5. 𝑳𝑨 𝑹𝑰𝑪𝑬𝑹𝑪𝑨: 𝒊 𝒃𝒓𝒂𝒄𝒄𝒊𝒂𝒍𝒆𝒕𝒕𝒊

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- Qual è l'ultima cosa che ricordi, prima di essere finita qui?
Mi chiese Hikaru nel tragitto per ritornare all'appartamento.

Io e Masaki stavamo scappando, dopo un buon furto in un attico nei pressi del quartiere di Shibuya. Ce la davamo a gambe perché la polizia ci stava alle costole. Ormai, eravamo diventate delle vere e proprie esperte in colpi del genere, ma quella volta qualcosa andò storto. Nell'uscire di scena, terminata la rapina, una donna ci notò e chiamò le autorità. Così, tagliammo la corda come fulmini.
Non potevano prenderci. Se fossi finita in carcere, il mio grande sogno di potermi rifare una vita sarebbe andato in frantumi, sebbene già lo fosse da tempo.

- Ero in un bagno pubblico nella metropolitana di Shibuya. Non ricordo molto. So che all'improvviso la luce si spense e i rumori provenienti dall'esterno cessarono. Quando uscii non c'era più nessuno.

Era vero. Andò proprio così. Io e la mia migliore amica ci dirigemmo verso la zona più trafficata e affollata per far perdere le nostre tracce e, per questo, ci nascondemmo nei bagni della stazione, poco prima del blackout.

- Tu?
Le domandai a mia volta.

- Ero a casa, in cantina. Ero andata a prendere uno scatolone per mia madre, quando sentii i botti di fuochi d'artificio e mi affacciai a una finestrella. Poi, la stessa cosa. Le luci si spensero e tutti scomparvero.
Mi rivelò.

Rimasi sbigottita. Un flash mi ritornò alla mente: anche io, mentre correvo per la piazza antistante l'entrata per la metropolitana, avevo sentito e visto gli stessi fuochi d'artificio.

"E se centrassero qualcosa? Come anche il blackout?" Presi a riflettere.

Quando arrivammo all'ennesimo incrocio, ormai nei pressi del condominio a Nakano, qualcosa attirò la nostra attenzione. C'era una macchina, in moto, con delle persone che vi stavano salendo, in mezzo alla strada.

Inchiodai con la bicicletta. Feci scendere Hikaru e la portai con me in un posto riparato, dove poter spiare, ma senza farci notare.

- Chi sono?
Pronunciò lei a metà fra paura e sorpresa.

Guardai meglio. In totale il gruppo era composto da cinque individui. Parevano come in procinto di ritornare a una base, dopo essersi separati per i game.

"Se fossero altri membri dell'organizzazione con i braccialetti?" Riflettei animata dalla curiosità.

- Penso di avere un'idea...
Ammisi bisbigliando e incantata da quell'immagine.

Da quell'avvenimento in poi, nei giorni successivi, lavorammo in coppia, come una squadra. Raccogliemmo tutto il materiale necessario per venire a capo ad almeno questo dilemma: chi era e cosa sapeva il gruppo con i braccialetti? Perciò, reperimmo binocoli, corde, tute, torce, wolki toki e un'altra bicicletta.

A Hikaru spiegai, la mia teoria. Le feci sapere cosa supponevo di aver scoperto:
- Nella sfida delle Teste di cavallo, se ricordi bene, c'erano un uomo pelato, il suo compare e un ragazzo calmo dai capelli grigi, tra i vari partecipanti. Ho notato che portavano ai polsi uno stesso braccialetto numerato, quasi come se facessero parte di una stessa congrega. E la cosa mi venne confermata quando li vidi salutarsi, durante la partita.
In aggiunta, anche oggi, Yukata, Ryuichi e Natsu avevano lo stesso accessorio. Suppongo esista un gruppo di giocatori organizzato...

- Quindi, stai dicendo, che quelli sulla macchina erano loro?
Cercò di capire lei curiosa almeno quanto me.

- Penso di sì. E ritengo che se riuscissimo a scoprire dove si radunano e dove vivono, forse, troveremmo risposte. Loro potrebbero sapere qualcosa in più riguardo a tutto questo; qualcosa di cui noi ancora non siamo a conoscenza. Yukata, Ryuichi e Natsu, per esempio, ci hanno spifferato qualcosa sulle carte.
Replicai io.

- Affare fatto
Mi sorrise la ragazza, animata dalla voglia di comprendere.

Il piano stabilito fu il seguente, durante i nostri giorni di pausa garantiti dal Visto: osservare gli spostamenti di chiunque avesse indosso i braccialetti, una volta terminate le sfide e capire dove si dirigevano con la carta recuperata.
Scoprimmo presto che le persone, facenti parte di questa associazione, erano molto più numerose del previsto. Attestammo ufficialmente che, dopo ogni game, si ritrovavano in gruppi per ritornare a una sede centrale con veicoli funzionanti, quale quello visto in precedenza.

Ma qual era questa sede?

Durante un'ispezione, Hikaru disse di aver sentito pronunciare da alcuni sconosciuti, diretti verso di essa, la frase "Forza, torniamo alla Spiaggia!". Ma che cos'era questa "Spiaggia"? Dov'era? Cosa nascondeva?

All'ultimo nostro giorno di pausa, finalmente, quando eravamo quasi sul punto di rinunciare, arrivammo a scoprire quale fosse il luogo in questione: un hotel chiamato Tama Pacific Beach. Era collocato su l'isola artificiale di Odaiba, nel quartiere speciale di Minato.
Doveva essere come un raduno di giocatori che vivevano insieme nell'hotel e residence, costruito su di essa. Ma c'era qualcosa di più, perché quando finalmente ci trovammo a scorgere l'edificio, in lontananza, un brivido di terrore mi si arrampicò su per la spina dorsale; brivido che, però, venne interrotto da Hikaru, con le sue parole.

- Che incubi fai di notte? Ti sento, sai, lamentarti.

Quella domanda mi spiazzò. La osservai: non staccava gli occhi da quella struttura lontana, benché sembrasse completamente incuriosita ed estremamente seria.

- Rivivo dei momenti passati. Rivivo il momento della morte della mia famiglia.
Ammisi. Notai sul suo volto un cambiamento nel sentire quelle parole. Spostò gli occhi dal residence e mi guardò come si guarda un cerbiatto ucciso dal cacciatore.

- Alla fine, questi giochi non sono poi tanto diversi da ciò che ho dovuto sopportare nella vita reale. Forse è per questo che ci sono tanto pratica. Non so nemmeno con certezza perché io stia continuando a combattere. Certamente, non per la mia vita. Non mi rimane più nulla in quella vera ormai. Eppure, qualcosa dentro di me brucia. Non la smette di spingermi avanti.

- Speranza. È la speranza ciò che brucia dentro di te, Akari, e la si percepisce dall'esterno. Sei come una fiaccola in mezzo al buio. Tutti l'abbiamo vista, quel giorno, all'ufficio.

La rimasi a fissare. Erano le parole più rivelatrici che avessi mai sentito.

- Non so se...

Il mio discorso venne interrotto, quando vidi tutto nero. Percepii una strana stretta a bloccarmi mani, polsi e bacino.
Scalciai. Ero terrorizzata. Non capivo cosa stesse succedendo.
Hikaru urlava. Non volevo che le venisse fatto del male; non per colpa mia. Eppure, quando riuscii per un attimo a divincolarmi dalla presa e tirare una gomitata a chi si trovava dietro di me, con l'intenzione di soccorrere la ragazza, una botta alla testa, ancora coperta dal sacco scuro, mi fece perdere i sensi.

 Eppure, quando riuscii per un attimo a divincolarmi dalla presa e tirare una gomitata a chi si trovava dietro di me, con l'intenzione di soccorrere la ragazza, una botta alla testa, ancora coperta dal sacco scuro, mi fece perdere i sensi

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Akari's Game [Alice in Borderland fanfiction]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora