Al calar del sole, feci salire Hikaru sul porta pacchi della bicicletta. Quando fu ben ancorata, partimmo in direzione dell'arena.Era evidente che il luogo scelto per le sfide parlava esplicitamente della tipologia di gioco che si sarebbe tenuto al suo interno. La ferita di Hikaru, però, non le permetteva grandi sforzi fisici. Dunque, era importante puntare a giochi di squadra o di intelligenza: fiori o quadri.
Alla fine, scegliemmo di entrare in quello che dava l'impressione di essere un alto palazzo di uffici, in cui, quasi sicuramente, una sfida di forza era impossibile da organizzare. Seguimmo le frecce di neon a indicarci la direzione. Prendemmo un'ascensore che ci portò fino al decimo piano. Non appena uscimmo dalla stessa, attraversammo i laser. Camminammo lungo un corridoio centrale, illuminato da luci elettriche. Era costeggiato su ambo i lati da stanze, uffici. Incontrammo, a metà strada, il tavolino bianco e afferrammo il cellulare fra i tanti depositati: tre già ne mancavano. Attivammo il riconoscimento facciale.Più avanti, ad aspettare di fronte a una porta scura, trovammo gli altri tre concorrenti. Erano tre uomini: un adulto, sulla cinquantina, con grigi capelli radi, e due trentenni. Il primo indossava una felpa rossa. Aveva i capelli tinti di biondo e una barba rada. Il secondo, invece, aveva una fasciatura su un occhio, che gli circondava la testa. La carnagione era pallida. Non sembrava stare bene.
Tutti e tre, però, indossavano i braccialetti.Un brivido di paura mi tirò la cute. C'era la probabilità che loro avrebbero collaborato. E, se così fosse stato, saremmo state in due contro tre.
L'aprirsi della porta davanti a noi interruppe il mio flusso di pensieri. Tutti quanti entrammo nella stanza. Si trattava di un'area molto grande. A riempirla vi erano scrivanie da lavoro, disposte orizzontalmente in file da quattro e verticalmente in file da cinque, per un totale di venti tavoli. Doveva essere l'ufficio di qualche brand di profumi, dato che sulle pareti, lasciate libere dalle librerie, erano appese copertine di famose riviste, dove i loro prodotti erano stati pubblicizzati. Ci fu un particolare, però, che attirò la mia attenzione. In un angolo della stanza, in un barile, c'era un fuoco a bruciare, e di fianco, a pochi metri di distanza, una porta blindata con vicino un tastierino elettronico.
Sullo schermo del cellulare apparse la carta "6 di fiori". Haikaru mi guardò sollevata. Io non riuscii a fare altrimenti.
La voce meccanica fuoriuscii dagli altoparlanti:
- Game: sei di fiori, il caveau. Numero di partecipanti cinque. Tempo limite: trentacinque minuti. Scopo del gioco: trovare il codice di sblocco per il caveau. Regole del gioco: è Game Clear se viene utilizzato il giusto codice a cinque cifre per bloccare ed entrare nel caveau prima dello scadere del tempo; si hanno a disposizione tre tentativi per aprire il caveau prima dello scadere del tempo; ogni cinque minuti la temperatura della stanza si abbasserà; nella stanza, c'è un barile con un fuoco acceso che fornisce calore, ma se il fuoco si spegne è Game Over; ci sono cinque indizi fra i tavoli da ufficio per scoprire quale sia il codice; qualsiasi tentativo di fuga o di manomettere i ventilatori si tradurrà in un immediato Game Over.E così conclude. Il timer, apparso sullo schermo dei cellulari, iniziò il countdown. La stanza cadde nel silenzio.
L'uomo più anziano fu il primo ad agire. Si avventò contro la prima scrivania. Aprì i cassetti. Sfogliò le riviste appoggiate sul bancone.
- Come facciamo a trovarli, se non capiamo che indizi sono?
É il ragazzo dalla maglia rossa a parlare.- Sono numeri. Se dobbiamo trovare un codice saranno numeri.
Fu Hikaru a rispondergli spaventata, mentre fissava il tempo scorrere.- È un gioco di squadra. Ci conviene collaborare.
Proposi.-Qui non c'è niente. Sono solo documenti di profumi, con prezzi, ricevute, dosi di ingredienti e riviste. Non ce nulla di utile.
Ci rese noto l'uomo a rovistare.
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Akari's Game [Alice in Borderland fanfiction]
Fanfiction𝘖𝘳𝘮𝘢𝘪, 𝘦𝘳𝘰 𝘨𝘪𝘶𝘯𝘵𝘢 𝘢 𝘥𝘦𝘧𝘪𝘯𝘪𝘳𝘦 𝘤𝘩𝘦 𝘤𝘩𝘪𝘶𝘯𝘲𝘶𝘦 𝘴𝘪 𝘧𝘰𝘴𝘴𝘦 𝘢𝘷𝘷𝘪𝘤𝘪𝘯𝘢𝘵𝘰 𝘵𝘳𝘰𝘱𝘱𝘰 𝘢 𝘮𝘦, 𝘤𝘩𝘪𝘶𝘯𝘲𝘶𝘦 𝘢𝘷𝘦𝘴𝘴𝘦 𝘥𝘦𝘴𝘪𝘥𝘦𝘳𝘢𝘵𝘰 𝘳𝘪𝘮𝘢𝘯𝘦𝘳𝘦 𝘢𝘭 𝘮𝘪𝘰 𝘧𝘪𝘢𝘯𝘤𝘰, 𝘯𝘦 𝘴𝘢𝘳𝘦𝘣𝘣𝘦...