Capitolo 5. Lo specchio dell'anima - III

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«Guardali negli occhi. Negli occhi Gwen...» sussurrò mia madre con la bocca accostata al mio orecchio e le sue iridi puntate sull'essere davanti a noi.

Il mio sussulto quando venni spinta in avanti fu come uno squarcio nel cielo, laddove la paura inghiottì le corde vocali. Spalancai gli occhi alla vista di due mani piccole e sgraziate; riuscì ad intravedere facilmente le vene bluastre al di sotto dello strato di pelle bianco come latte.

Mi morsi con forza il labbro inferiore, troppo timida e spaventata per azzardare un contatto fisico o per riuscire soltanto a guardarlo in viso così rimasi ferma a fissare la punta delle mie scarpe sperando che la sensazione negativa che mi artigliava lo stomaco si sarebbe dissolta, ma mia madre era insistente.

«Devi guardarla» mi ordinò, stavolta risoluta, con tono duro e prepotente della sua voce che fece vibrare ogni mio nervi servì a farmi guardare in alto

E fu allora che vidi.

Rimasi sorpresa quando scoprii che si trattava di una una lei: la pelle bianca quasi fosse morta, i lunghi capelli rossi legati in due trecce che le sfioravano le natiche, e gli occhi azzurri che parevano due lapislazzuli.

Deve avere tredici anni. Osservai in silenzio, se ne stava ferma con le braccia sospese lungo i fianchi, il corpo minuto coperto solo da una vestaglia bianca che la rendevano più simile a un angelo.

«L-lo sto facendo..» balbettai piano forzando le corde vocali.

«No.» Ribatté invece lei afferrandomi la mano sinistra e costringendomi con forza a posarla sulla guancia del non umano.

Era così fredda che la mia mano bruciò; sussultai mentre il corpo veniva scosso da brividi di freddo misti a quelli di paura, ma la presenza di mia madre riuscì a rendere in qualche modo tutto più sopportabile.

«Avvicinati..» sussurrò addolcendo il tono.

«Cassie non ti farà niente, vuole solo essere capita

Incrociai i miei occhi con quelli spenti della ragazza e l'impatto del suo sguardo bastò a farmi venire il voltastomaco; osservai le sue pupille allargarsi a ridursi più volte, respirava piano e dovetti concentrarmi per vedere il suo petto alzarsi e abbassarsi, ma del resto non riuscivo ad intravedere nessuna traccia di emozioni umane.

«Non vedo niente..» dissi con l'amaro in bocca, nonostante ci avessi provato più volte continuavo a non scorgere nulla.

Mia madre poggiò una mano sulla mia spalla allontanandosi di poco.

«Imparerai col tempo.» Mi rassicurò calma passandosi una mano tra i capelli.

«Quando un giorno ti troverai a dover passare una situazione del genere ricorda solo una cosa..» disse dandomi le spalle mentre la sua mano si chiudeva attorno a una siringa.

«Gli occhi sono lo specchio dell'anima.»

Avevo dieci anni quando mia madre mi portò per la prima volta nel suo studio: non mi aspettavo che avrebbe creato l'esatta copia del salotto di casa nostra, a quanto pare il comfort non era un optional, l'unica cosa fuori posto era Cassie. La mia prima e ultima prova di tentare di capire quelli come lei era fallita e quella fu anche l'ultima volta che misi piede nello studio di mia madre.

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