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Non sapevo cosa volesse dirmi quell'enorme pantera nera che avevo appena sognato: mi trovavo di fronte una casa molto grande, una villa di color bianco, in un maestoso giardino esterno assai curato, e camminava dritto verso di me questo animale così grande, elegante e sicuro di sé.

Lo guardavo dritto negli occhi, erano di un color dorato molto acceso, e lentamente si avvicinava verso il mio corpo così minuto in confronto al suo, eppure non emetteva un suono, aveva un passo incredibilmente felpato nonostante le sue zampe di una grandezza esagerata.

Quando mi accorsi che ormai la distanza tra me e l'animale era fin troppo breve, d'istinto cominciai a correre, quasi obbligandola ad inseguirmi. All'improvviso mi sveglio da quel terribile sogno.

Apro di scatto gli occhi e toccandomi la fronte la sento totalmente bagnata di sudore, così vado a sciacquarmi il viso per rinfrescarmi e per cercare di riprendermi.

Subito dopo essere uscita dal bagno, mi dirigo verso la libreria di Melissa cercando il libro del significato dei sogni, che avevamo consultato già svariate volte insieme.

Primo ripiano nulla... nel secondo nemmeno... eccolo!
Lo apro e leggo l'indice per indirizzarmi verso la lettera P.
Pagina 387.
"Sognare di essere inseguita da una pantera nera: il sogno significa che una persona a te vicina sta cercando di danneggiarti e tradirti."

Rimango per qualche minuto a fissare il vuoto dopo aver letto quelle parole, provando a capire se negli ultimi giorni avessi avvertito qualche strano segnale da parte di un amico o amica, ma non me ne venivano in mente.

Chiudo il libro, lo riposiziono dov'era e torno in camera a vedere se Ashley e Melissa si erano svegliate, ma dormivano ancora.

Io ormai ero troppo sveglia per rimettermi a letto, così vado in cucina, prendo la macchinetta del caffè dal lavandino, la sciacquo e preparo il caffè. Appena pronto, me ne verso un po' in una tazzina, ed il restante lo metto in altre due piccole tazze da dare alle mie amiche per quando si sarebbero svegliate.

Lo sorseggio lentamente gustandomelo a pieno, non c'è niente di meglio del caffè di prima mattina, e subito dopo mi accendo una sigaretta affacciandomi alla finestra che dava sulla piazza del paese, per evitare di far stagnare troppo fumo nel salone.

Qualche minuto dopo mi affaccio verso la camera e noto che le ragazze si stavano svegliando, così prendo il caffè e glielo porto.

«Buongiorno ragazze, dormito bene?» chiesi io quasi saltellando.

Entrambe mi guardarono con aria confusa, quasi ancora con un occhio chiuso e uno aperto; era strano vedermi così solare di prima mattina.

Ricambiano comunque il saluto e bevono il caffè, e lentamente cominciarono a riprendersi dal sonno.

Nelle ore seguenti ci vestimmo e pranzammo, e nel pomeriggio uscimmo noi tre insieme, in compagnia anche della combriccola di conoscenti con cui esco ogni tanto.

Non ho accennato nulla riguardo al sogno ad Ashley e Melissa, non perché non ne abbia voglia, ma è da quando sono piccola che preferisco tenere sogni ed incubi solo per me, indipendentemente dal significato o se avessero avuto infine un impatto reale nella mia vita.

Passammo un pomeriggio niente male, tranquillo e in piene chiacchiere, ma ripensandoci durante la sera stessa, avevo un immagine nella mia mente che non riuscivo a togliere e non sapevo perché.

Poche ore prima, una ragazza del nostro gruppo di nome Sophie, si fece venire a prendere dal fratello più grande per tornare a casa, e quando questo ragazzo si fermò davanti il luogo dove ci trovavamo ed aspettava la sorella che si preparasse per andar via, mi fissò per tutto il tempo.

Non fu neanche un minuto, ma giuro che sembrava un infinità di tempo.
Non lo vedevo con chiarezza, era dentro la macchina con i finestrini chiusi, ma ero certa che mi stesse guardando con due occhi color nocciola.
Ricambiai lo sguardo, ma con espressione scocciata, non sopporto quando le persone mi fissano e non hanno niente da dirmi.

Finalmente qualche attimo dopo, Sophie ci salutò e salì in macchina, così che il ragazzo potè ripartire e smettere di mettermi ansia.

Quella scena mi rimase impressa nella mente e non voleva andarsene, chissà che aveva tanto da guardare.

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