Sangue che scende

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Gli anni passarono come pagine di libri letti da un lettore accanito e io crescevo in grazia e bellezza coi miei capelli c/c e i miei occhi c/o avevo conquistato chiunque in quel reparto, mi conoscevano tutti perfino quelli che erano arrivati da poco. Avevo la fama di "quella con la malattia più grave di tutte" ma quella che preferisco di gran lunga e "La bambina amica della morte".
Non mi afezionnavo praticamente più a nessuno. In qualsiasi caso ogni bambino o vecchietto presente nel reparto prima o poi sarebbe morto in un qualche modo orribile oppure pacificamente con i propri cari vicino.

Le visite dei medici erano diventate molto più frequenti e insieme a loro anche i farmaci aumentavano fino ad arrivare a un farmaco ogni ora della giornata.
Può sembrare figo, ma molto spesso mi rendevano fin troppo spesso stanca e per niente attiva come ero quando ero piccolina, era per lo più antidolorifici per non farmi sentire il dolore che emanavano i miei polmoni, che erano i primi che sarebbero dovuti collassare da un momento all'altro.
Nella mia malattia la prima cosa che viene toccata sono i bronchi impedendomi molto spesso la corretta respirazione. Poi si passa ai vasi sanguigni che lentamente smettono di trasportare il sangue correttamente alle varie cellule, poi si arrivava alla assenza di voglia di mangiare e infine sopraggiunge la morte celebrale, tutto questo sembra doloroso ma i dottori mi hanno rassicurato che non sentirò nulla se continuavo a prendere i farmaci alle ore prestabilite.

Nove anni della mia vita sempre incollata al vetro della mia finestra speranzosa che il bambino biondo in sella alla sua moto sarebbe tornato a far visita alla persona, e magari in uno spiraglio di tempo sarebbe riuscito a prendermi e a portarmi in un luogo dove potevo ammirare il cielo è specialmente il tramonto.
La mia speranza non era mai scomparsa ma ogni giorno che passava si rafforzava sempre di più, infondo si dice la speranza è l'ultima a morire,no?
Però sono consapevole che morirò con questa speranza ancora nel mio corpo, e non potrò farci niente.

Di progressi anche se pochi c'è ne sono stati, generalmente erano piccole cose che mi permettevano di togliere il respiratore e di sopravvivere un po' di più dei normali malati terminali.
Io credo che questi progressi li abbia fatto il mio ego, più che altro la speranza di poter rivedere il bambino almeno per salutarlo prima di morire. Però purtroppo questa storia non ha un lieto fine, sono solo una malata terminale con fin troppo sogni.

La stanza stava diventando sempre più piccola e mi ero stufata di stare in quel luogo così bianco e senza vita che era l'ospedale quindi decisi che avrei almeno voluto vedere anche se di poco il mondo esteriore e non più quel reparto dell'ospedale che conoscevo fin troppo bene.

Non so come riuscì a uscire dalla stanza senza farmi notare da nessun dottore, forse perché il mio travestimento stava funzionando. Un top nero con sopra una camicia a quadrati neri e bianchi e dei jeans neri attilati, mi facevano sembrare una perfetta persona normale in visita a qualcuno di quel reparto.
Se non fosse stato per il fatto che ero talmente tanto magra che pure i miei jeans mi stavano larghi, forse sarei stata ancora più normale.
Riuscì a superare la reception e prendere l'ascensore che mi avrebbe portata finalmente fuori.

Appena uscita l'aria mi entro dalle narici mi resa una persona talmente felice che non so come esattamente descrivere questa sensazione.
Forse la mia felicità era sul fatto che non ero attaccata ad un respiratore e quindi potevo respirare da sola.
Ero così euforica che la gente fuori dall'ospedale mi stava guardando fin troppa stranita, ma a me non me ne fregava un emerito cazzo, se non del fatto che finalmente dopo quattordici anni della mia vita ero libera.

Inziai a correre fino a raggiungere un parco dove era radunata della gente in cerchio mentre guardava uno scontro che c'era tra due ragazzi con uno che picchiava a sangue l'altro senza che quest'ultimo cercasse di fare qualcosa.
Mi era capitato molte volte che nel mio reparto venivano ragazzi massagrati di botte, poi che altro venivano perché negli altri reparti era tutto pieno.
Ero abituata a vedere sangue ma quello che stava uscendo dalla bocca di quel povero ragazzo mi faceva uno strano effetto, difatti non capì neanch'io il motivo ma i miei piedi si mossero da soli, mi misi in mezzo a quei due e subito uno dei due (quello più grosso) mi diede un pugno nel pieno della mia pancia.

Il pavimento sotto di me inizio a riempirsi di sangue, ma non era il sangue del ragazzo di prima ma era il mio, per colpa della mia fottuta malatia ogni piccola botta poteva portare a dei danni ai miei organi interni, difatti eccomi li mentre mi ripiegavo per il dolore provocato da quel ragazzo.

Cadi a terra dolorante sentendo alcune risate provenire dagli spalti.
Ero per terra con una mano che mi teneva la bocca che non smetteva di sputare sangue e l'altra sulla pancia come per cercare di alleviare il dolore, senza successo ovviamente.
Le risate dopo poco vennero zittiti come se fosse arrivato qualcosa di assai spaventoso anzi no qualcuno.

<<Oddio ma tu stai perdendo sangue>> disse la persona avvicinadosi a me e cercando di farmi alzare ma per me una cosa così semplice in quella situazione era la più complicata, per descriverla a parole povere mi sentivo come mille pugnalate nella mia pancia.
<<Ken-chin aiutami non sembra stare molto bene>> disse la voce mentre mi alzava e mi teneva per la vita.

Lentamente alzai lo sguardo e mi ritrovai due occhi neri che mi guardavano abbastanza preucuparti come spaventati da quello che stava succedendo.
Riusci a vedere alcune ciocche bionde prima che tutto diventasse nero...forse l'avevo sognato e mi sarei risvegliata come sempre nel mio letto di ospedale.

Revisione 05-07-2022

La dove le nuvole arrivano [Mikey X Reader]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora