Vidi il dolore nei suoi occhi.
Mi sedetti e provai a riflettere su tutto ciò che le stava succedendo, su tutto il dolore che stava provando e al vuoto che sentiva nel petto.
Non so se mi facesse pena, ma sentivo un vuoto nello stomaco. Non avrei mai voluto provare quello che stava provando, così mi alzai in piedi. Ma lo fece anche lei.
Sbattei gli occhi confusa, e la figura anonima cominciò ad assumere un senso, un aspetto. Un aspetto molto simile al mio.
Non avrei mai voluto provare quello che stava provando lei, ma io lo provavo ogni giorno; ero semplicemente nella mia camera, davanti al mio specchio.
Mi svegliai di soprassalto con la testa che mi scoppiava.
Che incubo strano.
Guardai l'orologio: erano le due e mezza di notte.
La pioggia batteva sulle finestre e sul tetto, creando un suono che in qualsiasi altro momento avrei trovato confortante.
Mi alzai e decisi di scendere in cucina per bere un bicchiere d'acqua.
Mentre salivo le scale sentii suonare il campanello e mi bloccai immediatamente. Iniziò ad assalirmi il panico.
Non poteva essere mia sorella, mi avrebbe avvisata, e poi non avrebbe mai suonato il campanello a quest'ora della notte sapendo che mi avrebbe svegliata.
Decisi di lasciar perdere, probabilmente era solo qualcuno che si era sbagliato.
Nemmeno il tempo di muovere un altro passo che lo risentii di nuovo. Iniziai davvero ad agitarmi.
«Chi è?» urlai. Nessuna risposta.
Provai a vedere dallo spioncino, ma era tutto buio.
«Fanculo» dissi, e feci per tornare di sopra, quando mi arrivò una notifica sul cellulare.
«Puoi aprire, per favore? So che ci sei»
Alessio.
Spalancai la porta e lo trovai lì davanti, bagnato dalla pioggia e col cellulare in mano. Non aveva una bella cera. Di lì a qualche secondo gliene avrei sicuramente dette quattro, ma rivederlo fu come tornare a respirare dopo molto tempo di apnea.
«Ma che fai, sei impazzito?!» strillai.
«Mi dispiace» si limitò a dire, «Posso entrare?»
Stavo per rispondergli che poteva benissimo tornarsene da dove era venuto, ma come potevo lasciarlo lì in quelle condizioni e per di più a quell'ora della notte?
Gli feci cenno di entrare e richiusi la porta.
«Che vuoi ancora da me? Ti rendi conto di che ore sono?» dissi sventolandogli il telefono in faccia.
Non rispose, teneva gli occhi bassi.
«Mi hai sentita?» insistetti.
«Sì. Mi dispiace» ripetè.
«Si può sapere che diavolo è successo?»
Per la prima volta alzò gli occhi. Erano rossi e lucidi.
«Ho litigato con mia madre. Non sapevo dove andare, e sei la prima persona che mi è venuta in mente»
«Tra tutti i tuoi amici, dovevi proprio venire qui?»
«E che ti devo dire...»
Sospirai.
«Entra»
«Grazie. E scusa per averti svegliata, e tutto il resto...»
«Non potevo lasciarti lì fuori»
Accennò un sorriso, poi abbassò lo sguardo su di me.
«Hai la mia felpa»
«Cosa?»
Oddio.
In quel momento avrei voluto avere una pala accanto a me per poter scavare un buca di una decina di metri e sotterrarmi.
«La tua non ti stava bene?»
Che giustificazione avevo? Nessuna.
«Piantala. Non... non riuscivo a dormire» confessai.
«E perché?»
«Non lo so il perché. Comunque sia, ti presto qualcosa? Sentirai freddo così»
«No, tranquilla. Già è tanto che mi hai fatto entrare»
«Hai... puoi mettere i panni di questa mattina» dissi, chiaramente in imbarazzo. Sperai che non se ne accorgesse.
«Li hai tenuti?»
«Sì, non sapevo se potessero servire»
Ogni secondo che passava mi rendevo sempre più ridicola. Avrei dovuto mandarlo via e dirgli che non avrei mai più voluto rivederlo.
Allora perché stavo andando al piano di sopra a prendere i vestiti che avevo ripiegato con cura nell'armadio?
«Tieni. Io devo dormire, domani devo andare a scuola. Non posso fare altre assenze«
«Non vuoi che io dorma con te, giusto?»
«Fai come vuoi» gli risposi. Stava iniziando a venirmi sonno, e mi si contorse lo stomaco al solo pensiero che la mia sveglia sarebbe suonata di lì a qualche ora.
Mi tolsi la sua felpa- mi ero già resa ridicola abbastanza- e invece che rimetterla nell'armadio la misi in salotto, così che avrebbe potuto riprendersela prima di andare via.
Pensai che avesse deciso di dormire con me, invece rimase al piano di sotto, ciò significava che aveva deciso di dormire sul divano. Ovvio.
Che cosa mi aspettavo?
Sospirai e aspettai che le mie palpebre diventassero pesanti.
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Quel ragazzo di San Lorenzo.
FanfictionUna festa dopo il primo giorno di scuola stravolgerà completamente la vita di Camilla. Dal momento in cui incrocerà quegli occhi marroni, cambierà tutto. Soprattutto lei. (se volete supportate con le stelline, mi farebbe molto piacere!<3)