Canto trentaduesimo

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1
Soviemmi che cantar io vi dovea
(già lo promisi, e poi m'uscì di mente)
d'una sospizion che fatto avea
la bella donna di Ruggier dolente,
de l'altra più spiacevole e più rea,
e di più acuto e venenoso dente,
che per quel ch'ella udì da Ricciardetto,
a devorare il cor l'entrò nel petto.

2
Dovea cantarne, ed altro incominciai,
perché Rinaldo in mezzo sopravenne;
e poi Guidon mi diè che fare assai,
che tra camino a bada un pezzo il tenne.
D'una cosa in un'altra in modo entrai,
che mal di Bradamante mi sovenne:
sovienmene ora, e vo' narrarne inanti
che di Rinaldo e di Gradasso io canti.

3
Ma bisogna anco, prima ch'io ne parli,
che d'Agramante io vi ragioni un poco,
ch'avea ridutte le reliquie in Arli,
che gli restar del gran notturno fuoco,
quando a raccor lo sparso campo e a darli
soccorso e vettovaglie era atto il loco:
l'Africa incontra, e la Spagna ha vicina,
ed è in sul fiume assiso alla marina.

4
Per tutto 'l regno fa scriver Marsilio
gente a piedi e a cavallo, e trista e buona.
Per forza e per amore ogni navilio
atto a battaglia s'arma in Barcelona.
Agramante ogni dì chiama a concilio;
né a spesa né a fatica si perdona.
Intanto gravi esazioni e spesse
tutte hanno le città d'Africa oppresse.

5
Egli ha fatto offerire a Rodomonte,
perché ritorni (ed impetrar nol puote),
una cugina sua, figlia d'Almonte,
e 'l bel regno d'Oran dargli per dote.
Non si volse l'altier muover dal ponte,
ove tant'arme e tante selle vote
di quei che son già capitati al passo
ha ragunate, che ne cuopre il sasso.

6
Già non volse Marfisa imitar l'atto
di Rodomonte: anzi com'ella intese
ch'Agramante da Carlo era disfatto,
sue genti morte, saccheggiate e prese,
e che con pochi in Arli era ritratto,
senza aspettare invito, il camin prese:
venne in aiuto de la sua corona,
e l'aver gli proferse e la persona.

7
E gli menò Brunello, e gli ne fece
libero dono, il qual non avea offeso:
l'avea tenuto dieci giorni e diece
notti sempre in timor d'essere appeso;
e poi che né con forza né con prece
da nessun vide il patrocinio preso,
in sì sprezzato sangue non si volse
bruttar l'altiere mani, e lo disciolse.

8
Tutte l'antique ingiurie gli remesse,
e seco in Arli ad Agramante il trasse.
Ben dovete pensar che gaudio avesse
il re di lei ch'ad aiutarlo andasse:
e del gran conto ch'egli ne facesse,
volse che Brunel prova le mostrasse;
che quel di ch'ella gli avea fatto cenno,
di volerlo impiccar, fe' da buon senno.

9
Il manigoldo, in loco inculto ed ermo,
pasto di corvi e d'avoltoi lasciollo.
Ruggier ch'un'altra volta gli fu schermo,
e che 'l laccio gli avria tolto dal collo,
la giustizia di Dio fa ch'ora infermo
s'è ritrovato, ed aiutar non puollo:
e quando il seppe, era già il fatto occorso;
sì che restò Brunel senza soccorso.

10
Intanto Bradamante iva accusando
che così lunghi sian quei venti giorni,
li quai finiti, il termine era quando
a lei Ruggiero ed alla fede torni.
A chi aspetta di carcere o di bando
uscir, non par che 'l tempo più soggiorni
a dargli libertade, o de l'amata
patria vista gioconda e disiata.

11
In quel duro aspettare ella talvolta
pensa ch'Eto e Piròo sia fatto zoppo;
o sia la ruota guasta, ch'a dar volta
le par che tardi, oltr'all'usato, troppo.
Più lungo di quel giorno a cui, per molta
fede, nel cielo il giusto Ebreo fe' intoppo,
più de la notte ch'Ercole produsse,
parea lei ch'ogni notte, ogni dì fusse.

12
Oh quante volte da invidiar le diero
e gli orsi e i ghiri e i sonnacchiosi tassi!
che quel tempo voluto avrebbe intero
tutto dormir, che mai non si destassi;
né potere altro udir, fin che Ruggiero
dal pigro sonno lei non richiamassi.
Ma non pur questo non può far, ma ancora
non può dormir di tutta notte un'ora.

Ludovico Ariosto - Orlando furiosoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora