IX - Percy

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Io e Annabeth ormai stavamo insieme, e quelle settimane furono fantastiche. Ogni tanto facevamo uscite a quattro con Jason e Piper, ma preferivamo stare da soli. Al compleanno di Annabeth la portai fuori a cena, e le regalai un libro di architettura
-Percy- mi disse quando lo scartò -Percy-
-Che succede, Annabeth?- le chiesi, preoccupato
-Questo è un elemento da collezione, è rarissimo- disse, con le mani tremanti; poi mi guardò negli occhi -Dove l'hai trovato, si può sapere?-
-Ehm... era nella vecchia biblioteca di mia nonna, a casa sua- risposi, un po' imbarazzato per non averlo saputo
Lei mi guardò con tanto d'occhi, stupitissima, e mi baciò.
-Il mio ragazzo è il migliore-
-Eh sì, lo sono- risposi -Non è che posso avere un altro bacio?- Lei rise, e mi diede un bacione sulla guancia, e per un attimo ci fummo solo noi nel mondo. Adoravo questi momenti; mi facevano sentire felice e basta, mi toglievano tutte le preoccupazioni perché Annabeth era lì, io ero lì con lei, nient'altro era importante.
***
Annabeth mi dava ripetizioni di matematica e fisica, così i miei quattro e mezzo diventarono prima dei sei e poi dei sette. Inoltre, riuscii a conoscere la sua famiglia. Inutile dire che il padre era un professore di storia all'università e che la matrigna aveva studiato filosofia. I fratelli di Annabeth invece erano delle piccole pesti gemelle;
-Ehi voi, disastri ambulanti- gli sussurrai un giorno mentre Annabeth era in bagno -fate un po' di casino nella stanza di Annabeth ogni tanto- (occhiolino, occhiolino). I due risposero, serissimi:
-Sissignore! Svolgeremo con onore questa missione!- Chiamerò Annabeth più spesso in questi giorni, per sapere se ha bisogno di una mano per sistemare qualcosa...
***
-Ehi, Testa D'Alghe- la voce della mia ragazza dall'altro capo del telefono mi fece sorridere, anche se la sua voce.... mi preoccupava
-Ciao, ragazza saggia- risposi io -C'è qualcosa che non va?-
-No, è che...- scoppiò a piangere -Non ce la faccio più, non ci riesco. Percy aiutami ti prego- singhiozzava
-Sto arrivando a casa tua, dammi due minuti- le dissi, mentre afferravo le chiavi della macchina, una maglietta e un paio di jeans senza neanche guardare.
-Cosa farei senza di te- mi rispose, con la voce tremante
-Sono qui apposta- dissi, e chiusi la telefonata per poi sfrecciare giù per le scale fino alla macchina

Sabbia tra le dita Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora