le moto

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La malatia.
Una cosa che fa tremare una persona normale, si pensa subito alla morte e al grande distacco dal mondo terreno che questa provoca.
Se pur faccia paura è una realtà che molte persone sono abituate a vivere dentro al reparto terapia intensiva dei molteplici ospedali presenti in tutto il mondo.
Chi per malattia mentali gravi come l'anoressia e chi come me perché affette da una malatia così grave che la morte potrebbe essere la loro unica salvezza.

C'è sempre stata una storia che veniva raccontata da ogni medico di quel reparto.
Dicevano sempre: <<della morte non devi avere paura, non è brutta come dicono in molti, ma anzi è un ragazzo di circa 16 che indossa si un cappuccio ma al posto della falce ha un dolce e tenero cagnolino che ti farà le feste appena ti vedrà>>
Buffa come storia no? Ma a è sempre piaciuta fin da quando ero piccola, specialmente la parte del cagnolino che ti fa le feste appena ti vede.

Da quel che i medici mi hanno sempre raccontato sono nata con questa malattia degenerativa che nel corso degli anni mi avrebbe uccisa dall'interno senza lasciarmi alcuna chance di riuscire a vivere normalmente, dato che ogni minimo malanno mi avrebbe portato di sicuro alla morte, già non erano riusciti a farmi le dovute analisi quando ero ancora in grembo a mia madre e quindi nacqui senza mai avuto alcuna cura nel grembo materno.

Avevo solo quattro anni quando i medici mi avevano cercato di informare che prima poi sarei diventata una farfalla con le ali pronta a spiccare il volo e a raggiungere mia nonna.
Avevo i capelli corti di un colore che secondo i medici portare la felicità in quel ospedale così spoglio e specialmente in quel reparto così triste ma allegro grazie ai vari bambini.
Dicevano che assomigliavo tutta a mia madre o almeno credo essendo che è stata la persona che ho sempre voluto rivedere per lo meno era sensato per una bambina di soli quattro anni, oppure mi sbagliavo?
Ma mi era sempre stato impedito di vederla per paura che potesse in qualche modo infettare con qualche malattia portata di fuori.

I miei genitori l'ultima volta che mi ricordi che li abbia visti e stato il giorno in cui vidi per la prima volta quella moto che portava due ragazzi che entrarono nella struttura e che presero l'ascensore per venire nel mio stesso reparto.

Continuerò a ricordarmi di quella moto così bella e lucente ai miei piccoli occhi da bambina di appena cinque anni, era il mio sogno salire su quella moto tant'è che avevo ormai imparato verso che ora venivano e quindi mi affacciavo sempre a guardare fuori molto spesso facendo spaventare i medici che mi somministravano le varie cure con la flebo.

Sono sempre stata curiosa di quel bambino dai capelli biondi che scendeva dalla moto anche perché da quel che scopri in seguito la persona che andavano a trovare era sul mio stesso piano e neanche troppo lontana dalla mia stanza, quindi ogni tanto mi scorgevo dalla porta per guardarli andare verso la camera vicina.

Ma mi ricordo perfettamente quel giorno in cui avevo finito presto la mia terapia e ho avuto voglia di andar a camminare in giro con la mia flebo specialmente per andare nella sala giochi per bambini, sala in cui non andavo spesso, perché molto spesso i bambini non avevano le forze di uscire dalle loro camere e quindi dovevo andare io da loro.
Entrai timidamente e vidi quei ciuffi biondi intenti a giocare con alcune moto giocattolo mentre lo guardavo da lontano meravigliata, dopo poco si accorse di me.

<<Hey vuoi giocare con me? Tanto non c'è nessuno che ti può sgridare>> mi disse aprendo bocca e sfoggiando un sorriso grazioso, io annui soltanto per poi andare vicino a lui e iniziare a giocare.
<<Anche tu hai la bottiglietta per farti diventare un eroe?>> Mi chiese indicando la mia flebo e io annui infondo era vero i medici ci dicevano così a noi bambini per non farci spaventare o preoccupare, ma io sapevo esattamente cosa era, essendo che sentivo i medici quando discutevano sulla mia salute, infondo certe cose le impari se sei stato cresciuto in un ospedale.

<<Comunque pure tu vivi qui come la mia mamma?>> Mi chiese guardandomi sorridendo mentre giocavamo con le moto facendole sfrecciare nella pista.
<<Si io ci vivo qui da quando sono nata>> dissi io ridacchiando, anche se sapevo che non era bello "vivere" qui essendo che molte persone morivano e la puzza di morte si sentiva ovunque ma per me era normale quell'odore insieme a quello aspro del disinfettante.

Dopo poco vidi un ragazzo moro fargli cenno di venire, lui si rialzò andandosene salutandomi promettendo che un giorno ci saremmo rivisti. Da quel giorno non vidi più ne la moto e nella sala si era calato uno strano silenzio che ogni tanto veniva spezzato dalle mie risate mentre giocavo con le moto in attesa del bambino biondo per giocare insieme.

Mi sono sempre chiesta se forse nella mia vita passata ho fatto qualche sbaglio per meritare una cosa del genere infondo volevo conoscerlo meglio quel bambino in un certo senso per me era come un eroe dato che poteva uscire fuori dalla struttura che per era estremamente enorme e impenetrabile per i miei occhi da bambina piccola.

Certo non dico che non mi facevano uscire ma non ho mai avuto possibilità di uscire dal recinto dell'ospedale dato che mi avevano sempre detto che era troppo pericoloso per me e per la mia malattia.
Avrei voluto rincontrare quel bambino dai capelli biondi e da quella fantastica moto.

Revisione 04-07-2022

La dove le nuvole arrivano [Mikey X Reader]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora