XII

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Leggete lo spazio autrice❄️

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Jungkook

«Papà sono a casa!»esclamò il bambino ma non ottenne nessuna risposta dalla silenziosa e luminosa casa in cui si trovava. La sua casa. Si sfilò lo zaino pesante dalle spalle e lo lasciò cadere con un tonfo accanto alla porta d'ingresso prima di togliersi le scarpe e infilarsi le pantofole. Era un uso comune in Corea non camminare mai per la casa con le scarpe. E non solo per non sporcare e rovinare il brillante parquet,tipico delle case coreane,ma anche per una questione d'igiene. Con le scarpe,durante il giorno,calpestiamo le strade sporche,i pavimenti dei mezzi pubblici e per quanto possa essere pulite,si annidano nelle suole un sacco di germi e schifezze che non è un bene portare in giro per casa.
«Papà?»lo chiamò di nuovo Jungkook ma nuovamente non ottenne risposta. Eppure la macchina di suo padre era parcheggiata nel vialetto e a quell'ora non lavorava mai.

Jungkook controllò in tutte le stanze della casa. Il piano di sotto era vuoto,il piano di sopra anche e iniziava a sentire dentro di sé un certo sentore d'inquietudine nel ritrovarsi da solo in casa sua. Saltò su dalla paura quando un gemito strozzato e sofferente echeggiò tra le pareti e seguì quel suono come se ne fosse attratto. Anche se sapeva,se lo sentiva,che non doveva avvicinarsi ma scappare il più lontano possibile.

Jungkook era stato allevato come un soldato. Suo padre lo svegliava la mattina presto per fare allenamento fisico per tenersi in forma e avere un corpo perfetto. Proprio come i soldati. Mangiava pochissimi cibi molto calorici,carboidrati una volta al giorno,tanta carne poco cotta per preservare tutti i benefici delle proteine e tanta frutta e verdura per le vitamine e gli zuccheri sani. Non come quelli di un pezzo di cioccolato o di una fetta di torta che il piccolo bambino corvino a volta bramava così tanto che si sentiva la salivazione aumentare dentro la bocca.

Non era un bambino allegro come gli altri della sua età. Era taciturno,preferiva stare da solo e non gli piaceva giocare. Ma non perché non volesse ma perché Jungkook ormai era un adulto. Un adulto imprigionato nel corpo di un adolescente con la mente di un bambino. Jungkook era come un 3 in 1 al supermercato ma senza nessuno sconto. Solo sofferenza,soprattutto psicologica,e tanti tanti schiaffi e altrettanti "perdonami".

Jungkook si fermava spesso a guardare i bambini giocare nel giardino della sua scuola. Il pallone da calcio scorreva e scivolava veloce sotto i loro piedi e tra le loro gambe. Alcune volte colpiva la rete,segnando goal altre volte invece,si schiantava tra le mani del portiere e allora alcuni bambini esultavano mentre gli altri,gli avversari,gemevano sconfitti per non essere riusciti a fare punto.

I suoi passi erano silenziosi e impauriti e si maledisse mentalmente perché suo padre gli aveva insegnato tante cose e le due più importanti erano: non avere mai paura-la paura è da deboli- e non si fa mai la spia. Mai. Meglio morire piuttosto che tradire un proprio compagno. Lo diceva sempre come se Jungkook fosse destinato a partecipare a qualche battaglia o guerra di cui ignorava l'esistenza.

Top Secret/Jeon Jungkook Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora