17. Verità

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A/N: mica potevo lasciarvi in bilico così, al contrario di vamp Harry io un cuore ce l'ho👀 love ya chicos,
C

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Il tempo sembra fermarsi nella stanza.

L'orologio sulla parete tace, l'eco dell'urlo di mia sorella rimbalza sulle pareti e nella mia cassa toracica, annientando ogni altro suono. Rimane un vago ricordo, distorto dalla memoria che non riesce ad afferrare quello che è appena successo.

Subito, come in tutte le cose, c'è un momento iniziale di sbalordimento. Poi, negazione. Caos. Stordimento.

Sotto al mio sguardo incredulo ma attento, gli occhi di Harry tornano verdi. Non si muove dalla sua posizione contro il muro, le sue mani tremano e sembra non riuscire a guardare nient'altro che me.

Io, invece, sono pietrificato. I miei occhi saettano tra lui e Lottie, ma senza registrare quello che vedono. Harry è diverso, con gli occhi rossi e con l'aria di chi è nato secoli fa.

Harry non può - non deve - essere il mostro dei disegni di mia sorella. Alla fine vince la negazione.

"Qualcuno mi spiega che cavolo sta succedendo?" la mia voce rompe il silenzio, più alta e tremante di quanto avrei voluto.

Lottie sembrava aspettare solo questo per scuotersi dal torpore. In un secondo corre al mio fianco, e io le cingo le spalle con un braccio. Si accocola a me, come se chiedesse di essere difesa.

"Lou - è uno di loro!" bisbiglia, agitata. Ha ricominciato a tormentarsi le mani. Sta per avere un attacco. "Ora mi credi, vero?"

So che l'unico modo per calmarla è darle corda. Contraddirla la farà solo chiudere in se stessa. "Uno di cosa?"

Dall'altra parte della stanza, Harry parla per la prima volta da istanti infiniti di silenzio. "Louis, ti prego."

Di nuovo, implora. Cosa mi sta chiedendo?

"Uno dei miei mostri!" esclama Lottie, sempre più ansiosa. Una sua mano indica i disegni, ma poi torna veloce contro il suo corpo, come se si aspettasse di essere attaccata.

Ricordo bene quel giorno. Ero in camera mia, appena ritornato da un allenamento di calcio. Stavo per farmi la doccia, quando ho sentito dei rumori al piano di sotto.

Lottie era davanti all'entrata di casa, con i vestiti rovinati e le ginocchia sbucciate. Tremava e piangeva, continuava a ripetere di essere stata attaccata. C'è voluto del tempo prima che dicesse da chi.

La descrizione non è mai cambiata: un uomo alto, magro, con la pelle bianca come l'alabastro e fredda come il ghiaccio. Zanne affilate, iridi rosse come il sole al tramonto, lunghi capelli biondo chiarissimo.

E poi, la sua frase assurda. "Ha cercato di mordermi, Daisy, te lo giuro! Voleva il mio sangue."

Oh, come vorrei adesso non l'avesse mai detto. Lo sguardo negli occhi di Andrew, il nostro patrigno, non è mai stato più lo stesso dopo quella frase.

Da quel giorno, ci ha messo ben poco a chiuderla in un istituto per malattie mentali, convinto che l'aggressione - a suo parere perpetrata da un uomo normale - avesse scatenato la sua schizofrenia.

Senza più la mamma e con me ancora minorenne, nessuno si è messo in mezzo per evitarlo. Neanche adesso, che potrei tirarla fuori, mi permette di farlo. Mi proibirebbe di entrare, se sapesse che voglio farla uscire.

E adesso, proprio mentre stava meglio, questo. Harry viene a trovarla e i suoi occhi sono...rossi?

La negazione si fa da parte, seguita dalla rabbia.

Warm Blood || [larry]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora