10. everything i wanted

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Come era tipico di me, il giorno dopo quel bacio piombai nella confusione più totale. Erano ancora vive su di me le sensazioni che mi aveva scatenato, desiderio, ardore, passione, quel tipo di passione proibita, quasi peccaminosa, che rende tutto più potente. Averlo tra le mie mani era qualcosa di trepidante, ripensarci mi faceva venire i brividi sulla schiena. E così facevo quanto più possibile per ricordare i più piccoli dettagli, chiudevo gli occhi per immaginare di nuovo quei momenti e imprimerli per sempre nella mia mente. Ne ero certa, non era colpa dell'alcol: prova ne era che nessun particolare del suo viso e delle sue dita mi era sfuggito, era tutto conservato dentro di me.
"Madison, adesso come affronterai tutto ciò?" mi chiedevo in continuazione. Cosa dovevo fare? Avrei voluto baciarlo nuovamente? Certamente. Avrei potuto rifarlo senza alcun tipo di problema? Assolutamente no. Rimaneva il fatto che mio padre ne sarebbe morto, per me si augurava il meglio e non di certo che mi presentassi a Natale con un ragazzo di una simile reputazione. Per non parlare di Tonya e di tutti qui nell'isola. Quante voci che sarebbero girate e io non le avrei sopportate. Mi conosco, e per quanto mi impongo di non dare ascolto alla opinione altrui avrei finito inevitabilmente nello scatenare guerre con chiunque mettesse bocca in cose che non conoscesse. E poi chi diceva che lui volesse qualcosa di serio con me? E poi io? Io lo volevo? Quante paranoie, quanti casini.
Ma questi non erano gli unici problemi che avrei avuto in merito a JJ. Quella mattina prima del locale andai al mio bar di fiducia in cui passavo ogni giorno prima del lavoro. Cappuccino e croissant, era già risaputo.
«Buongiorno, Madison» la voce era conoscente ma non riuscii a collegarla ad una faccia. Non appena mi voltai per vedere chi fosse, avrei preferito non si rivolgesse a me.
«Buonasera Signor Maybank, cosa la porta da queste parti?» chiesi con evidente fastidio.
«Curioso che tu me lo chieda, cara» e si sedette di fronte a me. Mi guardava in un modo che faceva rabbrividire.
«Sai, da quella tua piacevole visita nella nostra umile dimora, scommetto che tu e JJ abbiate approfondito la vostra conoscenza» odiavo quel suo modo insopportabile di parlare come se fosse un personaggio di Orgoglio e Pregiudizio.
«Sì, più o meno» non sapevo bene dove volesse andare a parare quindi cercavo di rimanere vaga.
«Vorrei che tu lasciassi in pace mio figlio» rimasi scioccata. Lui lo notò e con soddisfazione continuò.
«Da quando tu sei entrata nella sua vita lui è molto cambiato, prima mi rispettava, beh più o meno. Ora invece è più spavaldo e tu mi perdonerai se ricollego questo atteggiamento a te dato che è per colpa tua se l'ultima volta...»
«Lo ha picchiato a sangue?»
«Questo non dovrebbe interessarti, ragazzina» si alterò.
«Mi dispiace signor Maybank ma non è colpa mia, lei mi ha chiamata troietta, ricorda? Lui mi ha semplicemente difesa» e non nascosi il mio rossore e la riconoscenza per essere andato contro suo padre pur di stare dalla mia parte.
«Oh che dolce! Pensi di essere speciale per lui, non è vero? Non lo sei, Madison. Tu per lui sei come le altre, lui è fatto così. Le fa sentire diverse e importanti e dopo un po' le abbandona. Povera, sei caduta anche tu nella sua trappola» quella frase era la stessa che aveva detto JJ. Mi fece paura, mi spaventò l'idea che fosse solo una mia semplice illusione.
«Non importa quello che mi dice, io non cambierò idea su di lui» risposi cercando di non dare importanza alle sue insinuazioni.
«Va bene, allora dato che non ti ripugna l'idea che lui ti stia solamente usando e che tu sia soltanto un passatempo tra una canna e l'altra, allora proverò in un altro modo» bevve un sorso dalla mia tazza di cappuccino e la visione mi disgustò.
«Se tu continuerai ad importunarlo, dovrò usare le maniere più brutali. Inutile che minaccio di picchiare mio figlio perché lui c'è già abituato, come hai notato» e rise, «Magari il locale in cui lavori potrà subire un incendio, ovviamente colposo... oppure tuo padre potrebbe avere un incidente con la macchina, sono io che gliela riparo dopotutto» che essere ripugnante.
«Mi sta minacciando? Si è ridotto a questo?»
«Sai, io ho sempre voluto disciplina da parte mio figlio. L'unico modo per averla era usare le mie mani, bastava qualche colpo e lui si calmava. Non so cosa gli hai messo in testa ma da quel giorno in cui sei venuta a casa nostra, non si ferma neanche di fronte ai calci. E questo è un problema dato che, come avrai capito, a me piace tenere tutto sotto controllo» e sorrise maliziosamente.
«JJ non merita un padre come lei» riuscii solamente a dire.
«Può darsi, ma fai come ti dico sennò persone innocenti subiranno dei danni per colpa della tua impertinenza. D'altronde da come ho capito, tieni a JJ. Se tu gli starai lontana, lui sarà... come dire... al sicuro» si alzò dal tavolo e andò via.
«Non preoccuparti del conto, ci ho già pensato io» mi fece un occhialino e si allontanò.
A questo punto non avevo scelta.

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