II. Una stagione all'Inferno

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Seconda parte

"... no, Beppe. Te lo ripeto ancora una volta" sospirò tranquillamente Sibilla, cercando con ogni grammo di forza di distendere la voce in modo naturale e sistemando meglio il telefono vicino all'orecchio "Rimarrò qui finché non riterrete sicuri gli spostamenti tra regioni. Aspetterò come tante altre coppie stanno facendo, sono intransigente su questo. Sarebbe uno schiaffo in faccia a chiunque se tornassi a casa, in primis alla nostra credibilità e serietà"

"Non riesco a prenderti nemmeno per sfinimento, sei irremovibile..." prese un lungo respiro, espirando un momento dopo "Mi arrendo, non so come convincerti"

"Perché non devi convincermi, tutto qua. Ci sono delle regole e io le rispetterò come ogni altra persona" spiegò lei, passandosi stancamente una mano sul volto, guardando i tetti assolati di Bologna oltre la finestra.

"Lo so, ma ci spero sempre. Mi dispiace che tu voglia rimanere a casa da sola"

"Ogni tanto passano mamma e Ari, non sono sola. E poi adesso possiamo uscire di casa: faccio delle passeggiate qui nei paraggi. A patto che quei due passi che riesco a fare uno dietro l'altro possano essere considerati una passeggiata" gli spiegò, aprendo la porta finestra e recandosi in terrazzo, dove il sole di metà maggio batteva con grande intensità e con quel tepore primaverile del tutto piacevole sulla pelle.

"Sì ma devi stare attenta, sei ancora debole. Ti prego, non esporti troppo da sola, cerca di stare sempre in compagnia"

"Sto attenta, tranquillo" sorrise istintivamente e si sedette su una sedia in vimini, accavallando con difficoltà le gambe. Le piaceva tutta quella premura e l'idea che – anche a distanza – Giuseppe si prendesse cura di lei con tutto l'amore possibile.

"Sibilla"

"Dimmi" gli rispose e lui attese in silenzio qualche momento prima di parlare.

"Mi manchi... mi manchi da morire, Sibilla. Come te lo devo dire?" disse Giuseppe, teneramente, e lei si ritrovò a mordersi il labbro e a coprirsi la bocca per non far sentire il respiro pesante del magone che si faceva sempre più stringente all'altezza della trachea.

"Mi manchi tanto anche tu, Beppe"

"Per favore, nel caso cambiassi idea, dimmelo. Chiamami. A qualsiasi ora! Anche alle tre del mattino: mi vesto e ti vengo a prendere. Anzi, vengo a prenderti col pigiama!" disse con tono scherzoso, strappandole una risata delicata.

"Non cambierò idea, mi spiace" rispose, infondendo quanta più tenerezza possibile "Però ti penso sempre, sappilo"

"Ecco" sbuffò, prendendo qualche momento "Dopo questa dimmi come faccio a riattaccare"

"Lo fai e basta, facile" ridacchiò piano.

"Sibilla ti amo, ti amo tanto"

"Anche io ti amo tanto e, credimi, sto contando i giorni per tornare a casa. Però non pensiamoci troppo, così magari il tempo passa più in fretta"

"Allora mi devo mettere a lavorare, così non mi rendo conto del tempo che passa"

"Ecco, bravo! Ottima soluzione! Cerca di arrovellarti bene la testa per contribuire con le idee al patto europeo. A proposito, mi farebbe piacere un tuo spiegone sul debito comune europeo perché non ho ancora capito come funziona esattamente il meccanismo. Non mastico bene quelle cose e ultimamente gli argomenti più complessi diventano motivo di ulteriore confusione mentale"

"Ma certo! Quando tornerai a casa te lo spiegherò per bene. Ti fa ancora male la testa quando leggi?"

"No, non mi fa più male, tranquillo! Dai Beppe, vai" la voce tenera quasi si spezzò "Ci sentiremo in serata se avrai tempo, altrimenti faremo con calma domani. Se sarai stanco mandami un messaggio e basta, tranquillo"

Di cattedre, mandati e set cinematograficiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora