23. Harry

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"Voglio raccontarti la mia storia."

Mi sollevo su un gomito, osservando Harry sdraiato accanto a me nel letto. Dopo la doccia ci siamo asciugati e messi qui, intenti a fissarci a vicenda come due idioti. La verità è che il cuore mi scoppia ogni volta che lo guardo e non so cosa voglio che significhi.

"Lo dici solo perché abbiamo fatto sesso?" chiedo.

Harry mi dà una spinta, facendomi cadere a pancia in su sul materasso. "No, Louis. Ti ho dato me stesso, ha senso e basta."

Mando giù la saliva e mi mordo un labbro. Harry sta diventando sempre più onesto, ed io sempre più legato a lui. "D'accordo, sappi che sono fiero di te. Sei molto coraggioso."

Gli occhi verdi di Harry trovano i miei e in essi leggo incertezza, paura. Allungo una mano e intreccio le nostre dita, stringendo forte per paura che possa allontanarsi da me.

Sembra prendersi un attimo per riorganizzare i pensieri, accarezzandomi il dorso della mano con tocco sempre fresco e delicato.

Adesso, per la prima volta da quando lo conosco, le rughe sulla sua fronte lo fanno sembrare più vecchio di quanto sia. Non in termini di età, più come se ne avesse passate troppe in troppo poco tempo.

"Sono nato il primo febbraio del 1880 a Penzance, in Cornovaglia, ma questo già lo sai", inizia a dire senza guardarmi negli occhi. "E, come sai, è stato Zayn a trasformarmi. Beh, in realtà ha trasformato anche i nostri attuali genitori, ma quella è un'altra parte del racconto."

Mi alzo a sedere così velocemente che quasi gli tiro una testata. "Sapevo avesse trasformato solo te, non anche loro!"

"È così", annuisce e continua a tenere la mia mano. "Zayn ha reso vampiro prima me, poi loro. La famiglia che ho adesso è acquisita, i miei veri genitori sono morti molto tempo fa. Ho vissuto a Penzance con loro fino ai vent'anni."

"Quando sei morto", commento piano.

Harry sospira e arriccia il naso, poi finalmente si decide a spiegare. "Mia madre diceva sempre che ero un bambino troppo sveglio per la mia età. Già da piccolo volevo fare mestieri complessi, e nonostante le difficoltà economiche lei e mio padre hanno sempre cercato di regalarmi una buona istruzione.

Sentivo di essere diverso per qualche strano motivo. Quando ai miei amici piaceva qualcosa, a me piaceva l'opposto. Non so come mai, forse è sempre stato un mio desiderio intrinseco, quello di non essere come gli altri.

Sono diventato davvero diverso, un motivo ci sarà", aggiunge pensieroso. È dovuto morire per riuscirci. Non lo augurerei a nessuno, ma non lo dico ad alta voce.

"Comunque sia, avevo grandi aspettative dalla vita. Ho sempre creduto in me stesso, e i miei genitori mi hanno sostenuto ad ogni passo. Non posso davvero lamentarmi di loro: mi mancano molto.

Tutto è andato bene fino ai 18 anni, quando ho iniziato a lavorare in una taverna del posto come cameriere. Volevo continuare a studiare e andare all'università, ma a quei tempi era molto costosa e solo i figli dei più ricchi potevano andarci."

"Cosa volevi fare?" chiedo.

Harry fa un piccolo sorriso. "Il filosofo. Anche se non per lo stesso motivo di adesso."

"Ah", dico, sconcertato. "E perché, allora?"

Si morsicchia il labbro e fa spallucce. "Il ragazzo che mi piaceva al liceo era un grande fan di Hobbes."

Scoppio a ridere e lui mi segue subito dopo. "Ma guarda il piccolo Harry, che flirta con i compagni."

"Zitto", mi ammonisce con dolcezza. "Stavo dicendo...Penzance non era una bella città, come tutti i sobborghi nei dintorni. La gente all'epoca o era interessata solo ai soldi o alle voci di paese, incurante del resto. La mia era una famiglia di gran lavoratori, eppure questo spesso non bastava a farsi rispettare.

Warm Blood || [larry]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora