26. 𝑻𝑹𝑨𝑺𝑴𝑰𝑺𝑺𝑰𝑶𝑵𝑬 𝑼𝑹𝑮𝑬𝑵𝑻𝑬

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La luce del sole alta nel cielo, quasi mi accecò.
Penetrò nelle mie iridi per prendere a calci il mio cervello già sovraccarico, tanto che per un istante rividi sopra di me le luci dei dottori, putate nei miei occhi, durante il viaggio in ambulanza, dopo essere stata estratta dalla carcassa accartocciata dell'automobile di famiglia.
Per poco, quindi, non persi l'equilibrio.

Ero certa di essere a un passo dal capire qualcosa di gigantesco; ma cosa? E in che direzione avrei dovuto muoverlo? Dove stavo andando?

"Ricorda, sognare è l'unica libertà che nessuno potrà mai ostacolare"
La voce di Asahi non voleva abbandonare il mio cervello. Lo colpiva ripetutamente. Lo prendeva a calci, tanto da provocarmi fitte dolorose in tutto il carneo.
Resistetti.
Non potevo mollare proprio ora.

Scesi dal sellino, solo quando vidi la medesima entrata sotterranea ripresa in video. Lasciai la bici cadere a terra.

Tirai fuori nuovamente il cellulare dalla tasca e riaccesi il video. Lo usai per ripercorrere la stessa strada mostrata. Dovevo assolutamente raggiungere il covo centrale. Lì, forse, avrei trovato risposte.

Scesi per le scale ripide, verso il basso, e sprofondai nel buio.

Il silenzio regnava sovrano. La calma. Nulla si muoveva, nulla faceva fracasso. Solo giornali, carte e riviste stracciate frusciavano sul pavimento, spinte da ventate d'aria provenienti dall'esterno.
Com'era possibile che lì sotto si trovasse un covo così grande e tecnologico?
Nessun rumore o vibrazione era percepibile.
"Se tutti se ne fossero andati?" Riflettei.
Era probabile.

Proseguii in avanti, soffocata dai dubbi. Seguii alla perfezione ogni singolo passo compiuto dalle ragazze nella registrazione. Perciò, pure io arrivai a calarmi lungo le rotaie ferroviarie, proprio come fece Momoka, e ad addentrarmi verso il cuore sotterraneo di Tokyo.

Non riuscivo ad aver paura, perché ciò che mi stava succedendo in testa mi spaventava assai di più. Avevo l'impressione di sapere qualcosa. Provavo la stessa sensazione di quando ci si sveglia al mattino e si cerca di ricordare cosa si è sognato la notte appena superata. Stavo cercando di connettermi con qualcosa perso fra le tenebre della mia mente. Tendevo le mani, senza riuscire ad afferrare quei ricordi. Li sfioravo e basta.

Camminai al buio, in silenzio e fra dolori fisici per circa un chilometro, prima di scorgere la mia meta in lontananza: la porta.

- Eccola.
Bisbigliai nel silenzio.

Quando la vidi, illuminata dal fascio di luce uscente dalla mia torcia, mi bloccai all'istante.
Ero sicura di ciò che stavo facendo?

Deglutii a fatica. Percepii il petto schiacciato da una montagna intera.

Feci scorrere una mano lungo l'impugnatura gelida della pistola, pronta per qualsiasi evenienza. Poi, mi avvicinai al passaggio, sul quale era appeso il medesimo cartello di avvertimenti. Tuttavia, il pannello adiacente, in cui avrei dovuto inserire il codice, era stato distrutto.
Rimasi perplessa a fissarlo. Cosa significava?
Notai subito che pure la porta era accostata.
Qualcuno voleva che entrassi?

Diedi una piccola spinta con la scarpa alla porta, per lasciar libero l'uscio, che attraversai dopo alcuni secondi di stallo.
Da lì, proseguii dritto attraversando corridoi con condotti d'aria desolati e illuminati da luci di sicurezza appese qua e là.
Continuai verso il basso, scendendo altre ripide rampe di scale, finché non arrivai davanti a uno spiazzo completamente buio.
Compresi nell'immediato che avrei dovuto proseguirvi attraverso; così, feci.
Passo dopo passo, venni di nuovo ingoiata da tenebre fitte e dal silenzio più rumoroso mai percepito. Andai avanti in questo modo, brancolando nel buio per circa cento metri, quando davanti a me, finalmente, si mostrò la base centrale.

Akari's Game [Alice in Borderland fanfiction]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora