Era un grande giorno per la squadra di pallavolo dell'Istituto Superiore Karasuno: i giocatori, difatti, si trovavano nel palazzetto in cui si sarebbe disputata, di lì a poco, la partita finale tra la loro squadra e la favorita per la vittoria, la Shiratorizawa.
Hinata, nelle settimane precedenti a quel giorno, non aveva ricevuto chissà quale bella prima impressione da parte di quella squadra, la quale a lui risultava completamente nuova, sia grazie alle parole che Oikawa aveva speso sul loro capitano, sia in seguito ai diversi casuali incontri avvenuti con quei giocatori.
Del loro capitano, Hinata ricordava un'espressione perennemente seria ed un nomignolo particolare ed alquanto ambiguo letto e riletto in praticamente tutte le riviste del Monthly Volleyball, e quando si era ritrovato ad incontrarlo dal vivo, non gli era stato difficile comprendere il perché fosse stato selezionato per la Nazionale Giapponese.
Altri individui che non difficilmente saltarono ai suoi occhi nocciola furono sicuramente 'il centrale dai capelli color mestruo e l'espressione da psicopatico' e 'l'alzatore del secondo anno che dai modi sembra la copia sputata di Kageyama che ha deciso di tagliarsi la frangia al buio e da ubriaco'; queste furono, più o meno, le sue prime impressioni.
Durante quei giorni, in cui avevano affrontato e vinto un bel numero di match per arrivare a quel fatidico momento, Shoyo quasi aveva cercato di allontanare dalla sua mente con tutto se stesso il pensiero che avrebbe dovuto affrontare quei soggetti e vincere, se fosse dovuto arrivare ai Nazionali, e ne aveva tutte le intenzioni.
Di vincere, si intendeva; di giocare la partita, dopo che i suoi poveri timpani si erano prostrati per chiedere pietà davanti ai cori della Shiratorizawa, vi era un'enorme probabilità fosse ancora titubante.
Tuttavia anche il suo piccolo cervello riusciva a riconoscere che, se avesse voluto vincere, non vi era altra scelta che giocare la partita; ormai il suo destino era stato già scritto, e lui non poteva farci un granché, se non rassegnarsi.
Si era pertanto rannicchiato in un angolo posto in uno dei numerosi corridoi che costituivano quel labirinto, altresì definito palazzetto, pur di non far prendere il sopravvento alle sue emozioni e rischiare cominciare con il piede sbagliato quella partita e di rovinare quell'occasione, nonché l'ultima per i suoi senpai del terzo anno, che li avrebbe portati ai Nazionali.
Il suo esile corpo era scosso appena da un tremolio che il rossiccio si stava impegnando a frenare, il capo seppellito tra gli avambracci posati in cima alle ginocchia, mentre rifletteva su quale fosse la scelta più saggia da prendere in quel momento: iniziare a piangere e ad urlare, o scappare lontano da quel posto e non farsi mai più rivedere.
Stava proprio pensando a quale potesse esser il posto perfetto per soggiornare per una durata di almeno 4 o 5 mesi, quando improvvisamente percepì qualcuno toccargli la spalla e farlo riscuotere da quel turbine di paranoie che stava divorando ogni minuscolo pezzettino della sua razionalità e calma, qualità che, già in situazioni definibili normali, decisamente non lo caratterizzavano.
"Oi, ma che ti prende? Hai di nuovo mal di pancia?" gli chiese con una punta di preoccupazione e disappunto una voce che sarebbe riuscito a riconoscere in ogni dove, mentre racimolava una grande quantità di coraggio per alzare il capo da quella piccola tana che aveva costruito con le sue stesse braccia per far incrociare le sue iridi ambra con quelle blu che lo scrutavano dall'alto.
"No, il mal di pancia al momento è l'ultimo dei miei problemi" rispose, il tono così pacato e flebile da non calzare assolutamente a pennello con la sua personalità esplosiva e radiante, mentre univa le manine debolmente e si rigirava i pollici, gli occhi sgranati ed un sorriso accennato di chi sembrava esser tornato in guerra e non riusciva a capacitarsi degli scenari terribili a cui aveva assistito.
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My Little Sunshine~ KageHina ||Completata||
Fanfiction'Voglio assolutamente alzare a quelle schiacciate' si ritrovò a pensare, stupendosi poi di se stesso. In realtà c'era molto di più del semplice voler alzare a quel ragazzino. C'era un motivo più profondo se il cuore per un attimo si era fermato per...