13. Brighton

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Il cielo oggi ha un colore simile agli occhi di Harry colpiti dalla luce del sole: verde acqua, con pagliuzze dorate e ocra. Se non altro mi distrae da quello che sta succedendo.

In qualsiasi altro caso, chiamerei questa uscita un appuntamento. Harry mi è venuto a prendere a casa, mi ha portato a fare una gita e stiamo facendo un pic nic sulla spiaggia. Come altro dovrei definirlo?

Siamo seduti da un po' di tempo e il silenzio tra noi è quasi piacevole dopo tutte le domande scomode che riesco sempre a tirare fuori. L'aria autunnale è frizzante, fa volare i suoi riccioli fino a districarli dall'elastico che li tiene fermi.

Mamma mi diceva sempre che gli angeli si nascondono tra di noi, sulla Terra, e che una volta incontrato uno l'avremmo riconosciuto subito. Non ci avevo mai creduto prima, ma Harry riesce a destabilizzare molte delle mie credenze.

Abbiamo sistemato un telo sulla sabbia e ci siamo seduti a gambe incrociate sopra. Harry ha preso dal bagagliaio un cestino di vimini, come quello di Cappuccetto Rosso, che si è rivelato essere pieno di cibo.

Tramezzini, pezzi di formaggio, frutta a cubetti, addirittura una crostata a fette. Il tutto accompagnato da una borraccia d'acqua e degli adorabili tovaglioli azzurri con fiorellini gialli. Ho come l'impressione che non l'abbia preparato lui. C'è solo una cosa che mi rende perplesso: Harry non ha toccato cibo, esattamente come in mensa.

"Non mi dire che hai preparato tutto questo per me", dico scherzando mentre mangio qualche ciliegia.

Harry non ha distolto lo sguardo dal mare da quando siamo arrivati. Sembra ipnotizzato dalle onde. "Adesso non ho fame, magari dopo."

Mi stringo nella mia giacca di jeans, allontanando quanto possibile l'aria fresca. "Non ti ho mai visto mangiare."

Lui sospira, abbracciandosi le gambe sollevate e appoggiando il mento sulle ginocchia. Ha di nuovo quello strano sorriso in faccia, come per una battuta che fa ridere solo a lui. "Meglio così."

Basta enigmi. Alzo gli occhi al cielo, posando il tovagliolo nel cestino e girandomi verso di lui. "Sono stufo degli enigmi. Facciamo un gioco."

"Un gioco?" ripete, ma senza degnarmi di uno sguardo.

Con cautela allungo una mano e gli sfioro il gomito. Sobbalza come se gli avessi bruciato la pelle, ma almeno serve a farlo voltare verso di me.

"Lo facevo sempre con le mie sorelle quando eravamo piccoli", ammetto a malincuore. Il familiare dolore al petto è facile da ignorare. "Devi chiudere gli occhi."

Harry mi guarda storto. "Perché dovrei farlo?"

"È un gioco sulla fiducia", rispondo. Rimango a guardarlo mentre si siede a gambe incrociate di fronte a me, nella mia stessa posizione.

"Come funziona?"

"Tu mi farai alcune domande alle quali dovrò rispondere solo con vero o falso, ma non potrai vedere la mia faccia mentre rispondo. Così io avrò privacy e mi verrà naturale dire la verità."

Harry si lecca il labbro superiore, intento a pensare. "Lo sai vero che lo sento dal battito del tuo cuore se menti o no?"

"Finché non avrò le prove che sei una specie di mutante magico, fingerò di non crederci", ribatto.

Rotea gli occhi, ma annuisce. Poi, stupendo me e quasi sicuramente anche se stesso, chiude gli occhi. Sul viso gli rimane una smorfia contrariata che lo rende ancora più carino.

"Non mi piace questa cosa", dice facendo il labbruccio.

Mi trattengo dall'allungare una mano per toccare le sue labbra e faccio una risata per nasconderlo. Le sue palpebre sono notevolmente più pallide del resto della sua pelle: riesco a vedere le vene violacee che le attraversano.

Warm Blood || [larry]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora