L'ultimo Horcrux ad Hogwarts

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Capitolo Ventiduesimo:

Erano trascorse alcune settimane dal ritorno del Portatore della Luce e del proprio seguito dalla ricerca degli Horcrux in giro per l'Inghilterra e la situazione, a Scuola, era ancora molto tesa.Non passava giorno senza che alcuni genitori, indignati per come alcune cose fossero andate e per come la "sicurezza dei loro figli fosse nuovamente in pericolo ora che lui era tornato", minacciassero il Preside Snape e tutto il corpo docenti di voler lasciare la Scuola portandosi via i figli. Urlando a chiunque volesse ascoltarli che, con il ritorno di Harry, lì non sarebbe stato al sicuro più nessuno. E che se Voldemort era riuscito ad entrare una volta, avrebbe trovato il modo di farlo nuovamente.
All'inizio di quegli atti di bullismo verbale, i suoi amici e il marito gli erano stati vicini, lo avevano spalleggiato e spinto a ribattere, a non subire tutto passivamente; ma poi, con il passare del tempo, Harry smise di combattere contro gli insulti perché pensava di meritarsi tutto quel dolore che gli soffocava il petto, perché era cosciente che fosse solamente colpa sua se molti innocenti avevano perso la vita per aiutarlo e difenderlo. Così, lentamente, come la sabbia che scorre nella clessidra, aveva smesso di affrontare le offese di quelle persone arrabbiate, lasciando che si accanissero contro di lui per le scelte effettuate per arrivare fino a lì.
Stanco di sentire tutto quel chiacchiericcio iroso nei suoi confronti, una mattina decise di parlarne con suo marito e i suoi amici: sperava che, nonostante tutti avessero molte cose da fare, potessero ascoltarlo un'ultima volta e consigliarlo su come affrontare quell'assurda e pesante situazione.

Si svegliò alle prime luci dell'alba e, come ogni mattina, allungò una mano verso la parte di letto occupata dal marito che era sconsolatamente fredda e vuota.
Harry sentì gli occhi riempirsi di lacrime, da quando erano tornati non avevano più né dormito né fatto altro insieme. A fatica si parlavano al tavolo della colazione e quell'allontanamento del suo Rus lo feriva più di tutte le cattiverie scritte o dette sulla propria persona.
- Harry. – lo chiamò Xenia strisciando fuori dal proprio terrario, aveva avvertito tutto il dolore del suo padrone e era triste esattamente come lui.
- Xenia, bella mia! – le sorrise il ragazzo parlando Serpentese – Ti ho svegliata, scusa.
- Mi sono svegliata presto per la fame. – ammise scivolando sinuosa fino al letto – Stavo per andare a caccia quando ti ho sentito alzarti. – spiegò.
- Hai visto Severus? – domandò accarezzandole con un gesto gentile la testa.
- Sì. – replicò Xenia facendo uscire la sua lunga lingua biforcuta – È nello studio. Ho sentito la sua voce prima.
- Ottimo. – borbottò a denti stretti Harry.
- Hai problemi con Rus? – chiese accoccolandosi vicina al corpo caldo di Harry, gli piaceva la sensazione di benessere che lui era capace di trasmetterle.
- È ciò che vorrei scoprire. – ammise il mago Grifondoro.
- Allora va da lui. Che aspetti!? – mormorò logicamente il serpente femmina.
- Vorrei un pizzico del tuo coraggio. – ridacchiò il mago alzandosi dal letto sfiduciato.
- Coraggio? – Xenia sembrò aggrottare le sopracciglia ed Harry rise, notando che stava cercando di imitare l'espressione corrucciata di Severus, ma senza rendersene minimamente conto.
- Sei una creatura molto coraggiosa. – annuì il ragazzo iniziando a vestirsi – E ti ammiro molto.
- Trovo che tu sia un ragazzo molto coraggioso, Harry Potter in Snape. – replicò Xenia – Affronti una guerra e tutto ciò che di negativo essa porta, senza perdere mai fiducia e sorriso. Adesso va da tuo marito, entrambi avete smesso di sorridere e siete terribilmente noiosi così!
Ridacchiando il mago Grifondoro terminò di vestirsi poi, facendosi coraggio, raggiunse il laboratorio dove suo marito stava rintanato da giorni. Traendo un profondo sospiro, il Portatore della Luce bussò alla spessa porta che venne aperta con uno strattone potente verso l'interno, lasciandone uscire un Severus talmente arrabbiato e stanco da farlo sobbalzare.
L'uomo aveva i capelli arruffati, gli occhi iniettati di sangue per la mancanza di sonno, la barba lunga e la pelle, che di solito era di un bel rosa, aveva lo stesso colore mortifero della cenere.
- Harry... - lo chiamò sorridendo – Stai male, moccioso? – gli chiese allungando una mano per accarezzare le labbra del marito.
- Buongiorno amore! – rispose al sorriso Harry, appoggiando la guancia sulla mano del Guardiano della Luce – Non sei venuto a dormire, scusami se ti ho disturbato. – balbettò a voce bassa.
- È già mattina? – l'uomo si passò una mano stanca sul viso.
- A quanto pare. – ridacchiò sarcastico il mago Grifondoro – Mi sei mancato a letto, sai?
- Mmh moccioso insolente, anche tu mi sei mancato! – si piegò a baciarlo sulle labbra, un bacio lento pieno di promesse.
- Vieni a fare colazione? – domandò speranzoso mentre gettava un'occhiata all'interno del laboratorio dove, accasciati su alcune poltrone, vide dormire tre dei suoi Cavalieri.
- Hanno lavorato ininterrottamente tutta la notte. – sorrise con un'alzata di spalle l'uomo – Quando si sono addormentati, ho pensato di lasciarli stare. Li ho esauriti. – Harry ridacchiò comprensivo, lui aveva imparato sulla propria pelle quanto sapeva snervante Severus quanto poteva essere snervante Severus quando lavorava a qualcosa di importante - Una colazione sarebbe gradita! – ammise l'uomo rendendosi conto di avere fame – Siamo ad un passo dalla soluzione ottimale. – lo informò seguendo il suo sguardo curioso.
- Veramente? – gli occhi di Harry brillarono gioiosi – Posso aiutarti in qualche modo? – chiese.
- Non ancora. – lo bloccò sulla porta – Non posso lasciarti entrare.
- Perché? – domandò mandando la testa di lato.
- Perché, seppur involontariamente, la tua aura magica della Luce potrebbe interferire con il nostro lavoro.
- Hm. – si morse le labbra con fare pensieroso, quella risposta non lo soddisfaceva appieno; ma sapeva che, almeno per il momento, non avrebbe ricavato altri dettagli dal marito. Fece per tendergli la mano e condurlo al tavolo, ma una delle ampolle dove bolliva la pozione iniziò a fischiare, svegliando i Cavalieri e facendo correre Severus verso il tavolo, senza più guardare il mago Grifondoro che era rimasto imbambolato sulla soglia.
- Oh maledizione! – gemette Harry esasperato aprendo le braccia – Vado da solo a fare colazione! – ma dai quattro attorno al tavolo non giunse nessuna risposta, nessun segno di essere stato ascoltato – Ciao! – salutò girando le spalle al laboratorio.
Sbuffando, arrabbiato e deluso, lasciò gli appartamenti che divideva con Severus e si incamminò, con passo lento e svogliato, verso la Sala Grande per fare colazione con il resto dei suoi amici.
Lungo il percorso che aveva scelto per raggiungere più rapidamente la Sala, sentì le voci del resto dei suoi amici: stavano portando del cibo e qualcosa da bere a Severus e i Cavalieri in sua compagnia. Passeggiando parlavano della strana situazione che si era creata a Scuola, di come quei genitori avessero attaccato ad arte Harry, andando a toccare i suoi punti più deboli, ferendolo volutamente e di come il ragazzo avesse subìto tutti quegli attacchi senza mai reagire veramente.
Stanco di essere giudicato da tutti e ferito da quelle parole, Harry si nascose in un'insenatura nel corridoio meditando di "sparire" per un po': aveva bisogno di tempo da dedicare a sé stesso per riflettere e ricaricarsi; così, protetto dal Mantello dell'Invisibilità, uscì dal Castello senza che nessuno si accorgesse di lui.

Il filo rosso del destinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora