● 07 ●

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"Io esco!"

"Fammi indovinare, Jimin?"

Annuii a Matthew che, messo in pausa il gioco alla PlayStation, si era voltato a guardarmi mentre mi mettevo le scarpe.

"Se continui a saltare gli allenamenti per andare da lui ti ritroverai ciccione."

Gli risposi con il solito dito medio, allacciandomi poi la giacca in pelle.

Fra me e Jimin era nato un rapporto alquanto particolare: ci trovavamo per soddisfare i nostri desideri quando uno dei due scriveva all'altro di aver voglia e da una settimana a questa parte ci eravamo già incontrati quattro volte.

In effetti erano un po' tante contando il fatto che la sera sarei dovuto andare in palestra per fare esercizio e mantenermi così in forma, ma non riuscivo a resistere al pensiero di poter stare con Jimin.

Mi aveva stregato, mi aveva reso suo docile servo e adesso non potevo non rispondere ad ogni suo richiamo.

Chiusi la porta d'ingresso dietro di me e la brezza serale tipica di quella zona mi scompigliò i ciuffi ribelli che tenevo dietro le orecchie, troppo corti per venir catturati dall'elastico della coda.

Salii subito sulla mia moto, regalo da parte dei miei nonni per l'ottimo risultato finale delle superiori che mi aveva portato anche una borsa di studio: era stupenda, nera lucida e con un rombo da farmi girare la testa per l'adrenalina.

Ovviamente i miei genitori avevano subito storto il naso all'idea del loro piccino in sella ad un motore del genere, ma si erano dovuti arrendere ben presto, non appena il mio istruttore di guida mi aveva riempito di complimenti per la mia bravura nel guidarla.

Non che continuassi ad andare piano senza fare pazzie, ma lontano da loro potevo far quel che desideravo.

A volte i sensi di colpa mi assalivano per questo, ma poi mi dicevo che ero adulto, che avevo la mia autonomia ed il diritto di comportarmi come meglio credevo.

Quella sera decisi comunque di rimanere entro i limiti di velocità, preferendo andare con calma e godermi il vento contro il mio corpo.

La casa di Jimin non distava molto, due isolati solamente, ma quando si trattava di uscire tardi non amavo andare a piedi.

In un quartiere universitario le feste erano all'ordine del giorno e la prima volta che ero uscito per correre quando il sole era tramontato due ragazzi completamente ubriachi avevano iniziato a rincorrermi urlando di volermi staccare i testicoli.

Da allora sono sempre andato in moto.

Non era ancora tramontato il sole, ma al ritorno sarebbe stata notte fonda e le strade si sarebbero riempite di ragazzi fatti o alticci, gente da evitare.

Jimin abitava in un piccolo trilocale che per uno studente era più che dignitoso: cucina spaziosa, camera provvista di ampia scrivania dove poter studiare in tranquillità e soggiorno dotato di divano, tv e libreria.

Non che io abitassi in un brutto posto, ma sicuramente non avere coinquilini era decisamente meglio per alcune questioni... come ad esempio il poter scopare ad ogni ora del giorno e della notte senza preoccuparsi di non far troppo rumore.

Quando mi tolsi il casco Jimin era già sulla soglia ad attendermi, jeans stretti e maglietta bianca attillata.

Era la prima volta che lo vedevo vestito così, solitamente indossava abiti più comodi per essere a proprio agio nello svolgeva le faccende di casa.

E avrei mentito se avessi negato di apprezzare i vestiti striminziti che metteva in casa: le gambe morbide e pallide, le clavicole sporgenti che ancora portavano i segni rossi e violacei delle mie labbra, le braccia esili...

Ma anche se stavolta indossava qualcosa di meno rivelatorio, la reazione del mio corpo fu comunque quella di perdere un battito.

"Ciao Jungkook."

Mi salutò con voce melliflua, sventolando la mano e sorridendomi felice mentre mi avvicinavo a lui con la giacca in pelle già slacciata.

"Ciao anche a te."

Mi accolse con un bacio ancor prima di farmi entrare ed anche io non attesi oltre prima di prenderlo in braccio ancora una volta, le mani ben strette sulle sue cosce.

Amavo tenerlo stretto a me, mi dava l'impressione di possederlo ancora più di quanto io già non facessi.

Chiuse la porta spingendola col piede e con la voglia di farlo mio ancora una volta non andai nemmeno fino in camera, ma lo gettai sul divano mettendomi sopra di lui.

Con le mani strette sul colletto della mia giacca mi fissò con occhi pieni di desiderio non appena finimmo di baciarci per il bisogno di ossigeno.

"E dire che in realtà ti avevo chiamato per chiederti altro..."

Mi accigliai: fino ad allora non vi era stato null'altro oltre al sesso, tranne una pizza condivisa dopo l'arrivo della fame chimica di Jimin data dall'ennesimo spinello.

Non avevamo mai bevuto qualcosa assieme, non avevamo mai chiacchierato, non avevamo nemmeno mai guardato la tv dopo aver finito l'ennesimo amplesso.

"Mi porti a fare un giro?"

Capii subito si riferisse alla moto e lo guardai incerto: non sapevo che Jimin apprezzasse quel tipo di veicolo, non sapevo nemmeno volesse andar via perché mi aveva semplicemente scritto se potevo andare a casa sua.

"Hai un casco?"

Annuì sorprendendomi di nuovo e dopo un primo attimo di tentennamento mi alzai a malincuore.

Avrei amato poter stare sopra di lui ancora un po', ad ammirare le sue guance rosse di eccitazione mentre spingevo in lui.

"Va bene, dove vuoi andare?"

"Dove vuoi tu."

Due minuti più tardi eravamo già in sella, io davanti e lui dietro che mi stringeva i fianchi mentre guidavo a velocità sempre più alta su sua richiesta.

Voleva sentire l'adrenalina serrargli la gola, voleva sentire quelle farfalle nello stomaco date dall'eccitazione dei chilometri, voleva il vento contro le braccia così forte da quasi far male.

Ed io altro non potei fare se non accontentarlo mentre mi godevo le sue mani calde infilate sotto alla mia giacca e poggiate sul mio ventre.

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SPAZIO POLIPETTA 🐙

Prima volta che la nostra coppietta non scopa, incredibbbbbbbile

Kiss Cam [KOOKMIN]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora