Capitolo 8

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Ersilia si alza da terra. Adagia le sue membra stanche sul divano, le sue mani sono strette a quelle di Dorian, la voce sembra sembra non esistere più, consumata insieme con quel fuoco, è cenere che aleggia nel vento.
Dorian respira piano.
Attende che sua nonna cominci a parlare, di nuovo, ha bisogno di conoscere quella verità che gli è stata taciuta da anni, pur sempre presente ai suoi occhi, invisibile, imperitura, ma sempre davanti ai suoi occhi.
E intanto il pianto sommesso di Ersilia si fa più chiaro, più leve, meno greve, eppure intenso, profondo, come se derivasse direttamente dai meandri del suo cuore a pezzi, un canto che rivolge il suo eco al mondo, a Dorian.

<< Sai Dorian, ci sono cose che bisogna nascondere, celare, celare perché se venissero rivelate potrebbero scatenare un immane putiferio, un tunnel senza uscita.
Io non sono tua nonna, Dorian, così come non sono la madre di Eunice, non sono il grembo da cui fu plasmata quella donna così ardentemente emancipata, cogentemente devota ai suoi ideali, al suo credo.
Sai, a volte, il fato, più propriamente il destino, in qualsiasi modo lo si chiami, ci priva delle cose di cui avremmo maggiormente bisogno, sopravvivere è l'unico rimedio, ma io il verbo "vivere" non l'ho mai conosciuto.
Si cerca di oltrepassare il confine tra il compiere ogni genere di iniquità e restare inermi, osservando accidiosamente il percorso che compiono la persone a te più care.
Io ho scelto il secondo. Ho scelto il silenzio. Ho lasciato che il cielo parlasse per me, ma non ho mai avuto la forza di prendere il cuore in mano, accarezzare i capelli di tua madre, dirle la verità.
E, senza ombra di dubbio, è questo il mio più grande tormento, ma non permetterò che altro sangue sia sparso, che la verità rimanga nascosta ancora, hai il diritto di sapere, e, se vorrai, poi potrai fuggire, urlare, frantumarmi le ossa, sibilarmi che sono una contraddizione vivente, ma ora ascolta, rimani in silenzio.>>

Dorian annuisce. Comprende il grande sacrificio che la donna di fronte a se sta per compiere, vorrebbe fuggire, perché in fondo sa che è un'estranea che gli sta parlando, ma come può? Come può spezzare il canto di quel dolce usignolo davanti a se?
Poi Ersilia comincia a sussurrare qualcosa, e finalmente il lungo racconto ha inizio.

<< Tuo nonno è sempre stato un donnaiolo. Un Don Giovanni pieno di sé, certo non pieno di orgoglio, apparentemente gentile, premuroso e carico di quella forza che si chiama amore.

Era il tempo in cui la nuova peste, capeggiata da un uomo dallo sguardo di ghiaccio, l'uomo più spietato di questo millennio si potrebbe addirittura affermare, dilaniava l'umanità.
La guerra imperversava in ogni dove, con la sensazione che mai si sarebbe pronunciata la parola fine, era stata addirittura eliminata dal vocabolario, la speranza sembrava non essere mai stata preservata nel vaso di Pandora, anzi, la speranza non esisteva.

Tuo nonno, a quel tempo, era appena un ventenne, e, quando scoppiò la seconda guerra mondiale, mi dispiace dirlo, era un fervido membro del partito fascista da poco formatosi.

Diceva che era l'unico modo per ristabilire l'ordine sociale e donare all'Italia, così come all'umanità, lo splendore degli albori.

Ma figliolo, spesso si confondono la acque, e, come ben sai, il fango è oro, il fiore è cenere.
Le nostre maschere ci proteggono dal rivelare ciò che siamo, fingiamo di volere il male, perché temiamo per la nostra vita, ma, oltre ogni ragionevole dubbio, io posso assicurarti che tuo nonno Taddeo fu il più grande antifascista che ebbi modo di conoscere.
Si era iscritto a quel partito, al seguito di quell'abominio di uomini perché aveva paura, e la paura, figliolo, è ciò che, da un giorno all'altro muta in te stesso ogni opinione, se amavi le stelle finisco per odiarle, a poco a poco.

Accadde che, allo scoppio della seconda guerra mondiale, il male si diffuse in ogni animo magno, bisognava mantenere il controllo di se stessi, cercare di dominare le passioni terrene, cercare di rimanere saldi nelle proprie convinzioni.

Come ben sai, furono applicate differenti opere di sterminio di uomini, che, secondo l'ideologia nazifascista, rappresentavano il più grande male esistente sulla Terra, estirpabile solo con torture raccapriccianti, contemporaneamente alla lotta che era in corso per appropriarsi del potere.

In questo scenario macabro e sinistro, tuo nonno operava apparentemente a tale azione, essendo, come ho già detto, un membro principale del partito fascista nella regione settentrionale.

Dunque era rinomato come un diligente operaio dello Stato, al servizio del Duce, che compiva il suo lavoro nel miglior modo possibile.

Gli ebrei, considerati come bestie feroci da tenere a bada in gabbie maliziose, per poi essere sterminati come in un circo al termine dello spettacolo, abitavano a quel tempo anche la penisola Italiana ed è proprio dall'incontro di tuo nonno con una famiglia di essi che ha origine la nostra storia.

Sul far della sera, verso l'imbrunire, tuo nonno Taddeo era solito recarsi presso l'ufficio che gli era stato affidato per raccogliere le ultime notizie del giorno e per poi assolvere e svolgere gli ultimi compiti.

Giunto un pomeriggio di gennaio nel suo solito luogo di lavoro si imbatté in varie documentazioni che riguardavano le abitazioni degli ebrei da deportare, che, per l'appunto, erano collocate nelle vicinanze, nel getto ebraico.

Oltre ciò, erano presenti le descrizioni di ogni singolo individuo, minuziosamente caratterizzate da foto e dettagli.

Fu proprio in quel momento, in quel preciso istante, che decise cosa avrebbe dovuto fare d'ora in poi.
E fu in quell'istante che maturò l'idea più nobile che egli poté concepire durante tutta la sua vita, salvare vite umane, in fondo, era ed è il sacrificio più grande che si possa fare, è versare il proprio sangue per preservare quello altrui, è amore, è virtù, è eroismo.

E fu da quell'amore corrisposto, generato dal caso, verso la bellezza ideale di una donna leggiadra e priva di libidine, che nacque poi il dono più bello che l'universo potesse donare a tuo nonno, la vera luce che lo preservò dal buio, fu da un amore destinato a morire che nacque tua madre Eunice.
E fu da quel concepimento, da quell'amore riposto verso una figlia, che nacque poi, a distanza di anni, l'amore carnale di tuo nonno, che, paradossalmente, fu capace di disintegrare e annichilire tutte le molteplici buone azioni che aveva attuato in favore di quella famiglia di ebrei.

È da quell'amore che nacque la sua ispirazione letteraria, è da quell'amore che ne nacque un altro, seppur mal risposto.

Eppure senza quell'amore clandestino non saresti qui, giacché credo fermamente, che in fin dei conti, da quell'amore sbagliato sia nato qualcosa di grande, quale tu, figliolo, sei pienamente.>>

Si ferma, piange, ma Dorian nota chiaramente che ha ancora il desiderio di raccontare di quell'amore, come se le appartenesse, anche se egli sa chiaramente che soffre ancora, perché non c'è nulla di più doloroso di un amore non corrisposto.

In fondo ha sempre saputo che la relazione con Taddeo era soltanto un ripiego, una consolazione al dolore per la perdita di quel primo ardimentoso amore, eppure, anche a distanza di anni, nonostante tutto, nonostante tutti, lei lo ama ancora.

Perché il segreto è amare incondizionatamente, amare anche quando non si è amati più. In silenzio. Silenzio.

Un leone di seta e di ferroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora