Lettera per Hogwarts

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Capitolo cinque:

Gli anni passarono velocemente: dall'inizio delle elementari come corsi di preparazione per la Scuola di Hogwarts all'arrivo della lettera di ammissione via gufo per Harry, il tempo sembrò scorrere a velocità doppia. O, almeno, questa fu l'impressione che ebbe Harry. La scuola che frequentava, strutturata tipo collegio, lo ospitava fino alle vacanze; obbligandolo a stare con i suoi parenti babbani solo per le vacanze di Natale e per quelle estive; ma, generalmente, aveva così tanto da fare che vedeva i Dursley raramente, per enorme gioia di tutti. La camera che divideva con Severus era, per la maggior parte del tempo, sigillata con incantesimi e resa "invisibile" ad occhi indiscreti.
Lo stesso Pozionista, essendo più libero, era tornato ad Hogwarts per insegnare Pozioni ed era più arcigno e severo che mai.

Severus non lo avrebbe ammesso neanche sotto tortura, ma stare così lontano da Harry non era facile per lui. Per anni avevano vissuto in una sorta di simbiosi e sentiva la mancanza dell'aura magica del bambino e della sua curiosità.
Si sentivano quasi ogni giorno tramite lettera, il Pozionista aspettava impaziente la consegna della posta al mattino durante la colazione ed i suoi occhi "neri come una notte senza stelle", brillavano d'emozione ogni volta che un gufo raggiungeva la sua postazione.
Minerva, che occupava il posto di fianco a Severus, una mattina si girò per osservarlo mentre rompeva il sigillo della pergamena inviatagli da Harry.
- Buone notizie, professore? – domandò facendolo sobbalzare.
- Ottime, signora. – biascicò lui cercando di tenere un tono neutro.
- È una lettera del piccolo Harry? – domandò il professore di storia della magia che sedeva dalla parte opposta a quella di Minerva.
- Sì. – annuì paziente il Pozionista – È una lettera di Harry. Mi tiene costantemente aggiornato suoi propri successi. – mostrò la lettera, tenendo per sé quella più personale, dove Harry gli aveva raccontato di un sogno che aveva fatto.
- Che bei voti. – mormorò ammirata la strega – Devi essere orgoglioso di lui, Snape. – gli sorrise.
- Tzh. – sbuffò il Pozionista – Potrebbe ottenere risultati migliori. Ma è figlio di Potter, non posso pretendere di più.
- È anche figlio della Evans. – gli ricordò l'insegnante di Erbologia – E lei era una strega molto dotata.
Severus non rispose, nonostante fossero passati molti anni, soffriva ancora per la mancanza di Lily. Si sentiva in colpa per averla tradita, per non essere riuscito a salvarla.
Un breve sospiro gli gonfiò il petto, non aveva più voglia di sentire le chiacchiere dei suoi colleghi e ringraziò gli Dei quando la colazione finì e tutti iniziarono a lasciare la Sala Grande.
- Professor Snape. – lo chiamò Albus – Potrei parlare con lei un momento?
- Sì, Preside. – annuì l'uomo – Ho lezione tra un'ora.
- Bene, mi segua nel mio ufficio per favore. – Dumbledore precedette il Pozionista lungo il corridoio e Severus ne osservò accigliato la schiena, chiedendosi perché si fosse rivolto a lui in un modo tanto distaccato. Non appena Albus recitò la parola d'ordine alla statua d'ingresso, comparvero le scale e salirono nell'ufficio in religioso silenzio.
- Signore. – lo chiamò Severus stanco di quel silenzio – Ho fatto o detto qualcosa che l'ha contrariata? Non mi ha mai trattato così freddamente in Sala Grande, per favore mi parli e mi dica cosa posso fare per rimediare.
- Scusami per il mio strano comportamento Severus. – sospirò l'uomo lisciando le piume color fiamma della sua Fenice – Sono venuto a conoscenza di alcuni fatti incresciosi, di chiacchiere pericolose per lo più.

- Da quando, Preside, dà ascolto alle chiacchiere? – domandò alzando un sopracciglio il Pozionista.

- Da quando possono mettere a repentaglio la vita di Harry e la tua, ragazzo mio! – rispose.

Severus sobbalzò e, dopo essersi accomodato in una delle poltrone davanti alla scrivania di Albus, ascoltò con attenzione il racconto del Preside che gli disse che le sue spie avevano intercettato dei messaggi di alcuni studenti della scuola che avevano insinuato che il professore di Pozioni conducesse una doppia vita e che fosse lui a proteggere il giovane Potter dai Mangiamorte.
Una rabbia cieca si impossessò del cuore di Severus che, stringendo con forza i braccioli della poltrona, replicò:
- Signore, lei sa benissimo che ho preso molto seriamente il mio ruolo di spia. Non ho mai né detto né fatto niente che potesse insospettire i Mangiamorte più esaltati: credono tutti che lavori qui come mi ha ordinato l'Oscuro Signore. Non metterei mai a rischio i piani dell'Ordine della Fenice, il mio compito è quello di proteggere la Luce e lei, davvero, teme che alcuni maghi Purosangue possano dar ascolto ai pettegolezzi dei figli adolescenti? – una smorfia gli deformò le labbra – Soprattutto se pensa che molti di quei ragazzini viziati è cresciuto da precettori e tate.
- Mi fido di te e delle misure che prendi Severus, so che svolgi il tuo ruolo con serietà. Ma dovevo parlarne con te, perché temo per le vostre vite e non vorrei che qualcuno ti pedinasse.
- Secondo me, Preside, lei non teme che qualcuno tenti di seguirmi o che la mia copertura tra i Mangiamorte vacilli. Lei ha dato ascolto alle voci delle vecchie comari che ha nel corpo insegnati e teme uno scandalo! Siete tutti convinti che il rapporto tra me e quel moccioso di Potter sia troppo morboso. Pensate, veramente, che a me piaccia? È stancante avere a che fare con lui tutto il giorno, tutti i giorni; la sua magia è potente e va tenuta costantemente sotto controllo. La imbriglio con piccoli incantesimi che tengo come fossero guinzagli, cercando di non esagerare perché lui è in grado di rompere ogni vincolo con un attacco di rabbia. Ho sempre cercato di distrarlo in ogni modo, stimolando la sua curiosità verso ogni tipo di materia. – distolse lo sguardo da quello pentito di Albus e continuò - Osservo quel viso e ci rivedo quello del padre che odiavo, poi guardo i suoi occhi pieni di luce e rivedo la mia dolce Lily. Ho cercato di tenere il nostro rapporto su un piano professionale, senza lasciarmi coinvolgere più del necessario, faccio del mio meglio per scoraggiarlo e tenerlo lontano. – le sue labbra sottili si piegarono in una smorfia – E sa, signore, cosa ottengo con il mio comportamento? Più io mi comporto freddamente con lui, cercando di scoraggiarlo, più lui mi ripete che sono suo e che mi sposerà.
Severus, alla fine dello sfogo, si accasciò stancamente contro lo schienale imbottito e chiuse gli occhi, si sentiva svuotato da ogni energia. Il Preside, dopo averlo osservato per alcuni istanti in silenzio, tese verso di lui un cestino pieno di caramelle al limone, invitandolo a prenderne una.

Il filo rosso del destinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora