Sulla strada del ritorno mi resi conto di quanto fosse facile convincere Trent che quello che mancava alla nostra serata per essere perfetta era una bella dose di gelato. Avevo detto una cosa come "Ma quella è una gelat...", prima di notare che aveva già attivato la freccia e si fermava allo sportello per le ordinazioni.
«Okay, lista», disse qualche minuto dopo, nell'auto parcheggiata.
«Uhm?»
«Come funziona con esattezza questa fobia e cosa devo assolutamente evitare di fare per non farti correre via da me urlando?»
Affondai il cucchiaino nel gelato e poi assaggiai quella delizia al cioccolato con doppio caramello. «Be', la questione è lunga.»
«Questo è il nostro appuntamento», Trent azzannò un biscotto al cacao ricoperto di gelato. Vidi Posey dal sedile di dietro infilare la testa tra di noi e seguire con lo sguardo il destino di quel biscotto. Non sapevo se sbavasse più lui o io.
«Va bene», concessi, il volto sepolto nella ciotolina. «Inizio dal principio, però.»
Trent portò tutta l'attenzione su di me, senza aggiungere un'altra parola.
«Non sono sempre stata aptofobica. Lo sono diventata più o meno tra i dodici e i tredici anni, gradualmente», cominciai, gli occhi di Trent erano puntati dritti nei miei e mi trasmettevano tutto il suo interesse. «Prima di allora non ero mai stata super disinvolta, ma... tendevo ad incolpare altre faccende per quello», decisi non addentrarmi troppo in quell'altro campo minato per quella sera.
«All'inizio non sopportavo quando le persone che a stento conoscevo mi toccassero o sfiorassero. Hai presente quando sei in una calca di gente che continua a spingerti? Era diventato un incubo per me. Così ho iniziato ad evitare tutte le situazioni che prevedessero quest'incombenza... ma una cosa tira l'altra e a quattordici anni in pratica ero incapace di toccare chiunque conoscessi. Anche la mia famiglia», morsi e masticai un altro pezzetto di biscotto.
«Quando mi trovo in situazioni che non mi fanno stare a mio agio, quelle di contatti protratti o non desiderati, mi sale un forte senso di ansia, oppressione al petto, il respiro mi manca e mi viene la nausea... be', non è che ti servano i dettagli più truculenti», scossi il capo e ripresi. «Insomma, odio essere toccata. O almeno, lo odiavo moltissimo. Quando avevo diciassette anni, mia madre si è stufata della situazione e mi ha convinta a consultare una psicologa. Sono stata in cura per un po'. Fino all'anno scorso in modo intensivo, a dire la verità», affondai il cucchiaio nel gelato e presi un boccone dolce. «La situazione è molto migliorata. Tocco le persone e non do di matto, soprattutto se il contatto è con le mani. Per il resto del corpo sono ancora un po' in difficoltà, ma...» mi interruppi e un sorriso fiero mi si dipinse sulle labbra. «Due mesi fa ho preso la metro. Non lo facevo da anni, certo ho evitato con cura l'ora di punta, ma la dottoressa Morales è molto contenta dei miei progressi.»
Non avrei mai smesso di ringraziare il Signore per aver conosciuto Anita Morales. Era solo grazie a lei se potevo enumerare una bella lista di progressi, da numerosi punti di vista per giunta. «Ad ogni modo...» cominciai, senza trovare le parole giuste.
«Cosa?» mi incitò Trent, prendendo parola per la prima volta dopo aver ascoltato tutto il discorso in un silenzio attonito.
Mi voltai verso di lui, sedendomi sulla mia gamba piegata. Mi azzardai ad allungare un dito per ripulirlo di un po' di gelato che aveva sul labbro superiore. Infinitamente morbida, quella bocca.
Mi ridestai e ripresi il discorso, evitando di chiedermi a cosa fosse attribuibile il fervore nei suoi occhi. «Quando ho iniziato a vedere la dottoressa, la situazione era molto seria. Certo, ho ottenuto molti risultati da allora, tuttavia...» combattei ancora con le parole. Trent attese con pazienza. «Anche se non me lo dice brutalmente, la dottoressa non crede che possa essermi indifferente che degli estranei entrino in contatto prolungato con me. Mai.»
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Ti cercavo
Romance🏆WATTYS WINNER🏆 E poi lo baciai. Lo baciai come se ne andasse della mia vita, come se quel bacio potesse salvarmi da morte certa. Il fatto ironico era che più andavo avanti a baciarlo più mi sentivo morire. Le sue labbra erano morbide e forti, mi...