하나

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Le luci biancastre, a riflessi gialli, della metropolitana tremolavano ad intermittenza, rendendo l'ambiente quasi macabro. La superficie dei sedili non era sicuramente paragonabile alla morbidezza di un materasso, la testa ancora gli pulsava e le membra dolevano.
Provò a muoversi ma una fitta lo attraversò, costringendolo a un mugugno di sofferenza. Non riusciva ad alzare il busto per sedersi, nonostante avesse gli occhi chiusi percepiva lo spazio intorno a lui girare vorticosamente.
Rinunciò a sedersi, stendendosi, invece, più comodamente. Mantenendo le palpebre serrate si costrinse a ricordare, l'emicrania persistente complicava l'intento, ma lo portò a termine in breve tempo.
Si mise finalmente a sedere con un sommesso mugolio dovuto allo sforzo. Era sicuro di aver perso la fermata, probabilmente era giunto ad un capolinea chissà quanto lontano da Gimpo, forse persino da Seul.
Si massaggiò le tempie con gli indici, premendo per alleviare il dolore. Poi tentò di aprire gli occhi, se era veramente lontano da casa doveva capire esattamente dove e come tornare il più in fretta possibile.
Socchiuse le palpebre, la luce bianco sporco del vagone era ancora accesa, un fatto strano per una metro ferma al capolinea. Suppose fosse per non lasciar brancolare nel buio i controllori.
Ignorando la morsa alle tempie fece leva con le braccia per alzarsi, dovette rinunciare subito. La vista gli si appannò, facendolo ricadere pesantemente sui sedili. Gli si mozzò il respiro per il colpo subito.
Aspettò qualche minuto prima di ritentare.

Prese fiato e strinse la mandibola in una smorfia sofferente.
Circondò con un braccio lo stomaco torturato dalla morsa della nausea, che nemmeno lui sapeva dovuta a cosa. Strinse il tessuto della felpa tra le dita cercando conforto. Si sporse verso un sostegno di metallo, riuscì ad afferrarlo prima di cadere, si issò.
Finalmente alzato e stabile si concesse degli istanti per osservare il vagone: completamente deserto.
Acquisito il pieno controllo dei propri arti, esplorò anche i vagoni adiacenti. Ottenne lo stesso risultato.
Un brivido gli scivolò lungo la spina dorsale, aveva un pessimo presentimento, aumentato dalla somiglianza della situazione con i classici film dell'orrore.
Si guardò intorno terrorizzato, tese le orecchie, ma sentiva solo il suo respiro rapido e irregolare.
«Minho respira, lentamente.» appoggiò le mani sul petto accompagnando i respiri, ora più ritmati e profondi. Si calmò.
«Bene, ora vediamo come uscire da qui.» si diresse verso una delle porte automatiche.
Premette il pulsante per l'apertura, ma non ottenne alcun risultato. Passò a quella successiva, poi quella dopo ancora, continuando a collezionare un fallimento dopo l'altro.
Guardò fuori da un finestrino, cosa che si era dimenticato di fare preso dal panico iniziale. Nero, solo buio. Doveva trovarsi in una galleria, perciò non aveva modo di uscire anche con le porte aperte. Era in trappola.
Disperato si mise le mani tra i capelli, sfregando i palmi contro la cute.
Decise di sedersi e aspettare novità. Non aveva nemmeno con se le sue cose, lo zaino era sparito insieme al contenuto, stupidamente non aveva il telefono nella tasca dei pantaloni. Pensò gliele avesse rubate qualcuno mentre era incosciente, un classico in una metro vuota.
Passò il tempo contando le porte, passeggiando, finché le luci non si spensero. Però nessuno si era fatto vivo, nessuno aveva controllato i vagoni.
Il nervosismo tornò a tormentarlo, si distese sui sedili tentando di prendere sonno, annegando la paura nella stanchezza. Per qualche ora funzionò, poi un rumore indistinto lo fece destare con l'ansia rinnovata.

Le luci si accesero senza preavviso, forse stava arrivando qualcuno.
Dall'estremità posteriore del mezzo si propagò un rombo metallico, le porte cigolarono per lo spostamento d'aria. Gli appigli dondolarono quando la metro riprese a muoversi, Minho, che si trovava in piedi, cadde sul pavimento. Il suo corpo non fece rumore, come se nulla fosse successo, il dolore lo percepí ugualmente.
Si rialzò, aiutandosi con i sostegni metallici, avanzò verso il primo vagone. Voleva capire il prima possibile dov'era diretto, se si fosse trovato nel primo vagone avrebbe dovuto aspettare di meno per vedere la prossima fermata.
Si sedette attendendo l'arrivo.
Il tempo passava ma il movimento rimaneva invariato, tralasciando alcuni rallentamenti precedentemente alle curve nelle gallerie, la metropolitana aveva continuato il suo viaggio a velocità costante.
«Se fosse un sogno?» ragionò alzandosi e riprendendo a camminare nervosamente per il vagone «In questo caso dovrei trovare un modo per svegliarmi.»
Si guardò intorno, nulla di particolare, un comune vagone facente parte di una comune metro, se non fosse per il fatto che era completamente vuota, viaggiava senza passeggeri.
Analizzò interamente il mezzo un paio di volte, rimanendo puntualmente deluso. Nulla lasciava presagire che si trattasse di un sogno, esattamente come nulla desse la certezza che fosse reale.
Tornò a sedersi in testa alla metro, appoggiò la testa contro il finestrino opaco, il contrasto tra il buio dell'esterno e i suoi capelli arancioni illuminati dalle luci giallastre era realistico. Chiuse gli occhi.

소리꾼 || Thunderous© [skz]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora