I. Preludio

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«Sì... sì... no, no aspetta. Joanne, quell'ingaggio non mi interessa», ribatté Sibilla al telefono, toccando nervosamente i lati della borsetta. Il tenue e costante rombo del motore si attenuò non appena l'automobile s'arrestò al semaforo e la ramanzina della sua manager sembrava non terminare più.

«Joanne, io quel ruolo non lo accetto. Se avessi saputo prima chi è il production manager non avrei nemmeno fatto i provini. Non ci sto, non posso accettare, è una questione morale. E poi devo finire di scrivere la tesi e leggere ancora buona parte della bibliografia: non posso andare via da casa per più di tre mesi. Perdonami sai, ma se devo utilizzare il mio tempo in un certo modo, voglio che questo venga investito adeguatamente. Digli di consultare il girato dei provini e prendersi un'altra perché non ci sto.»

La sua manager non si risparmiò critiche pesanti e piccate, ma Sibilla ci era abituata; in svariate occasioni il rigorismo di Joanne era stato un toccasana per la sua carriera. Si affidava a lei che nel ginepraio delle produzioni hollywoodiane ci sguazzava e sapeva setacciare gli incarichi sempre all'insegna di quella che lei stessa definiva «dignità» in termini di risultato cinematografico, allo stesso tempo Sibilla era abilissima nella pars destruens del processo d'ingaggio, andando ad indagare da chi provenissero i soldi. Riuscivano sempre a trovare una sintesi vantaggiosa per entrambe anche dopo discussioni accese, ma alla fine la fatica del risultato riscontrava sempre una discreta sensibilità da parte del pubblico. Per entrambe era complesso e talvolta snervante lavorare a quelle condizioni, ma il risultato era tutt'altro che deludente.

Joanne era americana, figlia di un pragmatismo apparentemente monolitico che, però, a seguito dei risultati delle prime mediazioni con Sibilla – che era la parte morale della squadra – le aveva portato tante soddisfazioni in quel lato della humanitas in lei assente per evidenti deficienze di natura storico-antropologica e pedagogica.

«Joanne, per favore, non voglio accettare. Cerca qualche altro film in alternativa, ma per favore non farmi stare troppo fuori di casa perché ho tante cose da fare e sono vergognosamente in ritardo. E, ti prego, non farmi sentire in colpa per il passo indietro che faccio, tanto non ho ancora firmato nulla; digli che proprio non ci riesco come tempistiche, tu più di me sai che dirgli la verità mi farebbe terra bruciata intorno anche laddove non ci sono reali legami col production manager. Lo so, sono una paraculo, ma per favore non voglio entrare nel film dove in filiera di produzione c'è un ex condannato per insider trading. Trovami qualsiasi altra cosa, ma non quello. Per favore.»

Sibilla riuscì a riattaccare il telefono solo dopo poche altre dichiarazioni che suggerivano una petulanza esclusivamente professionale da parte della sua manager, ma era discretamente sicura di averla spuntata e che di quel film non se ne sarebbe parlato più. Infilò lo smartphone nella borsetta e sospirò, lasciando che lo sguardo corresse sulle luci a neon di diversi colori che, locale dopo locale, affollavano di colori la Sunset Boulevard di Los Angeles in quella tiepida serata di dicembre.

Era invitata a una festa, Sibilla. Non aveva mai particolarmente apprezzato i party con un cospicuo e imbarazzante numero di invitati che facevano riferimento a precisi apparati socio-economici del Paese; erano quel genere di occasioni che lei stessa definiva "fauna di vario tipo nel proprio habitat naturale". Non era mai stata in grado di accettare la mondanità americana e conformarsi ad essa, ma nemmeno quella italiana per essere più precisi. In entrambe i casi era come entrare su un set cinematografico o su di un palco di teatro, indossando la maschera migliore per celare il suo disappunto e camuffare i ghigni di ripulsa alle situazioni più imbarazzanti. Apprezzava invece le feste con un numero d'invitati più ristretto e adeguato che doveva corrispondere ad almeno tre quarti di amici e conoscenti. Oppure, nella celebrazione di una gran bella dicotomia, luoghi con poche persone fidate e poi sconosciuti del mondo reale.

Di cattedre, mandati e set cinematograficiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora