Capitolo 18. Memoria II

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«Abbassa la pistola, spia di Misaki.»

Tutti ci bloccammo sul posto, gli sguardi fissi sul piccolo sorriso divertito sulle labbra di Logan. Lo guardai confusa con ancora la mano di Loraine nella mia direzione, i miei occhi tornarono per un attimo su di lei mentre mi allontanavo per poter osservare meglio il mio coinquilino.

Il suo divertimento, la leggerezza con la quale prende la situazione come se non fosse per niente spaventato, irritò Reed che dal canto suo sembrava turbato e anche profondamente incazzato. Non ci pensò due volte ad abbassare la pistola, una vena gli pulsava sul collo mentre la riponeva nella tasca sulla cintura in pelle. Gli si avvicinò di un passo chiudendo le mani in due pugni che Logan osservò con un sopracciglio alzato, il pensiero che la sua provocazione fosse riuscita sembrava soddisfarlo.

Non distolsi lo sguardo da lui nemmeno per un attimo. Cosa vuol dire? Sei davvero una spia di Misaki? Quella Misaki...? Cos'hai a che fare con la donna che ha ucciso la parte umana di mio nonno? Milioni di domande mi assalirono, la mia espressione confusa divertì Leonore che sembrava non volersi allontanare da me. Sporse le labbra nella mia direzione sussurrandomi che sarebbe stato divertente.

Che vuol dire? Deglutì, le labbra di Reed si mossero dopo un'infinita guerra di sguardi.

«Non so di cosa parli». Disse soltanto.

Logan lanciò un'occhiata a Leonore, lei annuì debolmente prima di aprire le labbra rosse in un sorriso raggiante. La osservai vogliosa di informazioni.

«Alcuni non umani riescono a leggere i messaggi nascosti all'interno dei libri, criptare quelle parole quasi invisibili per tutti, notare i più piccoli dettagli è una dote che mi rende la favorita dei medici..» parlò quasi come se se ne vantasse. Feci una smorfia. «Logan mi ha parlato dei suoi dubbi verso la nostra presidente, chiedendomi poi di leggere i libri di medicina di Darcey Banks. Mi ha anche detto che tu, Gwen, hai avuto l'onore di parlarci.»

In un secondo diventai la protagonista della situazione, Reed in particolare sembrò deciso a scavarmi dentro con quelle sue iridi blu, tentai di non mostrarmi spaventata mentre annuivo lentamente. Leonore si portò una mano sulla croce, era un gesto che faceva spesso, e i suoi occhi castani guardarono Logan seduto sul gradino delle scale che portavano al piano di sopra.

Continuò. Le sue guance si tinsero di un timido rosa. «Quando l'ho letto mi sembrava impossibile, eppure non credo che stesse mentendo. Gwen, Misaki Matsumoto ha trovato la cura.»

La cura. Ciò per cui mia madre si è laureata in medicina e per cui ha dedicato la sua adolescenza e intera vita. Ciò a cui tutti i medici e scienziati hanno ambito per anni. La cura, qualcosa che avrebbe potuto risolvere la questione dei non umani e non mettere le vite di bambini, adolescenti e anziani in pericolo. Deglutì scuotendo la testa. Se ci fosse stata davvero una cura l'avrei saputo, l'avremmo saputo tutti. Rabbrividì saettando lo sguardo verso Logan, i suoi occhi mi stavano già fissando mentre si passava una mano tra i capelli neri. Sembrava volermi dire: fidati. Riportai l'attenzione su Leonore.

«È impossibile. Avrai letto male, e comunque è anche impossibile che esista una cura, non ci sono testimoni che possano confermare le tue parole. È una pazzia.»

Leonore rise. «Non ci sono testimoni... dici

I suoi occhi non guardavano me, bensì Reed. Seguì il suo sguardo e solo allora notai il volto pallido del soldato, gli occhi sgranati e il sudore sulla sua fronte. Il panico si impossessò del mio corpo.

«Come fai a saperlo?» Domandò deglutendo, gli occhi increduli fissi sulla ragazza.

«Nel libro vi sono scritti tutti i nomi dei testimoni, compreso il tuo Reed Nyree.» Accarezzò il suo nome assottigliando lo sguardo da cerbiatta. Poi serrò la mascella sospirando pesantemente. «C'è una parte negativa in tutto questo.»

«Quale?» Mi feci avanti senza che me ne rendessi conto.

«Le mie informazioni arriveranno alla base centrale della presidente tra qualche minuti, nel giro di qualche giorno lei saprà tutto e ci darà la caccia per tirarci fuori la verità e... ucciderci».

«Non scherzare.» Ringhiai. Rimase in silenzio con la testa china. Cercai Reed con lo sguardo, lui mi guardava con un'espressione che non riuscì a decifrare.

Mi avvicinai a lui di un passo indicando Leonore. «Ma senti cosa dice? Come le permetti di infangare il tuo capo?» Urlai rivolgendogli un'occhiata rabbiosa. Lo guardai serrare la mascella e passarsi una mano tra i capelli rossi sbuffando.

«È la verità».

«Non scherzare anche tu.»

«È la verità, Gwen.»

«No. No che non lo è!» Gridai senza mai distogliere lo sguardo da lui. «Misaki è un'assassina non un eroe, non ascoltare Loraine. Non sa di cosa parla.»

Scosse la testa con veemenza. «No».

Serrai i pugni. «Sì. Sì Reed, lo è.»

Il suo sguardo indugiò sul mio, un'espressione triste si impossessò del suo volto. «So della storia di tuo nonno, mi dispiace davvero tanto, ma non è stata lei. La cura esiste, l'ho vista io stesso. Ma la Misaki che conosci tu non è mai esistito, non ucciderebbe mai nessuno. Lavoro per lei da molto tempo, ci ho passato pomeriggi interi da poter garantire che è una brava persona.»

La ragazza accanto a me annuì leggermente.
«È stata la presidente. Reed ha ragione.»

«Dobbiamo andare via». Proruppe una voce dietro di loro. Mi bloccai osservando Logan che a passo lento si avvicina al centro della stanza. I suoi anelli luccicano sotto il lampadario. «Abbiamo davvero poco tempo per andarcene, massimo due giorni e sarà troppo tardi per tutti.»

Reed annuì. «Vi porterò da Misaki, saremo tutti al sicuro lì.»

«In che modo?» Chiese Leonore confusa.

«Ho un furgone.» Rispose soltanto. I suoi occhi blu osservarono la ragazza per un paio di secondi, strinse le labbra. «Scusa, non posso darti troppe informazioni. Qualsiasi cosa ti dica tu la memorizzerai e sarà inviata in automatico alla base, è pericoloso farti conoscere tutti i nostri futuri movimenti.»

«Che... che state dicendo?» chiesi.

«Portate tutto con voi.» Reed afferrò con foga il suo cellulare digitando qualcosa. Logan e Leonore si scambiarono una veloce occhiata.

«Andrà tutto bene.» Disse il ragazzo dai capelli neri guardandola dritto negli occhi, lei sorrise e per un attimo le sue iridi brillarono di un sentimento che mi spaventò.

«Gwen.»

I miei occhi corsero alla porta che dava al salotto, mio padre mi stava osservando serio in volto. Corsi verso di lui ignorando gli sguardi dei tre ragazzi alle mie spalle, poggiai le mani sulla sua vestaglia mentre le iridi verdi mi scrutavano il sorriso che avevo messo su. Sentivo la testa vorticare e la nausea aumentare ad ogni secondo che passa. Lo sguardo di mio padre si ammorbidì, il mio sorriso divenne più spontaneo mentre mi rilassai sotto il tocco delle sue dita sulla mia guancia.

«Ho ascoltato».

Il mio sorriso si spense. Gli occhi mi si riempirono di lacrime come se qualcuno avesse premuto un pulsante per farle uscire. Non avevo intenzione di scappare così dal nulla e lasciare mio padre da solo. Ho dedicato tutta la mia vita a lui e al suo bene, la persona di cui più mi fido e a cui darei la mia vita in mano senza pensarci due volte.

«Va tutto bene», mi spinse la testa verso il suo petto, respirai il suo odore mentre piansi in silenzio. «se davvero esiste una cura non esitare.»

«Non voglio lasciarti da solo». Sussurrai.

Sorrise. Le iridi verdi luccicarono. «Ce la faccio.»

Scossi la testa.

«Sei testarda come tua madre...» mormorò. «Ma ti adoro lo stesso. Fai di questo tuo difetto una virtù, mia piccola Gwen.»

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