Canto settimo

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1
Chi va lontan da la sua patria, vede
cose, da quel che giá credea, lontane;
che narrandole poi, non se gli crede,
e stimato bugiardo ne rimane:
che 'l sciocco vulgo non gli vuol dar fede,
se non le vede e tocca chiare e piane.
Per questo io so che l'inesperïenza
fará al mio canto dar poca credenza.

2
Poca o molta ch'io ci abbia, non bisogna
ch'io ponga mente al vulgo sciocco e ignaro.
A voi so ben che non parrá menzogna,
che 'l lume del discorso avete chiaro;
et a voi soli ogni mio intento agogna
che 'l frutto sia di mie fatiche caro.
Io vi lasciai che 'l ponte e la riviera
vider, che 'n guardia avea Erifilla altiera.

3
Quell'era armata del piú fin metallo,
ch'avean di piú color gemme distinto:
rubin vermiglio, crisolito giallo,
verde smeraldo, con flavo iacinto.
Era montata, ma non a cavallo;
invece avea di quello un lupo spinto:
spinto avea un lupo ove si passa il fiume,
con ricca sella fuor d'ogni costume.

4
Non credo ch'un sì grande Apulia n'abbia:
egli era grosso et alto piú d'un bue.
Con fren spumar non gli facea le labbia,
né so come lo rega a voglie sue.
La sopravesta di color di sabbia
su l'arme avea la maledetta lue:
era, fuor che 'l color, di quella sorte
ch'i vescovi e i prelati usano in corte.

5
Et avea ne lo scudo e sul cimiero
una gonfiata e velenosa botta.
Le donne la mostraro al cavalliero,
di qua dal ponte per giostrar ridotta,
e fargli scorno e rompergli il sentiero,
come ad alcuni usata era talotta.
Ella a Ruggier, che torni a dietro, grida:
quel piglia un'asta, e la minaccia e sfida.

6
Non men la gigantessa ardita e presta
sprona il gran lupo e ne l'arcion si serra,
e pon la lancia a mezzo il corso in resta,
e fa tremar nel suo venir la terra.
Ma pur sul prato al fiero incontro resta;
che sotto l'elmo il buon Ruggier l'afferra,
e de l'arcion con tal furor la caccia,
che la riporta indietro oltra sei braccia.

7
E giá, tratta la spada ch'avea cinta,
venia a levarne la testa superba:
e ben lo potea far, che come estinta
Erifilla giacea tra' fiori e l'erba.
Ma le donne gridar: — Basti sia vinta,
senza pigliarne altra vendetta acerba.
Ripon, cortese cavallier, la spada;
passiamo il ponte e seguitian la strada. —

8
Alquanto malagevole et aspretta
per mezzo un bosco presero la via,
che oltra che sassosa fosse e stretta,
quasi su dritta alla collina gia.
Ma poi che furo ascesi in su la vetta,
usciro in spazïosa prateria,
dove il piú bel palazzo e 'l piú giocondo
vider, che mai fosse veduto al mondo.

9
La bella Alcina venne un pezzo inante
verso Ruggier fuor de le prime porte,
e lo raccolse in signoril sembiante,
in mezzo bella et onorata corte.
Da tutti gli altri tanto onore e tante
riverenzie fur fatte al guerrier forte,
che non ne potrian far piú, se tra loro
fosse Dio sceso dal superno coro.

10
Non tanto il bel palazzo era escellente
perché vincesse ogn'altro di ricchezza,
quanto ch'avea la piú piacevol gente
che fosse al mondo e di piú gentilezza.
Poco era l'un da l'altro differente
e di fiorita etade e di bellezza:
sola di tutti Alcina era piú bella,
sì come è bello il sol piú d'ogni stella.

11
Di persona era tanto ben formata,
quanto me' finger san pittori industri;
con bionda chioma lunga et annodata:
oro non è che piú risplenda e lustri.
Spargeasi per la guancia delicata
misto color di rose e di ligustri;
di terso avorio era la fronte lieta,
che lo spazio finia con giusta meta.

12
Sotto duo negri e sottilissimi archi
son duo negri occhi, anzi duo chiari soli,
pietosi a riguardare, a mover parchi;
intorno cui par ch'Amor scherzi e voli,
e ch'indi tutta la faretra scarchi
e che visibilmente i cori involi:
quindi il naso per mezzo il viso scende,
che non truova l'Invidia ove l'emende.

Ludovico Ariosto - Orlando furiosoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora