Capitolo 4.

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Aprii lentamente gli occhi e mi guardai intorno: ero su una panchina, fuori dal locale.
La musica che veniva dall'interno era sparita, e questo mi mandò nel panico.
Che ore erano?
«Cazzo, che male» bofonchiai non parlando con nessuno in particolare, riferendomi alla testa che mi scoppiava.
«Parli da sola?» disse una voce vicino a me che mi fece sobbalzare.
«La smetti di farti trovare vicino a me ogni volta?»
Si avvicinò leggermente e, sistemandosi il ciuffo nero da un lato, accennò un ghigno.
«Forse è il destino»
«Ah ah» dissi fingendo di ridere.
Aspetta un attimo...
«Federica!»
«Urli sempre?»
«Senti ma si può sapere che vuoi?»
«Aiutarti, magari?»
«E aiuti sempre le sconosciute?»
«No, non sempre. Dovresti ritenerti fortunata»
«Ce la faccio da sola, grazie mille»
«Davvero? Perché a me non sembra»
Sbuffai.
«Sto cercando una mia amica... era vicino a me quando mi sono addormentata, mora, aveva un...»
«È andata via» esordì.
«In che senso, è andata via? E come?»
«È venuto a prenderla qualcuno con la macchina, non so chi»
La mia preoccupazione si trasformò in sollievo: se non altro, non si era fatta accompagnare da uno sconosciuto.
Subito dopo, il sollievo si trasformò in rabbia.
«Mi ha lasciata qui da sola?!» urlai, più a me stessa che alla persona con cui stavo parlando.
«Sta' calma, non riusciva nemmeno a reggersi in piedi»
«Quanto tempo fa è andata via?»
«Circa due orette, credo»
Mi girai verso questo ragazzo sconosciuto, e all'improvviso provai un forte senso di gratitudine.
«Mi dispiace se ti ho risposto male prima, al bar. E anche adesso. Quando bevo sono così...» dissi abbassando lo sguardo, rossa di vergogna.
Mi squadrò velocemente da capo a piedi, come se stesse pensando ad altro.
«Non fa niente, ti capisco» disse accennando una risatina.
«Okay...»
«Okay»
«Allora io vado. Grazie di tutto...?»
Lasciai la frase in sospeso, rendendomi conto che non conoscevo il suo nome.
«Alessio»
«Grazie di tutto, Alessio» sorrisi.
Mi incamminai verso la fermata del bus prendendo il telefono dalla tasca.
Trovai due messaggi da mia sorella.
Risposi e digitai il numero di Federica.
«Cami? Oddio, mi dispiace se ti ho lasciata lì da sola, è che per poco nemmeno mi reggevo in piedi. Comunque ora sono a casa, sto...»
«Lo so, tranquilla. Sono contenta che tua sorella sia venuta a prenderti»
«Dove sei?»
«Sto salendo sul bus, arrivo»
«Okay, a dopo»
«A dopo»

«Che schifo di giornata» esordì Federica impiattando i pancake che avevamo appena preparato.
«Già. Sono a pezzi»
«Raccontami cos'hai fatto»
«Ma te l'ho già raccontato»
«Davvero? Non me lo ricordo. Vuoto totale»
«Dovremmo smetterla di bere così tanto. Non ci fa bene e non è nemmeno più divertente»
«Infatti. Comunque, tornando a casa, l'ho chiamato» iniziò, riferendosi all'ex con cui Andrea, il barman, mi aveva riferito di averla vista andare in bagno, «E ho messo in chiaro le cose»
«Oddio. Cioè?»
«Gli ho detto che è stato un grande, grandissimo errore, e che non ero lucida. Mi ha letteralmente implorata di riprovarci ancora ma sono riuscita a dirgli di no. Abbiamo chiuso»
«Sicura? Definitivamente?»
«Definitivamente» mi assicurò con un sorrisetto compiaciuto.
«Evvai!» urlai, abbracciandola.
Sapevo quanto aveva sofferto e quanto lui fosse stronzo. Ero davvero contenta che ci fosse riuscita.
«Ora, tocca a te»
«Tocca a me, cosa?»
«Non hai conosciuto nessuno? Mi sembra molto, molto strano. Avrai avuto la fila!»
Risi.
«Be', per oggi mi sono limitata a cadere sul pavimento e a scoppiare a piangere davanti a tutti»
«Un classico. Aspetta un attimo. Al telefono, mi hai detto "sono contenta che tua sorella sia venuta a prenderti'", giusto?»
«Sì, perché?» mi accigliai.
Non capivo dove volesse arrivare.
«Come facevi a saperlo?»
Ah.
«Me l'ha detto...»
Mi bloccai: conoscendola, avrebbe subito iniziato a fare domande- a cui non avevo voglia di rispondere- a raffica.
«Chi?» voleva sapere.
«Ehm... nessuno. Un ragazzo che era lì. Nemmeno lo conosco»
«Se non è nessuno, che cos'è quel sorrisetto che hai in faccia? E quelle guance rosse?»
«Cosa? Non sto sorridendo» dissi, smettendo immediatamente di sorridere, e mettendo una mano fredda sulle guance cercando di alleviare il calore.
«Non me la dai a bere, sai»
«Te lo giuro. Stavo pensando a quando sono caduta» mentii, dato che non c'era assolutamente niente di divertente in quell'episodio, «E poi, fa un caldo tremendo qui dentro» mentii di nuovo: si congelava.
«Mh mh. Abbiamo detto abbastanza bugie per oggi, che dici? Noi che smettiamo di bere, io che ho chiuso col mio ex, tu che...»
«Cos'hai detto?!»
«Scherzo!»
E scoppiammo a ridere entrambe.

Quel ragazzo di San Lorenzo.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora