JJ pensava spesso che da quando aveva perso Madison era diventato una persona migliore, più mite, più calma, forse perché aveva un dolore così grande da sostenere che certi giorni non aveva la forza neanche di aprire bocca. Nel corso di un anno il viso della sua Maddie era una piccola ferita che lui curava con cura perché, nonostante fosse consapevole che non avrebbe più trovato una ragazza che combaciasse così bene con tutti i suoi difetti, non avrebbe mai voluto che si rimarginasse, voleva ancora essere libero di potere soffrirci ogni tanto perché, alla fine dei conti, era l'unica cosa che lo faceva sentire vivo. Si chiedeva come andasse la sua università, come si trovasse a New York e qualche notte aveva una strana sensazione che si stessero pensando nello stesso momento e si sentiva vicino a lei come non mai.
Si chiedeva come fosse stato possibile che una storia come la loro fosse finita in quel modo e avrebbe voluto scriverle, avrebbe voluto vederla però poi si diceva che le cose vanno come devono andare e quindi non poteva forzare un sentimento che forse ormai si era sgretolato.
Non credeva di amarla ancora, almeno questo era quello che si diceva, però non riusciva a durare più di due giorni con un'altra ragazza. Usciva, beveva, scopava con tutta naturalezza ma poi si sentiva sempre solo. Ma no, non era ancora innamorato di lei. Era impossibile, era passato troppo tempo.
Non faceva più risse, non si infilava più nei casini o almeno non più in così tanti, e tutto questo, secondo lui, era merito di Madison. Anzi, era merito della sua assenza.
Inizialmente sembrava essere piombato in un disastroso buco nero. Non metteva piede fuori da casa, aveva sempre alcol in corpo e se qualche sfortunato ragazzo provava a infastidirlo tornava a casa pieno di lividi. JJ non aveva più niente da perdere, aveva già perso la cosa più bella che la vita gli avesse dato e aveva così tanta rabbia che non riusciva a trovare il modo con cui sfogarla, se la prendeva con chiunque e pur di non picchiare qualcuno allora preferiva stare a casa, per qualche ora i suoi pensieri più spaventosi sparivano se fumava o beveva.
Poi un giorno si guardò allo specchio e non si riconobbe più, anche la sua faccia era cambiata ed era fatto parecchio magro, capì di detestarsi. E aveva subito fin troppo odio nel corso della sua vita per arrivare ad odiarsi anche lui stesso. Quindi decise di avere pietà di sé. Di aiutarsi a risollevarsi.
Cominciò a mangiare, non smise di fumare ma smise di bere e lasciò in pace il suo fegato. Non aveva soldi per pagarsi un corso di scrittura, come lui sognava; per svuotarsi un po' della sua negatività cominciò ad imprimerla sulla carta e quando finiva di scrivere ogni sua singola emozione si sentiva molto meglio e capì cosa significava avere uno scopo nella vita, un interesse, un qualcosa che non ti fa sentire abbandonato e ricordò che era quello che provava quando stava con Madison. Ma ormai era inutile affliggersi per qualcuno che apparteneva al passato, e così piano piano quella ferita si rimarginava, lui non se ne accorgeva, ma il dolore legato alla sua perdita si ridimensionava e non importa quanto lui si sforzasse per piangere per lei, a volte non ci riusciva più. Si sentiva in colpa quando non ci riusciva: si diceva che era come quando muore una persona cara e ti prometti che la penserai sempre ma un giorno ti svegli e non è più un pensiero opprimente, non è più neanche un pensiero, è un qualcosa per cui sorridi se per caso nel corso della tua giornata vedi qualcosa che ti fa pensare a lei e allora ti senti in colpa perché, cazzo, tu lo avevi promesso. La prese meglio poi quando capì che non aveva senso sforzarsi per provare dolore, lei rimaneva una parte di lui anche senza lacrime, lei era semplicemente lì, il motivo per cui lui non si odiava più. Le era grato.
Era grato anche di non amarla più perché se era difficile non riuscire a piangere per lei, figurati quanto lo sarebbe stato amarla e non poterla abbracciare. Era un fantasma che lo seguiva senza dargli troppo fastidio, la voce della coscienza che gli suggeriva le scelte più adatte quando non sapeva cosa fare, era, in fin dei conti, la sua migliore amica. Nulla di più.
John B lo aveva aiutato. In realtà, anche Tonya lo aveva aiutato. Tutti e tre erano diventati inseparabili e lui era felice che Tonya avesse cambiato su di lui, era felice che John B avesse trovato questa ragazza così dolce con lui dopo avere perso Sarah. Loro due erano per lui la dimostrazione che l'amore non viene mai una volta sola e sperava di trovare in qualche parte del mondo la sua Tonya. Gli aveva trovato anche un lavoro, dato che lei lavora in un locale non era stato difficile sapere di un altro pub che avesse bisogno di un barista e non appena lo seppe corse da JJ, felicissima di poterlo aiutare a raccogliere un po' di soldi per il suo corso di scrittura.
Quella sera era passato praticamente un anno dall'ultima volta che JJ aveva visto Madison ma lui non era particolarmente triste, doveva lavorare, c'era John B al bancone ansioso di ricevere qualche bicchierino gratis e poi, d'altronde, aveva sempre qualche ragazza carina con cui scambiare qualche chiacchiera.
«John B, penso che dovresti andare da Tonya, è sola a casa con il mal di gola» disse JJ sussurrando invitandolo a smontare baracche e burattini dato che dall'altro lato c'era una bionda che gli faceva un paio di occhialini.
«JJ, alle ragazze ci penserai dopo il turno, ora devi lavorare! Guarda questo bel ragazzo che aspetta da almeno dieci minuti!» e John B diede una pacca sulla spalla ad un tipo accanto a lui.
JJ si ricompose e gli chiese cosa desiderasse.
«Amico, non preoccuparti, capisco cosa vuol dire avere una ragazza che aspetta solo te. Ad esempio lì fuori c'è la mia che aspetta che io torni con due whisky» e indicò una figura vicino a una moto poco lontano.
JJ la guardò ma non ci si concentrò più di tanto.
John B invece stette di più ad osservare e quando si rigirò aveva una faccia un po' sconvolta.
«Bene, sai che ti dico? Dato che hai aspettato così tanto ci beviamo tutti e tre uno shot di tequila» e JJ sistemò i tre bicchierini.
Rimasero a parlare e a scherzare per un po', era un tipo davvero simpatico e quando JJ si ricordò di non avergli chiesto il nome né cosa ci facesse lì era ormai troppo tardi perché si era allontanato a raggiungere la sua ragazza. John B lo vide dileguarsi e capì che quella ragazza era proprio Madison, non aveva alcun dubbio. Era contento che JJ non se ne fosse accorto, non sapeva come avrebbe reagito e se già a lui era venuto un colpo al cuore non appena l'aveva riconosciuta non avrebbe voluto immaginare cosa avrebbe fatto JJ stesso. Forse era meglio non dire nulla, d'altronde loro due e Tonya sarebbero partiti per tutta l'estate il giorno dopo nella casa delle vacanze di Tonya quindi non c'era neanche il pericolo che si incontrasse con Madison per strada e questo lo faceva stare meglio. Ormai JJ aveva trovato un suo equilibrio e sarebbe stato stupido distruggerlo così.
La serata era finita e JJ chiuse il bar, a fianco c'era John B in silenzio.
«Ehi, John B, la vuoi sapere una cosa strana?» chiese JJ pensieroso.
«Dimmi pure» rispose John B.
«Per un attimo ho avuto la sensazione di vedere Madison però era impossibile che fosse lei quindi non ci ho pensato più» John B si sentiva morire perché odiava dovergli mentire.
«In ogni caso, cosa le avresti detto?»
«Beh, la verità, John B».Vi ho fatto aspettare, mi sono fatta odiare, mi sono fatta amare ma siamo giunti alla fine di questa storia e sono veramente felice di esserci riuscita. Fatemi sapere sempre, vi voglio bene e grazie davvero per tutti i commenti, i messaggi, le stelline, amo scrivere e quando c'è un riscontro mi fa sentire veramente bene❤️
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A place to rest;
Teen FictionJJ era un tipo strano, si diceva che dove ci fosse lui non ci potesse essere pace perché il suo unico scopo era solo fare casino. Eppure a volte la notte mi capitava di vederlo inerme e arreso alla vita di fronte al mare e mi chiedevo cosa avesse in...