Capitolo 34

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Dopo essere tornate al piano di sotto, prendemmo posto a tavola per il dessert. La situazione a quel punto era sfuggita ad ogni controllo e poteva c'entrare il vino.

Mio fratello si mise perfino a fare la verticale contro il muro, sostenendo di averla imparata da una suora. Non volevo sapere il resto della storia.

E comunque Ryan non aveva neanche bevuto.

Aiutammo tutti a sparecchiare, mentre Ryan intratteneva Lizzie e Dalia, e poi mia madre mi scacciò della cucina sostenendo che dovevo pensare alle nostre ospiti.

Si tenne Trent con lei. Per un bel po'.

Avevo la paura e l'ansia che mi attanagliavano lo stomaco e le lasagne della mamma avevano iniziato quello che sembrava un giro di centrifuga. Ripensandoci, forse non c'entrava l'ansia.

Lasciai passare un po' di tempo, ma dopo un'ora buona dovevo controllare cosa stesse succedendo. Così mi alzai dal divano, lasciai gli altri in salotto e casualmente attraversai di soppiatto il corridoio. E sempre casualmente mi misi ad origliare.

Il primo a parlare fu Trent, e la sua voce ancora mi opprimeva il petto.

«Mi sento in dovere di dirle che non dovrebbe trattarmi così bene. Ho fatto un casino con sua figlia.»

«Davvero?» sbirciai dentro la stanza e vidi la mamma che si avvicinava a Trent, seduto con la schiena china su uno sgabello della cucina.

«Sì. E... la sua gentilezza mi fa sentire in colpa.»

«In realtà penso sia una cosa bella. Solo una persona molto onesta avrebbe potuto ammetterlo.»

«Signora, le ripeto che vede molte più qualità in me di quante ne abbia.»

«Senti, Trent, io non ti conosco e non voglio entrare in questioni tue e di mia figlia. Ma conosco lei e... e da questo posso farmi un quadro chiaro della situazione. Avrai pure fatto un casino, ma mia figlia non è proprio un tipetto tranquillo. Non sei d'accordo?»

«Direi di sì.»

Quello stronzo.

«Appunto. Eppure ha visto qualcosa in te che di sicuro non aveva mai visto in nessuno prima.»

«Credo... di sì.»

«Lei non mi ha detto subito di te, lo confesso. Ma sono convinta che sia perché è riservata a livelli estremi», disse. «Ad ogni modo... anche se non voglio proprio pensarci, ho capito che se state insieme...»

«Non so più se noi stiamo insieme.»

No, che non stiamo insieme. Imbecille.

«Ah, certo.» Mamma ridacchiò. «Se lo siete stati, certo non avete passato il tempo a giocare a scacchi. No! Non rispondere, lasciamo questa cosa su un piano ipotetico.»

«Non volevo rispondere.»

«Bene. Ad ogni modo, sei il primo ragazzo con cui lei è così in sintonia, di cui si fida in questo modo... anzi, penso proprio tu sia la prima persona che ha instaurato questo rapporto con lei così stretto. Questo non è solo dovuto ai suoi progressi con il disturbo aptofobico. Quelli erano già enormi prima che ti conoscesse. La ragione principale per cui credo che sia successo è che sei stato capace di avvicinarti a lei con i piedi di piombo, con una pazienza... disarmante. Tanto che non ha potuto evitare di fidarsi di te.»

«Non so quanto sia merito mio, in realtà.»

«In qualche misura lo è», lo rassicurò. «Qualsiasi casino sia avvenuto dopo, non può cancellare quello che avevi fatto prima.» La mamma fece una breve pausa e poi sorrise. «Non mi aveva mai chiesto di portare un ragazzo qui. Immagina la mia sorpresa quando mi ha chiesto di portare te e la tua famiglia per Natale. Sono stata felicissima.»

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