25. L'Assassino e Osiride

244 16 16
                                    

Trigger warning: questo capitolo contiene non-con, perciò i cuoricini sensibili che leggono sono avvisati! 

«E' impossibile non avere nemici, che non nascono dalla nostra volontà di averli, ma dal loro irresistibile desiderio di avere noi.»
- José Saramago


La verità? Non avevo nessun piano infallibile in mente.

Il cuore pompava instancabilmente la mia agitazione, riempiendomi le orecchie di battiti che risuonavano come rulli di tamburi prima dell'inizio di uno spettacolo che non mi sarebbe piaciuto. Avevo ancora le mani incatenate da ceppi pesanti come macigni, mentre le armi appese ai fianchi risultavano difficili da raggiungere o anche solo impugnare se le avessi sfoderate. Questo non significava che non sarei stato disposto ad usarle lo stesso: ero stato allenato a combattere anche nelle situazioni peggiori. E questa era una di quelle. Il problema, però, era che non sapevo di cosa fossero capaci i tre uomini di fronte a me.

«Non voglio essere mangiato, non voglio essere mangiato, non voglio...» Sentii bisbigliare in sottofondo dal ragazzo incatenato subito dietro di me, a cui lanciai uno sguardo con la coda dell'occhio, da sopra alla spalla. Si teneva la testa fra le mani e continuava a guardare il pavimento con gli occhi sgranati, in piena crisi psicotica. Volevo tanto girarmi e urlargli contro che ero io lì, quello che rischiava di essere divorato. Per fortuna evitai di farlo.

Invece, tornai a rivolgere l'attenzione verso la sala che avevo di fronte: l'uomo-cane aveva iniziato a muoversi, incombendo verso di me come una funesta promessa di morte.

Mi sentii fremere le gambe per l'istinto primordiale di reagire, fare qualcosa, qualsiasi cosa. Eppure non osai muovere un muscolo, mi limitai a far roteare le pupille per la stanza in cerca di un'idea.

Ezra?! Rispondi, dove diavolo sei?

Un ultimo tentativo implorante, sperando che il mio guardiano si palesasse proprio al momento del bisogno come era successo tante volte, ultimamente. Strano ma vero: stava iniziando a mancarmi. Mi ero abituato alla sua presenza, al suo mugugnare imbronciato, ai suoi sguardi duri e all'idea che avessi qualcuno su cui contare quando le cose si facevano davvero difficili. Ma non c'era.

E io dovevo fare i conti col fatto che era esattamente come ai vecchi tempi: dovevo farcela da solo. Ero sopravvissuto ad Ender, che era praticamente l'Inferno in Terra. Sarei sopravvissuto anche all'Oltretomba.

L'uomo-cane mi aveva raggiunto. Spinsi le dita sotto ai ceppi, raggiungendo a fatica col polpastrello una perlina del braccialetto magico, schiacciato nella pelle del polso. Era perfino difficile toccarla, per cui dovetti impegnarmi particolarmente usando la punta dell'unghia per ruotarla su se stessa. Quando la mano color carbone dell'individuo mascherato si allungò verso il mio petto, dovette affondare nel nulla. Gli ero scomparso davanti, con un improvviso lampo viola, che crepitò nell'aria come un fulmine a ciel sereno.

La mia intenzione era quella di teletrasportarmi in quel pacifico campo di grano, accessibile solo se superavi l'esame della bilancia, mentre io ero intenzionato a saltare direttamente tutte le procedure e darmela a gambe. Mio malgrado, non fu lì che arrivai. Mi teletrasportai invece fra la fila di colonne e mi bastò un passo per raggiungere l'enorme portone che mi separava dalla fuga. Ero anche libero dalle catene, per cui avrebbe dovuto essere tutto più facile.

Ma ormai dovevo aver imparato che, ogni volta che volevo scappare da un luogo, le porte non si aprivano mai. Era successo nel castello del vampiro, in Transilvania, ed anche nell'hotel maledetto nel Regno del Caos. Dovevo aver compreso la lezione che il destino stava cercando di darmi: diffida delle porte chiuse! Solo che ci speravo sempre.

Le cronache dell'Assassino 2 - I Signori dell'Oltretomba | 𝑩𝒐𝒚𝒙𝑩𝒐𝒚 |Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora