Capitolo 3

5.9K 198 19
                                    

Quel sabato mattina, come succede solo di rado, svegliarmi alle sei non mi era costato molto. Ero saltata giù dal letto al primo accenno della sveglia e ero pronta in men che non si dica. Ora, alle otto in punto, ero già fuori i cancelli del Catholic Institute of Divine Providence.

Entrai come già avevo fatto un numero di volte che mi sembrava infinito nell'androne spazioso, oggi più affollato del solito, e mi diressi all'accettazione.

«Buongiorno, io...»

«Oh buongiorno, cara. Clarke, giusto?» la sorella col capo coperto di bianco mi rivolse un sorriso dolce, come se mi conoscesse da tempo. Io dal canto mio le confondevo tutte, ma nel dubbio sorrisi a mia volta.

«Sì, Clarke.»

«Ryan ti sta aspettando», disse e mosse la mano verso una conversa che passava lì vicino. «Hannah, mia cara, ti spiacerebbe scortarla in sala visite?» chiese e poi di nuovo a me, «Ti faccio subito raggiungere da Ryan.»

«Grazie mille...»

«Suor Madeleine», venne in mio soccorso. Poi mi prese la mano tra le sue e mi sorrise bonaria. «Segui pure Hannah.»

Obbedii e seguii la giovane per una rampa di scale, come già avevo fatto mille volte. Venivo a trovare Ryan a settimane alterne da un po' ormai e la sala visite era sempre la stessa. Ancora non capivo perché le suore insistessero per farmi accompagnare. L'istituto era una struttura piuttosto piccola e contava pochi ospiti, non rischiavo mica di perdermi se giravo da sola. Più che altro penso fosse un gesto di cortesia scortarmi ovunque come se fossi il papa, ma non riuscivo proprio ad abituarmi a tanta cattolicità. Nonostante tecnicamente fossi cattolica anche io.

Ci volle un minuto per raggiungere la sala e cinque minuti di attesa perché Ryan mi raggiungesse e mi stritolasse in un abbraccio. E quando dico stritolare, non esagero.

«Sorellina», disse, sollevandomi senza difficoltà da terra.

Ridacchiai con il viso nel suo collo e riuscii a stringerlo a mia volta. «Ryan.»

Quando mi rimise a terra non perse occasione per scompigliarmi i capelli come se avessi ancora cinque anni. «Piantala, Ry»

«Entusiasta come sempre.»

«Ehi, io sono entusiasta, ma hai idea di quanto ci metta una ragazza per sistemarsi i capelli?»

«Oh ti prego», alzò gli occhi verdi al cielo. «Risparmiamelo». Gli cacciai la lingua e lui ridacchiò. «Dai, solito posto?»

Annuii e lo segui di nuovo al piano di sotto fino al cortile interno, quando passammo difronte il banco all'ingresso lui strizzò gli occhi alla suora e la salutò con un «Ciao, Maddie» che fece sorridere l'anziana da orecchio a orecchio.

«Che fai, ammali le sorelle con il tuo fascino?»

«Ehi, qui dentro è un carcere, se non posso neanche sfruttare qualche dote naturale...» mi indicò la nostra solita panchina, appena illuminata da una breccia di sole non ancora caldo. «Ad ogni modo mi adorano tutte.»

«Perché sei un orribile incantatore.»

«No, perché sono un ragazzo educato e che si fa ben volere. Anche i confratelli, la pensano così, che credi», mi ricordò. In effetti l'istituto era diviso a metà e la maggior parte del suo tempo Ryan la passava nella parte gestita dai confratelli. Alcuni cattolici non avevano ancora capito l'inutilità della divisione per generi. «Che mi dici della mamma?»

Tirai un sospiro per occupare alcuni secondi, prima di rispondere con un banale: «Tutto okay.»

«Oh mio Dio, cosa è successo?»

Ti cercavoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora