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Svegliarsi in un letto d'ospedale fu traumatico. Lampi di ricordi; il dolore all'addome,il sangue, la protezione di Thyron che si era gettato su di me. Sollevare le palpebre e sbatterle era come sollevare un camion con 10 elefanti e la luce a neon mi sembrava talmente forte da penetrarmi gli occhi come spilli. Gemetti, sentendo un grosso bruciore alla gola e all'addome.
Mi avevano sparato.
Sul serio! Cercai di respirare ma non riuscì, la cannula di plastica mi irritava il naso.
Dov'era Thyron? Voltai la testa per cercarlo, ma la stanza era vuota. Le pareti grigie mi circondavano, una piccola finestra e una TV appesa in alto. Non era di certo una grande sistemazione, ma non importava. Ma mi chiedevo dove fosse Thyron, mentre tossivo alla ricerca d'aria e mi sfilavo la cannula dal naso dolorante.
Quanto tempo era passato? Cercai con lo sguardo qualcuno che potesse aiutarmi.
Mi sentivo ancora parecchio confusa e dolorante quando premetti il pulsante di chiamata attaccato al letto.
Poco dopo, un'infermiera si avvicinò con un sorriso dolce e un paio di occhi castani entrando nella stanza nella sua divisa blu.
Mi rivolse poche parole, porgendomi  dell'acqua mentre chiamava il medico del reparto.
-Quanto... quanto tempo è passato?-chiesi con difficoltà mentre la gola bruciava dannatamente e cercavo di bere un piccolo sorsi
-Le abbiamo somministrato un coma farmacologico di 48 ore, in modo che la ferita non fosse compromessa da altre funzioni. È stata molto fortunata.-mormorò.
-E...il mio compagno?-
Si strinse nelle spalle.
E io sprofondai un dolore acuto e nel senso di abbandono. Thyron non c'era.
Ero completamente da sola.
-Ma è stato qui?-chiesi ancora, i suoi occhi scuri mi scrutarono per un momento, non sapendo cosa rispondermi.
Cristo.
Ero rimasta completamente da sola.
Non mi aveva voluta. Non dopo che aveva decisamente rischiato la vita per me.
Ma mi amava giusto?
E se qualcuno si ama non si lascia da solo...

I pensieri si susseguirono un modo rapido. Mi ritrovai a trattenere le lacrime durante la visita del medico. La ferita si era leggermente richiusa, ma provavo ancora un forte dolore quando prendevo profondi respiri o quando mi muovevo.
La pallottola aveva fatto non pochi danni, ma erano riusciti a toglierla e la guarigione, secondo il medico, stava procedendo bene.
L'infermiera mi aiutò a sollevarmi e a cambiarmi la fasciatura con gesti abili e esperti. Compì i gesti come una bambola inanimata, tutto con il cervello bloccato a quel dolore che superava di gran lunga la mia ferita. Un dolore che andava via via aumentando.
Ero stata abbandonata. Di nuovo.

.
-Quando potrò uscire?-
-Questo non so dirlo. La ferita si sta rimarginando bene ma non sono certo che non possano esserci complicazioni in seguito.-
Mettere insieme i pezzi in quei due giorni di solitudine fu... difficile.
Il dolore non si era attenuato, anzi mi sembrava di sprofondare ancora di più in un lago ghiacciato che mi congelava gli arti e mi impediva di respirare.
Ma come il resto del mio corpo, avevo cercato di congelare e di bloccare le lacrime.

Thyron.
Amavo quell'uomo.
Lo amavo.
E anche se avevo provato a contattarlo, fallendo miseramente, sapevo che lui non provava lo stesso per me. La nostra storia era finita così...
Io abbadonata in un letto d'ospedale e lui chissà dove.
Ma il colpo di grazia avvenne quel pomeriggio.
La stanza silenziosa fu improvvisamente occupata dalla presenza di un uomo. I suoi occhi neri mi scrutarono a fondo prima di avanzare vicino alla sedia accanto al letto, vi poggiò sopra un borsone. E capì.
Erano le mie cose. Le poche cose che avevo portato con me da Thyron. Me le aveva restituite.
Sollevai lo sguardo verso lui, trattenendo il respiro per evitare di piangere.
-Mi dispiace.- mormorò.
Spostai velocemente lo sguardo quando capì di non poter più trattenete le lacrime. Caddero copiose sulle mie guance.
L'unica fiammella di speranza, si era spenta. Completamente.
Per sempre.

Pɾσɠɾαɱɱα Mαƚҽʂ σϝ WυʅϝҽɾDove le storie prendono vita. Scoprilo ora