La babilonia umana

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C'era qualcosa di ansioso e angosciante che connotava la via per gli epiloghi di ogni relazione che Giuseppe aveva avuto; cosa di preciso non riusciva a capirlo e identificarlo, si trattava piuttosto di una commistione di sensazioni e disposizioni relazionali che andavano via via incrinandosi, giorno dopo giorno.

Si partiva dalle opinioni diverse, per passare ai successivi atteggiamenti che si assumevano con l'altra persona, terminando poi con i piccoli gesti quotidiani che venivano a mancare sempre più progressivamente. Si approdava dunque al grand final, ovvero ad una dicotomia che aveva dell'assurdo: dalle litigate protratte nel tempo solo per affermare la propria supremazia di ragione indiscussa, alla più totale indifferenza nei confronti dell'altro.

Oltre all'ansia e all'angoscia, c'era qualcosa di tristemente ironico in tutto quello e non mancava la malinconia per l'amore vissuto: quello Giuseppe non lo rinnegava, semplicemente lo archiviava nel passato con i bei ricordi e tutta la dignità che meritava.

Il problema era che con Mira stava tentennando da troppo tempo, cercando di tamponare le incrinature dalla loro relazione che faceva acqua da tutte le parti; mancava il colpo finale che, nel suo caso, poteva avere un nome ben preciso:

Valentina.

Non c'era assolutamente nulla di serio con lei, però l'aveva colpito per davvero con la sua gentilezza e simpatia, e poi era oggettivamente una gran bella ragazza. Aveva dieci anni in meno di lui; l'aveva valutata brillantemente – per la sua preparazione, era chiaro – ad un esame all'università della sessione estiva di due mesi prima, in veste di assistente del professore. L'ultimo anno da assistente, finalmente, così da poter incrementare prestigio alla sua già presente professione di avvocato con quella di Professore.

Lui e Valentina si erano incontrati in facoltà qualche giorno dopo per puro caso e, tra una chiacchiera e l'altra, si erano ritrovati a sorseggiare un calice di vino in un bar vicino alla facoltà.

Lei era carinissima e molto, molto piacevole; con quei lunghi e folti capelli biondi e il visino simpatico, gli occhioni scuri e il sorriso raggiante, nonché le risate che le venivano molto spontanee. Era una ragazza abbastanza in gamba, forse talvolta un po' estrosa, e quel suo temperamento gli ridava quell'entusiasmo perso da molti mesi ormai, forse anche più di un anno.

Poi, il fatto che Giuseppe avesse il pallino per le donne bionde era tutta un'altra storia, infatti anche Mira lo era, ma era pur sempre divenuta nel tempo l'antitesi di Valentina: non riusciva più a distinguere il rigore professionale da quello personale. Tutto diventava una questione troppo seria, anche quando si poteva prendere le cose con un poco di leggerezza, quelle poche volte che la vita lo concedeva. Si atteggiava sempre con fare molto polemico e critico in modo del tutto distruttivo, senza una vera e propria alternativa o soluzione più luminosa anche per il minimo impiccio, che nient'altro era se non una scemenza di poco conto.

Mira stava diventando davvero pesante, e Giuseppe non riusciva più con nessuna delle sue strategie a viverla con serenità e amore. Tutto era perduto, forse volontariamente, ma prendersi la briga di piantare la relazione era un passo difficile da fare: lo spettro dell'abitudine e dell'ordinarietà riusciva anche a sopraffare sul nascere ogni ventata d'aria nuova.

Certo, anche lui non era stato il massimo; oggettivamente non era molto il tempo che potevano trascorrere insieme e lui non faceva altro che sobbarcarsi di impegni che lo distraevano dalla sua relazione, talvolta anche quando era a casa. Non avevano molti obiettivi comuni e quella diversità, combinata con l'ambizione che entrambi condividevano, li separava su strade parallele. Mira non era esattamente quel tipo di donna affettuosa e giocosa: Giuseppe non voleva essere in tutto e per tutto l'asse su cui catalizzare ogni attenzione, ma certamente ogni tanto gli avrebbe fatto piacere essere considerato. La sua passionalità non era ben compresa da Mira, che la vedeva più che altro come sfogo e non una silente dimostrazione di affetto.

Di cattedre, mandati e set cinematograficiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora