II. Bande à part

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Parte II 

Giuseppe posizionò due bicchieri e qualcosa da bere nel tavolino accanto al divano, osservando Sibilla trafficare con il cellulare e la televisione per organizzare la visione del film.

Sibilla a casa sua: poteva esserci qualcosa di più bello?

"Ci riesci?" le chiese, inclinando il capo e osservandola con curiosità. Non c'erano luci accese in casa; i bagliori dalla strada sottostante creavano un riflesso che illuminava tenuamente il soggiorno in colori piuttosto caldi. La porta-finestra del balcone era aperta, i refoli stemperavano il calore notturno e le tende ai lati si muovevano in un tenue moto ondulatorio che facevano sembrare quella stanza più una depandance vicino alla spiaggia e al mare che un appartamento in pieno centro a Roma.

"Sì, sì" rispose con entusiasmo "Ho quasi fatto".

Si guardò intorno e convenne che sedersi sul divano fosse la cosa più sensata da fare, anziché rimanere in piedi come uno stoccafisso ad osservarla. Si sedette e aprì comodamente il braccio destro, distendendolo sopra l'estremità dello schienale.

Giuseppe la lasciò fare, godendosi appieno quel brivido di entusiasmo e di piacere nel vederla trafficare con l'oggettistica di casa sua; sentiva quel sublime calore in mezzo al petto che si faceva beffe delle convinzioni e della compostezza dell'uomo di quarantatré anni quale era. La vedeva muoversi lì dinanzi a lui con la discrezione di un'ospite, ma del tutto ignara dell'incredibile naturalezza e freschezza che emanava, e quel palpitare particolare che sentiva nel petto si era cucito un nome addosso molto semplice, ma infinitamente potente:

Amore.

Sì, Giuseppe lo sapeva già da molte settimane che quello era amore e che lui si era innamorato come un giovane alle prime armi in preda a tempeste emotive, con la stessa intensità e forse anche molto di più. Ne era certo, perché gli sembrava di aver perso il senno per quella ragazza, quella donna.

Per quei pensieri, alzò distrattamente un angolo del labbro e allungò il braccio destro sopra lo schienale del divano, espirando piano e socchiudendo gli occhi.

"Ci siamo" disse Sibilla, voltandosi col sorriso stampato in faccia. Giuseppe, istintivamente, alzò l'avambraccio dal divano, ma lei lo riprese: "No, no! Stai pur comodo, non spostarti! Siam pur sempre a casa tua!" gli si accomodò accanto, quasi rasente la coscia, con le spalle delicate che gli sfioravano il bicipite.

Giuseppe s'immobilizzò immediatamente, con ancora l'avambraccio alzato, respirando rumorosamente e quasi percependo il calore di Sibilla avvolgergli il corpo: doveva arrivare lucido – e vivo – a fine serata. Non ne era certo di poterci riuscire, ma almeno ci avrebbe provato.

Con estrema peritanza e lentezza stese l'avambraccio, allungandolo, aprendo le dita con una tensione tale che sentì i nervi tirare; si appoggiò infine, quasi in un mezzo abbraccio, molto simile ad una scenetta di un film. Giuseppe deglutì, fissando lo sguardo sullo schermo del televisore, però vide molto distintamente Sibilla muovere le gambe e inclinarle leggermente nella sua direzione, sfiorandogli il ginocchio. La percepì complessivamente avvicinarsi a lui, quasi accoccolarsi, e mantenere il controllo fu difficile, quasi doloroso. Gli doleva il cuore, gli si stracciava l'anima e il corpo era difficile da ammutolire.

Era chiaro, non le avrebbe mai fatto nulla senza il suo consenso, ma la voglia di voltarsi per subissarla di baci, di toccarle la pelle morbida e profumata, di dirle che si era perdutamente innamorato di lei, era veramente troppa.

I primi lunghi piani sequenza della pellicola in bianco e nero iniziarono e il film proseguì a meraviglia, sorprendendolo sequenza dopo sequenza, nella paradossale evoluzione statica della straordinaria ordinarietà parigina: gli piacque la controversa giovinezza nella scena della corsa dentro il Museo del Louvre, tesa e allo stesso tempo spensierata. Gli veniva solamente voglia di emulare i protagonisti con Sibilla, di seguirla fino in capo al mondo e concedersi qualche sprazzo di vita fuori dalle righe, qualche follia se possibile, pur di stare con lei. Sentiva la reale e impellente necessità di lasciarsi travolgere e risucchiare dalla sua giovinezza, di sentirsi vivo e di amare ancora senza freni inibitori.

Di cattedre, mandati e set cinematograficiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora