Capitolo 26. Darcey Banks II

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Questo capitolo verrà narrato in terza persona.

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L'apparenza inganna, si è sempre saputo, ma il mio pensiero di evitarti è rimasto seppellito nei tuoi capelli scuri.
Eppure non sono io quello che piange adesso, tutte le tue fattezze da ribelle testarda si sono impigliate tra le mie catene lasciandoti nuda, in balia dei morsi della verità.
-Logan Cothran

***

Reed camminava a passo lento, accompagnato da un ragazzo poco più piccolo di lui, tenendo strette fra le dita affusolate un mandato che senza accorgersene aveva riempito di pieghe.

Con gli occhi color oceano osservava le pareti alte del posto che l'aveva accolto da adolescente. La sua seconda casa. Spesso scuoteva la testa pensando che chiuqnue avesse nascosto i buchi sui muri con miseri dei quadri non era stato sicuramente l'essere più brillante lì dentro.

Poi, troppo preso a guardarsi intorno, quasi inciampò sui suoi passi quando a pochi metri da lui intravide una folta chioma rossa che si dirigeva proprio nella sua direzione. Riportò lo sguardo al ragazzo accanto a lui fingendo di ascoltare con notevole interesse un discorso che non aveva seguito fin dall'inizio, ogni tanto si limitò ad annuire e accennare un sorriso che durava solo millesimi di secondi.

«Sai, sono contento del fatto che hai deciso di sostituire Caleb. Senza offesa per mio fratello ma avevo proprio bisogno di parlare con te, amico mio...»

Reed si passò una mano tra i capelli. «Nate, è successo qualcosa mentre sono stato via? Attacchi a sorpresa? Il nemico ci ha individuato?»

Nate scosse veemente la testa allungando le mani in avanti «Woah calmati... volevo solo parlare con un caro amico, sei l'unico con cui interagisco in questo inferno.»

Le sue parole che sarebbero dovute risultare divertenti ebbero solo l'effetto contrario su Reed, sentire parlare in quel modo del posto che lo aveva salvato da un ragazzino di sedici anni gli aveva fatto serrare i pugni e distogliere lo sguardo. Se Nate lo avesse notato non lo diede a vedere, continuò imperterrito a raccontare di come era stato punito da una guardia fidata di Caleb per aver commesso una banale infrazione alle regole, di come avesse mancato ai suoi doveri tutto per vedere una ragazza arrivata da soli tre mesi di nome Melanie.

«... Cazzo, è fantastica amico, spero di poter scappare con lei lontano da tutta questa merda un giorno, mettere su famiglia e dormire insieme abbracciati sul nostro letto matrim-» Nate si ritrovò con le spalle al muro, i capelli castani scompigliati e gli occhi spaventati color miele spalancati, nelle iridi dilatate il riflesso del viso contorto dalla rabbia di Reed lo fece immobilizzare.

Rimasero lì, fermi con il respiro affannoso, a guardarsi negli occhi trasmettendo con lo sguardo ciò che la bocca non riusciva a dire. E Nate la vide, impercettibile ma presente, una lacrima che racchiudeva qualcosa di importante incastrata nella pelle di Reed, ma non disse niente perché sapeva che se glielo avesse fatto notare lui gli avrebbe fatto credere che non fosse mai esistita. E per questo rimase in silenzio a prendere fiato con le labbra schiuse mentre il suo più caro amico lo teneva fermo, con la maglietta stretta nel palmo della sua mano.

«Scusa...» biascicò socchiudendo gli occhi, la mano destra gli tremava mentre la posava lentamente su quella del ragazzo dai capelli rossi. «... Scusa, sono stato un incosciente. Mi dispiace... mi dispiace, non l'ho fatto con cattiveria... io, scusa, scusa amico... sono solo innamorato di lei»

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