Capitolo 13

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Dorian è sbigottito. Non riesce ad immaginare minimamente cosa possa nascondersi nel giorno della sua nascita, un giorno che avrebbe dovuto esser lieto, portatore di gioia, felicità.
Ora è ansioso di conoscere il segreto che gli è stato celato finora, a dir di sua nonna la chiave di volta di tutti i misteri familiari.
Il momento della verità è un'occasione in cui gli uomini diventano particolarmente partecipi di quel moto che è il respiro, divengono più attenti, speranzosi che la verità non oltrepassi la soglia del possibile, attendono, attendono gli uomini, incapaci di altra concentrazione se non quella impiegata nel discoprire il velo sottile che ricopre la realtà.
Ersilia ha paura di sconvolgere l'animo fragile di Dorian, suscettibile, ultrasensibile, delicato.
Eppur sente che è giunto il momento di fare i conti con la propria coscienza. La resa dei conti. Lo scontro decisivo.
<<Come ti ho già accennato, - riprende con trepidazione Ersilia - il travaglio non fu per niente semplice, credo che questo particolare tu riesca a sentirlo solo ora, tua madre non ha mai voluto che tu sapessi tale storia, soprattutto negli ultimi giorni della sua vita.
Era estate. Il giorno che nascesti faceva caldo. Forse il sole ha illuminato troppo quel giorno, ha sciolto l'incanto di un sorriso, ha cambiato le nostre vite.
Sì, deve essere stato effettivamente il sole la causa principale del mio temporaneo malore, la mia assenza, fatale.
Nell'ospedale, tua madre, quel giorno, avrebbe dovuto partorire in mattinata, ma sorsero delle problematiche e il "piano" fallì miseramente.
Come ti ho già accennato tuo padre non era presente, ed io non ero in grado di poter assistere mia "figlia" per cause di forza maggiore.
Eunice ebbe un malore. Poco prima del parto cesario previsto, i medici tranquillizzarono tuo nonno, niente di grave, il lieve malore non avrebbe minimamente inflitto sul destino del nascituro, ad Eunice furono prestate le giuste cure, ma il parto era stato ahimè ritardato e il valente medico che in principio avrebbe dovuto farti nascere lasciò l'ospedale, il suo turno era terminato.
È strano come a poco a poco le cose cominciassero a divenire sempre più complesse, fili inestricabili, tele spesse di esitazione.
Il medico sostituente era letteralmente inesperto.
Non era bensì entrato da poco, ma erano anni che lavorava in quel l'ospedale, eppure nonostante ciò non possedeva quel talento necessario
Oltre ciò, l'ostetrica, erano pochi mesi che lavorava in quell'ospedale, insieme con il medico primario formavano una squadra formidabile, la migliore...
Il travaglio ebbe inizio.
Ci vollero tanti minuti. Istanti di trepidazione. Sudore. Taddeo era attonito. Osservava la scena trattenendo le lacrime, era dispiaciuto che alla sua unica figlia fosse toccato quel destino, proprio nel giorno più lieto di tutta la sua esistenza.
L'ostetrica era in difficoltà.
Vi era, in quella stanza bianca, un nuovo evento in arrivo, inaspettato, non voluto, conseguenza di non aver voluto, per una volta, togliersi la gioia della sorpresa.
I nuovi arrivati, sì perché erano due gemelli, non si decidevano a voler uscire dal grembo materno, giacché uno dei due aveva il cordone ombelicale attorno al piccolo collo, il respiro era lieve, l'altro neonato, a causa del primo, era come bloccato dal suo guscio.
Sembrava quasi che volesse aspettarlo.
O con lui, o senza di lui.
Tuo nonno era incredulo.
Tua madre, a suo dire, sembrava in uno stato di sonno profondo dal quale non si sarebbe mai più svegliata.
Taddeo piangeva.
I due gemelli probabilmente sarebbero morti entrambi. Che cosa avrebbe dovuto dire alla sua eterna bambina al suo risveglio? Quale coraggio? Quale coraggio avrebbe dovuto tirar fuori per annunciarle quel miserabile destino?
Imprecò contro l'ostetrica affinché potesse risolvere tutto per il meglio.
Lei, nonostante l'inesperienza, si diede da fare quanto più potesse e, nel giro di pochi minuti, i gemelli vennero al mondo. In bilico tra la vita e la morte.
Scampati ad un destino troppo crudele.
Tuo nonno intanto versava lacrime di gioia infinita.
A volte, nella vita, si è così lieti per qualche mirabile evento che si trascurano i tristi particolari dello stesso.
Come se un velo, un velo di felicità, fosse adagiato sugli occhi, e l'intera realtà apparisse distorta, imperscrutabile.

Quel giorno, l'apparente buona riuscita del parto, per un attimo, annebbiò la vista a tuo nonno, era l'uomo più felice sulla Terra, sua figlia non era passata a miglior vita, due dolci bambini avrebbero riempito i suoi giorni vuoti, le sue tempeste, i suoi inganni, maldestri, irrecuperabili.

L'ostetrica portò i bambini nell'apposita sala per i neonati, passarono pochi minuti.
Giusto il tempo di riprendersi dallo "shock".
Tuo nonno si diresse verso la saletta, era curioso di trovare delle prime somiglianze nei due gemelli, il rito solitamente praticato dalle nonne, orgogliose dei propri nipotini.
I bambini erano entrambi svegli. Si muovevano molto lentamente.
Erano di per sé abbastanza tranquilli.
Taddeo sorrise. Era un sorriso di chi non conosce, chi non è a conoscenza dell'ignoto, chi osserva il destino compiersi nel miglior modo possibile.
Il vagito di uno dei due gemelli ridestò tuo nonno dall'apparente felice visione, era come incantato da quella giostra di sorrisi e di piccoli piedi, tesi verso il cielo, verso l'infinito.

Una sola immagine. Una sola e distorta immagine. Una sola immagine d'inferno. Cupo. Un flashback momentaneo. Un ritorno al passato. Un ricordo passeggero. Tuo nonno era immobile. Attonito. Incredulo.
Uno dei due bambini era apparentemente "malato". Una malformazione fisica al capo e agli arti, una deformazione fatale, quasi la ricomparsa di un peccato ancestrale, da scontare, una colpa lasciata a maturare, che ritorna, come in un ciclo, un ciclo di pentimenti e di remissioni.
Si strofinò gli occhi. Probabilmente era solo il potere della suggestione. La lieta riuscita del parto aveva lasciato che la sua mente immaginasse qualcosa di terribile, perfino quando le cose sembravano procedere per il meglio.
Sì. Era solo suggestione. Un'immaginazione mentale, causata dalla fatica, dal sudore, dalla perdita dell'integrità morale.
Eppure non stava sognando. La visione ritornò inevitabilmente. Il bambino aveva un aspetto orripilante. Emanava una sorta di fredda inquietudine. Un brivido di immane dolore.
Tuo nonno provò a sfiorare il bambino. Si vergognava egli stesso dell'aspetto di quella piccola creatura.
Poi vide quella ragazza, la sorella della sua amata, perduta tra i campi di guerra, vide i suoi capelli, il suo guscio, i suoi immancabili silenzi, ricordò il dolore tacito provato dalla madre, combattuta tra la sua malattia e la sua colpa, la colpa di aver generato un'anomalia, un essere umano diverso da tutti gli altri.
Allora capì. Capì qual era il suo compito. Doveva proteggere sua figlia. Preservarla da quell'affanno, salvarla, come aveva sempre fatto.
È essenzialmente questo il motivo per il quale tuo nonno fece sparire quel bambino, il tuo gemello, è per tale ragione che ti ho parlato di Chephirah e della sua malattia, è davvero lei la chiave di questa storia.
Tuo nonno si ricordò di lei. Del suo isolamento. Dello scompiglio che aveva causato in quella famiglia.
Non poteva permettere che sua figlia, la sua amata figlia, potesse ripercorrere quella strada segnata, avere quel marchio, rinunciare alla sua carriera, alla sua vita personale.
Con il gemello sano, ovvero tu, sarebbe stato tutto più semplice.
Tua madre avrebbe potuto crescerti anche con l'aiuto di qualcuno, non sarebbe stato un problema.

Quel bambino fu dato ad un orfanotrofio, così mi raccontò tuo padre, lontano, fu spostato in altre strutture, ma del suo destino a quanto pare nessuno ne è a conoscenza.
Tuo nonno ha portato con sé questa colpa.
Ed io, io ho la colpa di averlo assecondato per molti anni, ho taciuto, ho taciuto per paura che il mio, il mio grande segreto potesse essere svelato a tua madre, che non mi avrebbe certamente perdonato dopo anni di bugie e di silenzi.

Poi un giorno, un giorno ho trovato il coraggio di parlare.
E tutto è cambiato. Non ho fatto altro che peggiorare la situazione, non potevo immaginare, non potevo immaginare che un secondo segreto, più macabro, così lontano da quell'amato nonno che hai avuto modo di conoscere, potesse insinuarsi nella nostra famiglia, così moralmente fondata su validi principi, eppure, eppure così maledettamente marchiata, da un destino crudele. >>

Un leone di seta e di ferroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora