Canto sesto

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1
Miser chi mal oprando si confida
ch'ognor star debbia il maleficio occulto;
che quando ogn'altro taccia, intorno grida
l'aria e la terra istessa in ch'è sepulto:
e Dio fa spesso che 'l peccato guida
il peccator, poi ch'alcun dí gli ha indulto,
che sé medesmo, senza altrui richiesta,
innavedutamente manifesta.

2
Avea creduto il miser Polinesso
totalmente il delitto suo coprire,
Dalinda consapevole d'appresso
levandosi, che sola il potea dire:
e aggiungendo il secondo al primo eccesso,
affrettò il mal che potea differire,
e potea differire e schivar forse;
ma se stesso spronando, a morir corse:

3
e perdé amici a un tempo e vita e stato,
e onor, che fu molto piú grave danno.
Dissi di sopra, che fu assai pregato
il cavallier, ch'ancor chi sia non sanno.
Al fin si trasse l'elmo, e 'l viso amato
scoperse, che piú volte veduto hanno:
e dimostrò come era Arïodante,
per tutta Scozia lacrimato inante;

4
Arïodante, che Ginevra pianto
avea per morto, e 'l fratel pianto avea,
il re, la corte, il popul tutto quanto:
di tal bontá, di tal valor splendea.
Adunque il peregrin mentir di quanto
dianzi di lui narrò, quivi apparea;
e fu pur ver che dal sasso marino
gittarsi in mar lo vide a capo chino.

5
Ma (come aviene a un disperato spesso,
che da lontan brama e disia la morte,
e l'odia poi che se la vede appresso,
tanto gli pare il passo acerbo e forte)
Arïodante, poi ch'in mar fu messo,
si pentí di morire: e come forte
e come destro e piú d'ogn'altro ardito,
si messe a nuoto e ritornossi al lito;

6
e dispregiando e nominando folle
il desir ch'ebbe di lasciar la vita,
si messe a caminar bagnato e molle,
e capitò all'ostel d'un eremita.
Quivi secretamente indugiar volle
tanto, che la novella avesse udita,
se del caso Ginevra s'allegrasse,
o pur mesta e pietosa ne restasse.

7
Intese prima, che per gran dolore
ella era stata a rischio di morire
(la fama andò di questo in modo fuore,
che ne fu in tutta l'isola che dire):
contrario effetto a quel che per errore
credea aver visto con suo gran martire.
Intese poi, come Lurcanio avea
fatta Ginevra appresso il padre rea.

8
Contra il fratel d'ira minor non arse,
che per Ginevra giá d'amore ardesse;
che troppo empio e crudele atto gli parse,
ancora che per lui fatto l'avesse.
Sentendo poi, che per lei non comparse
cavallier che difender la volesse
(che Lurcanio sí forte era e gagliardo,
ch'ognun d'andargli contra avea riguardo;

9
e chi n'avea notizia, il riputava
tanto discreto, e sí saggio et accorto,
che se non fosse ver quel che narrava,
non si porrebbe a rischio d'esser morto;
per questo la piú parte dubitava
di non pigliar questa difesa a torto);
Arïodante, dopo gran discorsi,
pensò all'accusa del fratello opporsi.

10
— Ah lasso! io non potrei (seco dicea)
sentir per mia cagion perir costei:
troppo mia morte fòra acerba e rea,
se inanzi a me morir vedessi lei.
Ella è pur la mia donna e la mia dea,
questa è la luce pur degli occhi miei:
convien ch'a dritto e a torto, per suo scampo
pigli l'impresa, e resti morto in campo.

11
So ch'io m'appiglio al torto; e al torto sia:
e ne morrò; né questo mi sconforta,
se non ch'io so che per la morte mia
sí bella donna ha da restar poi morta.
Un sol conforto nel morir mi fia,
che, se 'l suo Polinesso amor le porta,
chiaramente veder avrá potuto,
che non s'è mosso ancor per darle aiuto;

12
e me, che tanto espressamente ha offeso,
vedrá, per lei salvare, a morir giunto.
Di mio fratello insieme, il quale acceso
tanto fuoco ha, vendicherommi a un punto;
ch'io lo farò doler, poi che compreso
il fine avrá del suo crudele assunto:
creduto vendicar avrá il germano,
e gli avrá dato morte di sua mano. —

Ludovico Ariosto - Orlando furiosoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora