134 15 4
                                    

Durante il periodo in cui rimase bendato prestò molta attenzione ai rumori circostanti, la ghiaia smossa dalle scarpe lasciò il passo a delle piastrelle lisce. Lo spazio in cui erano entrati gli parve ampio, la suola che batteva sul pavimento produceva un lieve rimbombo tutt'intorno.
Camminava lentamente in linea retta, la mano poggiata sulla sua spalla, del ragazzo biondo dietro di lui, lo sospingeva sempre più all'interno di quel luogo.
Era tutto estremamente surreale.
Minho si chiese nuovamente se non fosse tutto un sogno, sperava di risvegliarsi ancora sul sedile della metro diretta a Gimpo.
I pensieri vennero fermati di colpo dalla mano che lasciava la sua spalla, ebbe un tremito, non sapendo cosa fare da quel momento, sentendosi abbandonato.
Un ulteriore spavento lo colse quando una porta, che doveva essere di metallo spesso, venne sbattuta alle sue spalle. Sentì il tintinnio delle chiavi girare, numerosi lucchetti scattare e infine un rumore elettronico, seguito da una voce registrata che confermava la chiusura della porta. La tipologia di paura che provava cambiò: ora si sentiva in trappola.
La mano tornò a spingerlo, poggiata sulla schiena, ora con più forza per fargli accelerare il passo.

Inciampò più volte nelle stringhe delle scarpe, che non aveva potuto fermarsi per allacciare. Il ragazzo che lo guidava non sembrava intenzionato a concludere la corsa a breve, Minho invece aveva perso il conto del tempo quando ancora si trovava sulla metro. Non sapeva per quanto era restato incosciente e per quanto la metropolitana era rimasta ferma nella galleria, men che meno sapeva che viaggio era stato costretto a percorrere. Una debole speranza gli diceva che forse quel ragazzo lo avrebbe ricondotto verso casa sua, magari anche solo restituito le sue cose. Nonostante ciò la logica e il buon senso gli dicevano che sicuramente si sbagliava, doveva prepararsi a dire addio alla vita che fino a quel momento riteneva la normalità.
Continuava a camminare in silenzio, attraverso la benda filtrava la luce rossa che aveva visto mentre attraversava il cunicolo. Il fatto di non essere al buio lo rincuorava, era una sorta di monito per assicurare che nessuno si nascondeva, perlomeno agli occhi del ragazzo che lo aveva condotto lì.

Non era mai stato dotato di particolare pazienza, fin da bambino i genitori lo avevano ripreso per questa sua mancanza. Sebbene con il tempo e l'esercizio l'aveva aumentata, ora stava giungendo al termine. Calcolava fossero passati come minimo una cinquantina di minuti da quando era stato bendato, da quel momento non aveva più potuto cogliere un'occasione per fare chiarezza su ciò che gli stava accadendo. Odiava essere tenuto all'oscuro, la sincerità era alla base dell'esistenza umana secondo le sue convinzioni. Invece, da quasi un'ora, era fisicamente all'oscuro dei fatti.
Provò a far intuire al biondino la sua impazienza, fece qualche passo più pesante. Non ottenne alcun risultato. Avrebbe sbuffato per chiarire i suoi gesti, ma fu fermato dalla mano del ragazzo, che gli strinse la spalla facendolo bloccare.
«Ho capito che la situazione ti sta un po' stretta» gli sussurrò freddamente accostandosi da dietro al suo orecchio.
«Ma, se ci tieni così tanto che siano delle catene gelate a stringerti i polsi e le caviglie, continua pure a non collaborare.»
Riprese a spingerlo con più insistenza. Il suo tono non ammetteva repliche, nemmeno l'ironia di Minho ebbe il coraggio di fronteggiare quella freddezza. La minaccia di essere imprigionato lo fece rabbrividire, ma ciò che gli congelò il sangue nelle vene fu che non si preoccupò minimamente di celare le vere sembianze di quello che sarebbe accaduto.

«Tra poco sarò autorizzato a rimuoverti la benda, fino a quel momento non azzardare nulla di cui ti farò pentire.» gli sibilò all'orecchio senza mollare la presa, lo spinse verso il basso facendolo cadere su una sedia.
Minho trattenne un mugugno di dolore, come gli era stato ordinato. Anche se aveva le mani libere non aveva provato a slacciare la benda, troppo spaventato dalle conseguenze o da quello a cui avrebbe potuto assistere.
Percepì il ragazzo che gli passava accanto, forse stava per andarsene, così allungò una mano e richiamò la sua attenzione tirando leggermente la stoffa afferrata. Lui lo assecondò raggiungendo l'altezza del suo viso.
«Cosa c'è adesso? Ti ho detto di non fare mosse incoscienti.» sussurrò acido.
«Come ti chiami?» chiese Minho, ma il ragazzo fece per alzarsi.
«Per favore fammi sapere il tuo nome, mi sembri qualcuno degno di fiducia.» l'interpellato sbuffo.
«Sbagli a tentare di conoscermi.» si piegò nuovamente verso Minho.
«Why are you acting like you know me, though I don't even know myself.*» rivelò con una punta di tristezza nella voce.

소리꾼 || Thunderous© [skz]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora