Capitolo 5

793 65 25
                                    

Spesso amiamo a intermittenza, quando ci fa comodo, quando sembra andar tutto bene, quando siamo amati, ma il segreto è amare quando non è si amati più. È facile amare quando siamo corrisposti, il coraggio sta nell'amare chi non ci presta attenzione, chi ci ignora, chi ci sorride alla spalle, il segreto sta nell'amare senza pretendere di essere amati.

Dorian non aveva mai amato sua madre.
Non ne aveva avuto la necessità, nemmeno quando il padre era assente, non cercava di ricompensare l'affetto, non cercava comprensione quando si trattava di sua madre, né osava trattarla da madre, per lui era solo una sorella, con cui litigare continuamente.
Ma sua madre lo amava, più di ogni altra cosa, non cercava di soddisfare se stessa se prima non vedeva il sorriso sul volto di suo figlio, che raramente illuminava i suoi occhi.
A volte sembravano perfetti sconosciuti, non esistevano abbracci, baci, ogni sorta di smancerie.
Dorian ricordava sempre che quando uscivano per andare al parco, da bambino, non voleva mai dare la manina alla madre, essere preso tra le braccia, il gioco con lei diventava noia, tristezza, opacità.
Era come se riconoscesse sua madre in quanto tale, ma nella realtà poteva benissimo essere considerata al pari di una qualsiasi conoscente, di cui si sa poco o nulla.

Naturalmente quando si è bambini si tende a isolarsi, talvolta, è normale, ci si esprime in modi del tutto sconosciuti (o meglio dimenticati) dagli adulti.
Si è tentati a disegnare su un foglio, con la matita, tutto ciò che si prova, quasi come fosse una cura, come se quel disordine interno potesse proiettarsi da qualche altra parte, in modo da essere annichilito.
Un giorno, quando Dorian aveva quattro anni, avvenne un episodio, destinato a rimanere per sempre nella memoria della madre, da divenire il suo tormento, considerato il primo momento palese dello squilibrio interiore di Dorian e del modo ingiusto con cui era solito considerare i genitori.

Era un giorno di primavera.
Dorian, come tutte le mattine, si era svegliato presto per andare all'asilo, accompagnato dalla madre, il padre era sempre fuori per lavoro: ritornava ogni due settimane.
Dorian non amava andare a scuola.
Non sopportava di dover condividere una stanza con altri bambini, molti dei quali più grandi di lui.
Odiava le maestre, quando i bambini non volevano prestarle attenzione urlavano, Dorian odiava chi urlava, chi alzava la voce e si imponeva, apparentemente senza un perché.
Quel giorno, come tutti gli altri, Dorian giunse all'asilo in anticipo, poi si unì a tutti gli altri bambini, insieme con le maestre.
Pioveva, fuori.
Dentro di sé sentiva come una voce che gli diceva cosa fare, come comportarsi.
Così si allontanò dagli altri bambini e si appartò in un angolino, per disegnare in perfetta tranquillità.
Il tema era di immaginare la propria famiglia su un tappeto volante, in direzione del sole e di un arcobaleno.
Dorian prese le matite e i colori, amava disegnare, forse da grande sarebbe diventato un pittore famoso.
Cominciò a disegnare il sole, a destra, in alto.
Con i suoi raggi illuminava la terra, fresca e verde.
Poi rappresentò il cielo con un po' di azzurro, in modo da creare spazio per il tappeto.
Il tappeto lo colorò di nero. Nero.
Grande, immenso.
Occupava gran parte del foglio.
Al centro rappresentò se stesso, con gli occhi piccoli, il capo enorme, la braccia tozze e le mani estese, anormali, come un alieno.
Anche lui, come il tappeto, era nero, tranne che per il viso.
A destra disegnò con cura suo padre, gli teneva la manina, sorrideva, come Dorian.
Era in proporzione, chiunque avrebbe capito che si trattava di un adulto, anche lui era vestito di nero.
Poi per ultimo, verso sinistra, impiegò circa mezz'ora per rappresentare un'altra figura, indistinta, diversa, fuori dal comune.
La donna, che doveva essere sua madre, era nuda, bionda, leggiadra, piangeva, era triste in volto.
Le mani e i piedi non li aveva disegnati, il volto era ricoperto gran parte dai capelli. Era visibilmente provata.
Non era sul tappeto.
La donna infatti era in volo, nel cielo, come se stesse precipitando dal tappeto, spinta da chissà quale forza o quale mente umana.
Il seno non era presente, la bocca era rossa come una rosa, pallida, lacrime scendevano dal suo viso, bagnavano la valle sottostante il tappeto, le braccia erano in direzione del tappeto, come per cercare un appiglio.

Dorian invece rideva.
Il padre era visibilmente contento, come se avesse vinto il più alto dei montepremi alla lotteria.
Poi sul tappeto rappresentò una croce e ne tracciò il contorno nuovamente, era quello di una bara.

Vi era una scritta in basso.
Appena visibile.
Losca, sinistra, non poteva essere concepita da un bambino, di soli quattro anni.

Dorian era soddisfatto del suo disegno. Rideva, era felice.
Poi si diresse verso la maestra e glielo mostrò, con il sorriso sul viso, quello innocente di un bambino a cui la vita poi avrebbe tolto tutto, un giorno.

La maestra era sempre stata possessiva nei confronti di Dorian, aveva gli occhi del suo bambino, quello morto a tre anni, affetto da una malattia rara, i capelli di Dorian le ricordavano quelli di suo figlio, l'espressione del viso, le manine, la sua follia, il modo innaturale di essere bambino.
Era affezionata a Dorian.
Dorian invece non ne era affatto contento, odiava quando urlava contro gli altri bambini preferendo lui, odiava chi gli mostrava troppo affetto, chi fingeva di volergli bene, a quattro anni era già in grado di discernere la falsità e l'ipocrisia, seppure in modo del tutto minore a quanto potrebbe fare un adulto.

La maestra sorrise a Dorian, che si stava avvicinando: era ansiosa di ammirare il disegno che sicuramente le sarebbe piaciuto.

Poi lo prese tra le mani e sentì una fitta al cuore, come se stesse precipitando da un burrone, in un incubo.

Non credeva ai suoi occhi.
Era lo sguardo di una donna sofferente, attonita, indescrivibile.

Strappò il foglio. Chiamò la madre.
Dorian rideva.
E rideva. E rideva.

Era un giorno di primavera.
Dorian rideva, rideva, rideva, aveva solo quattro anni.

La madre, intanto, fingeva un sorriso, andava avanti, non poteva parlare, doveva rimanere in silenzio, avrebbe distrutto molte vite, parlando.
Amava Dorian, più di ogni altra cosa.
Sarebbe caduta da qualsiasi tappeto per lui.

Un leone di seta e di ferroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora