Capitolo 38: Le conseguenze di una decisione

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Si sedette in macchina e strinse forte il volante fra le mani, cercando di calmare la rabbia. In quel momento avrebbe potuto prendere a pugni anche quel gorilla di Camel tanta era la collera che le scorreva nelle vene. Non vi era nulla che fosse andato per il verso giusto in quella giornata, l'unica cosa che voleva era andare a casa, mangiare del gelato e andarsene a dormire.

Mise in moto la macchina e lasciò in tutta fretta il parcheggio, immettendosi nelle trafficate strade di Manhattan.

Dopo dieci minuti di guida si ritrovò ferma ad un semaforo, intrappolata in una coda di auto. Era l'orario in cui molti tornavano a casa da lavoro oppure andavano a procurarsi qualcosa da mangiare per cena. L'attesa che quel semaforo scattasse contribuì ad accrescere il suo nervosismo: era diventata intollerante verso ogni minima cosa. Guardò fuori dal finestrino aperto e fu allora che la sua attenzione venne catturata dal negozio di dischi che stava sul lato opposto della strada. Ci passava davanti ogni giorno ma non aveva spesso l'occasione di entrarvi. Quel posto era come un piccolo tuffo nei ricordi, un luogo raro e pertanto affascinante. Il progresso della tecnologia aveva fatto sì che i modi per ascoltare la musica cambiassero drasticamente, nessun adolescente era più interessato a stringere fra le mani un disco e a sfogliarne il libricino all'interno: potevano scaricare musica da Internet (spesso illegalmente) e trovare qualunque tipo di informazione sulla band. Lei invece era rimasta fedele ai cari e vecchi LP, aveva persino conservato un vecchio walkman ancora funzionante che qualche volta utilizzava al posto dello stereo, quando non voleva disturbare troppo i vicini.

I suoi pensieri furono interrotti dal semaforo che finalmente era scattato e dalle macchine davanti a lei che avevano ripreso a muoversi. Rivolse un ultimo sguardo al negozio di dischi e poi si allontanò seguendo le macchine davanti a lei.

Una volta arrivata a casa si tolse le scarpe gettandole in un angolo svogliatamente: trovava fastidiosi persino i tacchi che solitamente amava tanto. Avrebbe dovuto fare la spesa prima di tornare al suo appartamento, ma non ne aveva nessuna voglia. Prese un cucchiaio dal cassetto delle posate e si diresse verso il freezer, estraendo un grosso barattolo di gelato, per poi lasciarsi cadere a peso morto sul divano. Cercò il telecomando del televisore e quando lo ebbe trovato iniziò a cercare un film o qualunque programma che avrebbe potuto aiutarla a rilassarsi, mentre prendeva grosse cucchiaiate di gelato dal barattolo. Purtroppo la fortuna non fu dalla sua parte nemmeno in quel frangente, il palinsesto non offriva nulla che catturasse la sua attenzione. Si ritrovò così a pensare nuovamente a quanto accaduto poche ore prima, alle parole di James e all'invito di Shuichi. Sapeva che il primo la amava come una figlia, tuttavia non poteva accettare che si fosse intromesso così nella sua vita, imponendosi e dandole ordini come se avesse ancora otto anni. Sapeva anche che il secondo non avrebbe ceduto facilmente, probabilmente la stava aspettando a casa sua nonostante tutto. Si chiese se fosse davvero il caso di andarci, se avrebbe potuto cambiare le cose, ma la risposta ad entrambe le domande nella sua testa riecheggiò come un sonoro "no". Shuichi non aveva nessuna intenzione di dirle che l'amava e aveva ribadito che anche esprimendo il sentimento a parole non lo avrebbe reso di certo più reale. Lui sosteneva di amarla, ma lei non riusciva a credergli fino in fondo. Le aveva dato delle prove, ma a lei non bastavano. Aveva colto nel segno dicendole che il motivo per cui voleva sentirsi dire quelle parole a tutti i costi era perché si era convinta che pronunciandole sarebbero state più reali, ma aveva anche avuto ragione nel ricordarle che le parole a volte sono solo parole e non sempre rispecchiano la realtà. D'un tratto nemmeno quel dolce gelato bastava più a risollevarle il morale, quindi si alzò dal divano e lo riportò nel freezer. Aprì poi il frigorifero alla ricerca di qualcosa di fresco da bere e l'occhio cadde sulla bottiglia di Scotch che Shuichi aveva portato al loro primo appuntamento. Sospirò esausta: tutto intorno a lei sembrava ricordarle di lui. Forse era un segno, forse il karma, il destino, l'intero universo o qualunque altra cosa fosse le stava dicendo che non poteva sfuggire da lui, che le loro vite erano collegate e che nonostante il dolore, la rabbia e le paure non poteva fingere che Shuichi non esistesse, nemmeno per un secondo.

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