5. L'Assassino e l'alleata

474 29 42
                                    


«Siediti ai bordi dell'aurora, per te si leverà il sole;
siediti ai bordi della notte, per te scintilleranno le stelle.»

- Swami Vivekananda



La prima cosa che vidi fu la luce di troppe fiammelle per poterle contare: i candelabri di cristallo erano sparsi negli angoli della sala da ballo come dei grossi bracci di vetro che luccicavano, facendo rilucere le fibbie delle scarpe dei nobili, i bottoni delle giacche, i gioielli delle dame, o tutti i brillantini nella cipria spolverata sui loro volti. Quella sera, gli arzigogolati motivi scintillanti del mio panciotto sembravano accodarsi al resto degli sfarzosi dettagli, ed ogni volta che piroettavo, pareva che il mondo intorno a me diventasse una girandola di baluginii e piccole, tante, troppe luci.

La ragazza che ballava con me rise forte, facendo ciondolare la testa all'indietro abbastanza da far sfavillare la parure di diamanti sparsa attorno al suo collo, ma io aggrottai la fronte senza capire perché ridesse, senza comprendere perché continuassimo a girare in tondo in una specie di quadriglia senza fine, senza costrutto, senza ragione. Ballavamo ancora, e ancora, fino a farci dolere i piedi, fino a che non mi spinse di lato per cambiare compagno di danza e continuare a seguire lo schema in un loop infinito.

Quando mi scontrai fra le braccia della nuova lady a cui il destino mi aveva assegnato, mi accorsi presto che non era una lei, bensì un lui. Le braccia forti mi rimisero dritto, ma non come per correggere la mia postura sbilenca, piuttosto come se volessero avvolgermi in un abbraccio, tanto che la mia sorpresa non fu così grande quando incontrai il volto di Yul. Lui mi sorrise, raggiante, lasciando formare ai lati delle guance un paio di prevedibilissime ma irresistibili fossette; il mondo aveva, all'improvviso, smesso di essere confuso. Mi sollevò appena da terra afferrandomi per la vita, quel tanto per farmi girare, poi sollevò l'avambraccio e i palmi delle nostre mani combaciarono perfettamente.

Non sapevo precisamente quale passo di danza stessimo portando avanti, sapevo soltanto che lo stavo guardando negli occhi, e lui faceva lo stesso con me, mentre le nostre mani si toccavano e i nostri piedi si muovevano per farci girare in tondo, ancora una volta, seguendo il moto che seguivano gli altri, ballando sulla musica che ballavano gli altri. Ma non durò tanto a lungo quanto speravo: ad un certo punto si staccò, mi prese la mano e, con una piroetta, mi spedì semplicemente al prossimo nobile, senza che io potessi protestare. L'unica cosa che feci fu guardarlo impotente mentre iniziava a ballare con qualcuno che non ero io. E nonostante lo chiamassi, lui non si girava mai a guardare.

«Helias.»

Forse sarei rimasto a fissarlo per tutta la durata del ballo, se solo un paio di mani callose e fredde non m'avessero strattonato per le spalle, forzandomi a dare la schiena al rosso per pararmi di fronte a lui. Un paio di occhi gialli come quelli di un alligatore mi scrutarono dritto, trafiggendomi con lo sguardo, con una tale intensità che ebbi il terrore che m'avessero scavato un buco proprio in mezzo al petto. Le ciocche corvine gli scivolavano accanto alle tempie, una gli lambiva l'angolo netto e sensuale della mascella. La piega delle labbra si sollevò appena verso l'alto in uno di quei sorrisi imperscrutabili che mi facevano ghiacciare il sangue nelle vene, e al tempo stesso arricciare le dita dei piedi per l'avvertimento di quel calore dentro allo stomaco.

Un braccio mi avvolse la vita, il palmo della sua mano si piazzò fra le mie scapole, le dita lunghe e affusolate disegnarono un percorso invisibile lungo tutta la mia spina dorsale, premendo appena sulle vertebre quasi suonasse un piano, un'arpa di cui soltanto lui conosceva le corde. Fui quasi sul punto di sciogliermi, almeno finché non s'avvicinò al mio orecchio: il suo respiro mi solleticò il lobo, cosa che il mio corpo accolse con un brivido elettrico. Però il brivido divenne gelo puro, quando ascoltai le sue parole. «Non puoi scappare da noi.» Non sapevo perché parlasse al plurale, visto che attorno ad Alaister non c'era nessuno. Soltanto io. Eppure, sentii l'irrefrenabile bisogno di mettere distanza fra di noi. Era una sensazione primitiva ed impellente.

Le cronache dell'Assassino 2 - I Signori dell'Oltretomba | 𝑩𝒐𝒚𝒙𝑩𝒐𝒚 |Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora