Il ragazzo con le catene era strano.
E non l'avevo capito grazie al suo inusuale abbigliamento o ai suoi discutibili modi di fare, in realtà credo che anche da umano sia sempre stato così. La stranezza a cui mi riferivo stava nei piccoli dettagli che avevo notato durante l'ora di pranzo, poche ore prima la chiamata inaspettata di mia madre dove mi chiedeva di parlare con Logan.
Non capì subito a chi si riferisse, ma la delucidazione arrivò pochi istanti dopo.
«Ho bisogno di sapere se vi sono stati miglioramenti, per favore tesoro fammi parlare con lui.» Spiegò in tono tranquillo.
Al suono delle sue parole feci una smorfia ma non replicai, nonostante la mia evidente confusione, così cedetti il telefono al ragazzo a pochi metri da me e tornai in cucina a preparare il pranzo. Non appena servì il cibo fu allora che le vidi: le sue mani pallide tenevano in modo malfermo il cucchiaio che portava alle labbra e ne ingurgitava il contenuto.
Osservai piegando la testa di lato nello stesso istante in cui una ciocca di capelli gli ricadeva sulla fronte.
È bravo a mantenere il controllo delle sue espressioni facciali, ma non tanto da gestire il tremolio delle sue mani. Logan.
Notai con piacere il modo in cui il suo nome gli calzasse a pennello quasi fosse creato apposta per lui; i suoi genitori sapevano che quel nome in futuro avrebbe descritto a pieno la sua personalità?
A quel pensiero smisi istintivamente di mangiare e lasciai cadere il cucchiaio sul piatto con un tonfo, il ragazzo di fronte a me sollevò di scatto la testa attirato dal rumore e puntò le sue iridi sulle mie. Abbassai lo sguardo sentendo un improvviso vuoto crescere al centro del petto prendendo consapevolezza che deve aver già perso maggior parte, o forse tutti, dei ricordi iniziando da quelli dell'infanzia.
Che viso hanno i suoi genitori? Cosa avevano provato quel giorno?
Mi feci forza e fissai i miei occhi nei suoi, già intenti ad analizzare il mio comportamento anomalo, il mio respiro prese a velocizzarsi quando lo vidi irrigidirsi sul posto. Pregai in silenzio che non facesse domande lasciando che le mie emozioni fluissero tra di noi in totale silenzio, ma lui, o forse io suo senso del dovere, decise che non sarebbe andato come avrei voluto.
«Qualche problema?» Chiese sussurrando; scossi lentamente la testa forzando un sorriso che non avrebbe dovuto destare sospetti, ma era difficile visto che il suo viso si faceva sempre più vicino al mio.
«No.» Risposi afferrando con naturalezza il cucchiaio che avevo allontanato. «Stavo pensando ad alcune cose, scusa se ti ho fatto preoccupare. Riprendi a mangiare adesso.»
«Stai mentendo?»
Quella sua domanda a bruciapelo ebbe lo stesso effetto del fare una doccia con l'acqua gelida. Mi pietrificai sul posto incapace di muovere un muscolo fino a quando non avvertì il suo fiato scontrarsi contro la mia pelle, sentì una goccia di sudore scivolare lungo la spina dorsale e un ghigno prendere lentamente forma sulle mie labbra.
«Calmati e non usare parole di cui non conosci neanche il significato.» La mia minaccia fu vana, avvertì i muscoli irrigidirsi a causa della pressione dei suoi occhi scuri come la cenere che mi incatenavano sul posto.
«Dire deliberatamente il falso, alterare o falsificare consapevolmente la verità, nascondere delle informazioni. Ho studiato le tipiche anomalie comportamentali di chi mente, in questo momento le tue emozioni umane ti rendono un libro aperto a chi possiede un occhio come il mio.» Spiegò pragmatico.
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Cupid's Match
FantasyA causa dell'evoluzione della specie umana sono stati introdotti nuovi sistemi per consentire all'uomo di riflettere con più attenzione sulle sue azioni e poche occasioni di scegliere bene il cammino verso il proprio futuro. A capo di tutto vi è una...