessi fatto...

Caddi.

Mi rimase in mano una radice a cui mi aggrappai con tutte le mie forze. E quando si spezzò, urlai a perdi fiato.

Buio.

Per un tratto fu solo buio davanti a me.

Poi, dal nulla, vidi un pianoforte. Suonava e muoveva i tasti ma non c'era nessun pianista. Mi si avvicinò pericolosamente allora mi coprii la faccia con le mani. I tasti mi sfiorarono le dita. Urlai.

Ma poi quei tasti si allontanarono e allora aprii gli occhi.

Il buio che mi circondava si era trasformato in terra. Terra in cui erano inscastrate radici ma anche oggetti di ogni genere.

Schivai una sedia di velluto che minacchiava di staccarmi la testa.

Caddi violentemente su di un letto a baldacchino. Mi si contrasse lo stomaco. Poi in due secondi rimbalzai sul materasso e ricaddi in un altra galleria.

Urlai. Potevo sentire Margaret che mi diceva: "Alice, urlare non ha mai aiutato nessuno!"

O forse parlava di piangere?

Ma non potevo non urlare.

Stavo precipitando.

Sarei morta spiaccicata da qualche parte.

Un'altra che somigliava alla mia solo molti anni fa: "E se pricipitassi fino al centro della terra? O finissi al Polo Nord dove la gente cammina a testa in giù!?"

"Ma no, Alice! Non c'è un posto dove la gente cammina a testa in giù!"

Questa era la mia voce. Quella di un'Alice matura che non dice certe idiozie.

Come se quel terribile buco avesse ascoltato i miei pensieri, la caduta finì.

Che dolore.

Ero atterrata su un pavimento bianco tutto scrostato. Mi misi seduta un po' intontita. Mi sentivo strana. Non sentivo il peso dei capelli! Perché erano ritti sulla testa!

Che paura!

Beh, mi guardai intorno. Vidi il Bianconiglio che camminava tranquillamente su quel pavimento. Che poi tanto pavimento non era. Questa affermazione era accentuata dal lampadario d'oro che sporgeva dal pavimento.

Provai ad alzarmi ma appena accennai un movimento mi sentii mancare. Lo intendo in vari modi: prima di tutto sentii questa sensazione allo stomaco; inoltre mi sentii mancare la terra sotto i piedi, ancora; ma soprattutto mi sentii capovolata dalla testa ai piedi.

Del coniglio bianco non v'era traccia.

Sentivo le costole indolenzite dalla caduta ma non ero morta e questo era importante.

Misi le mani a terra e tentai di tirarmi su scrollando un po' la testa.

Sotto di me il pavimento, che era vero pavimento, era molto strano. Bianco e nero a quadri che andavano a finire in un unico punto. Fissarli per troppo tempo mi dava il mal di testa.

Le pareti erano ancora più strane. Sembravano fatte a cupola e su ogni centimetro delle pareti c'era una porta. Porte strane a dire il vero. Porte grandi, porte piccole. Porte vecchie, porte nuove. Porte di legno, porte di mattone...

Alla base della stanza le porte erano classiche porte in legno, ma poi le porte successive pian piano si incurvavano  e assumevano le forme più strane (funghi, tazze del tè...una porta sembrava aver due occhi...).

Mi dava mal di testa guardare quell'insieme pazzo. Chi mai poteva averlo progettato? Un matto questo è ovvio. Poteva essere anche molto matto, ma di certo non si era disturbato a lasciare le porte aperte per una sciocca Alice!

"Ti rivelo un segreto: tutti i migliori sono matti!"

La voce di mio padre mi rimbombava nella testa. Mi accascia al muro e mi strinsi le gambe al petto. Non sarei mai uscita da lì. Chiusi gli occhi dimenticando cosa mi aspettava. Con perfetto tempismo, i due occhi marroncini fecero capolino trai miei. Questa volta non erano tristi. Solo preoccupati.

Scattai in piedi con il fiato corto.

Non potei fare a meno di notare un tavolino in mezzo a quella bizzarra stanza. Era di vetro con la base di legno scuro.

Ero perfettamente sicura che prima non ci fosse.

Mi avvicinai.

Sopra di esso una chiave.

Una chiave nera e piccola.

L'afferrai.

E come una pazza mi misi a provarla in tutte le serrature a cui potevo arrivare.

Non sarei rimasta rinchiusa lì.

Alice Kingsley non si sarebbe arresa.

Alice in Wonderland, return to UnderworldDove le storie prendono vita. Scoprilo ora