XVII

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Vivere la mi vita da agente e da Park Heerin non era mai stato così difficile

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Vivere la mi vita da agente e da Park Heerin non era mai stato così difficile.
Io e Jungkook avevamo iniziato a leggere e analizzare vecchi file di membri dell'Organizzazione e anche grazie all'aiuto implicito di Hoseok avevamo potuto visionare alcuni file video delle telecamere di sicurezza del carcere di Seoul per scoprire se qualcuno aveva avuto contatti con l'esterno e che tipo di contatti.

Nessuno del vecchio gruppo dei miei genitori però aveva incontrato qualcuno di sospetto e le conversazioni si riducevano a semplici dialoghi con alcuni familiari e amici. Avevo pensato potesse esserci la possibilità che comunicavano con dei linguaggi segreti in modo da coprire le varie informazioni ma Jungkook aveva scartato questa opzione dopo aver nuovamente ascoltato i filmati.

La mia fisioterapia procedeva lentamente. Troppo lentamente. La schiena non mi faceva più male ma la gamba era ancora molto debole nonostante il resto del mio corpo fosse completamente in forma. Il mio malumore poi aumentava a dismisura ogni giorno che passava perché non uscivo mai dal mio appartamento se non per andare in quello di Jungkook o per andare qualche volta nella vecchia casa Jeon. Jungkook però aveva paura a portarmi molte volte lì perché se qualcuno mi teneva d'occhio, l'avrebbe scoperto e sarebbe diventato un posto pericoloso da visitare.

Anche lui non se la passava tanto bene. Stare fuori dall'azione e dalla dirigenza della sua squadra lo stava mettendo a dura prova. Jungkook non è uno che puoi togliere dall'azione o mettere in panchina così facilmente e nonostante non mi facesse pesare questa cosa, io la capivo. Così un giorno gli avevo detto di tornare ad allenare la squadra almeno per qualche ora al giorno. Avevamo discusso per una ventina di minuti e solo alla fine aveva ceduto.

Da quel giorno, la mattina dalle 7 alle 9 allena la squadra e poi viene a svegliare me. La prima volta che l'ha fatto è stato piuttosto bello come risveglio. Jeon Jungkook, tutto sudato e mezzo nudo come prima cosa da vedere la mattina come apri gli occhi. Non credo esista qualcosa di meglio. Poi avevamo fatto la doccia insieme. O meglio, avevamo provato a fare la doccia insieme ma in realtà eravamo finiti a fare sesso. Cosa che non mi era per niente dispiaciuta.

Il mio aggressore non aveva più attaccato quindi, sotto quel punto di vista, era stata una settimana tranquilla. Forse aveva finito e non mi avrebbe più cercata. Il suo unico scopo magari era quello di farmi arrivare alla conclusione che l'Organizzazione in realtà non è mai morta e che devo ancora temere un loro attacco. O forse era solo qualcuno a cui stavo parecchio antipatica da arrivare a spararmi un proiettile nella colonna vertebrale. Ma non credo sia la seconda opzione.

«Mh...rispondi al telefono» brontola il corvino, sbadigliando assonnato mentre il rumore della sua suoneria risuona in tutta la sua camera da letto.
«Heerin, rispondi» si lagna nuovamente, stringendo più forte il braccio intorno alla mia vita.

«È il tuo telefono» borbotto io, allungandomi verso il comodino per prendere il telefono tra le mani.
«È Tae.»

«E allora rispondi» insiste sbuffando e alzo gli occhi al cielo prima di accettare la chiamata.

Top Secret/Jeon Jungkook Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora