Mi svegliai di soprassalto sentendo il rumore assordante della suoneria del mio telefono.
Cercai di alzarmi ma sentii un braccio che mi bloccava, cingendomi in vita.
Aprii gli occhi di scatto nel panico, ma mi tranquillizzai quando mi resi conto che era solamente Alessio.
«Alessio» lo chiamai.
Poi mi guardai intorno.
Capii di essere su una panchina, a San Lorenzo.
Non avevo la più pallida idea di come avessimo fatto ad arrivare lì.
Mi assalì il terrore, immaginai tutti gli scenari peggiori.
In più mi scoppiava la testa, non ricordavo nulla, e Alessio non accennava a svegliarsi.
«Ale» gli scossi delicatamente la spalla. Nulla.
«Ale, svegliati»
Spostai lo sguardo a terra e notai molte- troppe- bottiglie di birra vuote.
Alessio aprii gli occhi e mi guardò disorientato.
«Che c'è?» mi chiese.
Non gli risposi e aspettai che si rendesse conto da solo.
«Ma che cazzo... dove siamo?»
«Non lo so... cioè, lo so. Siamo a San Lorenzo, ma non ho la più pallida idea di come abbiamo fatto ad arrivarci. Abbiamo bevuto, penso... e menomale che dovevo smettere» mi presi il viso tra le mani.
«Mi scoppia la testa» bofonchiò cercando di alzarsi.
«Anche a me» ammisi, ancora con il viso tra le mani.
«Senti, che facciamo?» chiesi a quel punto.
«Con te dormo bene» mi disse sbadigliando, al posto di rispondermi.
Mi fece troppa tenerezza, sembrava un bambino.
Prima di accorgermene, gli stavo già accarezzando la guancia.
Mi accarezzò la coscia.
«Che cazzo di freddo» mi lamentai.
«Che principessa» esordì Alessio.
«Visto?»
«Tieni, comunque»
Si sfilò la felpa e me la passò.
«No no, tranq-»
«Non ti preoccupare, io ho caldo. Tieni, dai»
«Caldo?»
«Sì»
«Non dire cazzate, rimettitela»
«Che delicatezza» disse scoppiando a ridere.
«Sono serio, tieni»
Sbuffai.
«Te la ridò tra poco»
Alzò gli occhi al cielo e a me venne da ridere.
Mi infilai la felpa, e sentendo il suo profumo sorrisi: era un gesto apparentemente insignificante, ma davvero carino.
Non era assolutamente una cosa normale che io stessi così bene con lui. Sorridevo. Ridevo.
E non per finta, come facevo con tutti. Non era un sorriso di cortesia o una risatina finta.
Ridevo quando avevo voglia di ridere e non lo facevo quando non ne avevo voglia. Semplice.
«Seriamente, che facciamo? Saranno le due di notte»
«Uhm, veramente sono le sei di mattina»
Cosa?
«Cosa?!»
«Ho detto che...»
«Sì, ho capito. Abbiamo praticamente dormito per strada. Oddio. Chissà cosa sarebbe potuto succedere. E se ci avessero aggredito? Rapito? E se...»
«Camilla, calmati, per favore. Non è la fine del mondo. Stiamo bene»
Chiusi gli occhi e presi un bel respiro.
Accesi il telefono. Trovai vari messaggi del gruppo di classe, che non leggevo letteralmente mai.
Lo archiviai per l'ennesima volta.
Aprii la chat di mia sorella, che mi aveva scritto un paio di messaggi. Ero felice di vivere con lei, mi lasciava fare come volevo, sapeva che conoscevo rischi e pericoli della vita e ad entrambe andava bene così.
«Buongiorno, Bibi. Ti starai chiedendo perché ti scrivo a quest'ora... be', io e Fede...» iniziai a scrivere, ma poi cancellai tutto.
«Buongiorno, Bibi. Sto bene.
Scusa l'orario, io e Fede abbiamo fatto nottata :P»
No, non è vero. In realtà, ho passato la notte su una panchina nel bel mezzo di San Lorenzo- Dio solo sa cosa sarebbe potuto succederci- dopo essermi ubriacata con Alessio.
Ah, chi è Alessio? Tranquilla, non lo conosci.
In più, non ho la più pallida idea di come io abbia fatto ad arrivare nel luogo in cui mi trovo e non ricordo assolutamente niente.
No, non era il caso.
Ero un'ottima bugiarda, per fortuna.
«Be', io devo andare a casa, perciò...»
«A casa? Perché?»
Lo guardai, e si era sdraiato di nuovo.
«Perché devo cambiarmi, ovvio»
«Per forza? Voglio rimanere qui, con te» borbottò lui.
Sorrisi.
«Sì, per forza. Se è usciamo dopo»
«Abbiamo ancora mal di testa»
«Lo so, ci prenderemo qualcosa. Dai, alzati»
«No» si impuntò.
«Okay. Prenderò il bus. A dopo, Alessio»
Tentai di alzarmi, ma le mie gambe non ne volevano sapere.
Barcollai e caddi a terra.
Alessio scoppiò a ridere fragorosamente.
«Ti diverti?» dissi, irritata.
«Da morire»
«Vaffanculo»
«E dai, se riesco ad alzarmi ti aiuto, ok? Poi ti accompagno»
«Mah, fai come vuoi»
Prima che riuscisse ad alzarsi, io mi sollevai da terra e mi sedetti di nuovo.
«Dai, proviamoci» disse, ancora divertito per la mia caduta.
Scossi la testa.
«Sei carina da incazzata»
«Ah ah, piantala. Alziamoci, dai»
Mi aggrappai a lui, contammo fino a tre come i bambini e ci alzammo.
«Cazzo» esordì.
«Che c'è? Ti senti bene?» chiesi.
«Sì. No. Non ho... non ricordo dove ho parcheggiato il motorino»
«Non ci credo»
«Voglio piangere» disse in modo un po' troppo melodrammatico.
«Secondo me l'hai lasciato in pizzeria»
«Dici?»
«Sì»
«Forse hai ragione»
«Ho sempre ragione» ribattei.
Mi fece un sorriso sarcastico.
«Quando hai finito di vantarti, andiamo a controllare se effettivamente c'è?»
«Ma io devo...»
«Poi ci andiamo, te lo prometto»
Sbuffai.
«D'accordo»Arrivammo dall'amico di Alessio non ancora perfettamente lucidi.
Si salutarono e parlarono un po'.
«Senti, che per caso ho lasciato il motorino qui ieri sera? Non prendermi per pazzo, ho bevuto e non me lo ricordo» disse Ale.
Lui rise.
«Immaginavo»
«In che senso?»
«Avreste dovuto vedervi, ieri sera. Non stavate per niente messi bene. Sbiascicavate parole incomprensibili e non vi staccavate l'uno dall'altro» disse ridendo fragorosamente.
«Ah» disse Alessio, e io sbiancai.
«Comunque sì, lo hai lasciato qui, solo che dopo qualche ora sei tornato a prenderlo. C'era anche Gabriel, l'ha preso lui»
«Gabriel? E perché?»
«Questo non lo so»
Riconobbi il nome dell'amico di Alessio, quello che avevo incontrato in piazza e che mi aveva aiutata.
«Va bene, vado a chiederglielo. Grazie»
Si salutarono e uscimmo.
Alessio tirò fuori il telefono dalla tasca e lo vidi comporre il numero di qualcuno.
«Chi chiami?»
«Gabriel, ovviamente»
«Ma l'importante è che sai che lo ha preso lui, no?» «Sì, ma mi serve»
Sbuffai.
«Facciamo che io vado a casa, tu vai a prendere il motorino e ci vediamo dopo, ok?»
Feci per girarmi ma mi fermò.
«Aspetta un attimo, per favore. Voglio accompagnarti»
Gabriel rispose e lo sentii dire che stava scendendo.
Io sbuffai di nuovo e mi sedetti su un marciapiede, con la testa sulle ginocchia.
Alessio si sedette vicino a me.
«Tutto okay?»
«Ho sonno» dissi, alzando la testa per sbadigliare.
Lui sorrise e mi riavviò una ciocca di capelli dietro l'orecchio: un gesto che ormai mi piaceva molto.
«A casa puoi metterti a dormire»
Io annuii.
«Bella Alè» disse Gabriel arrivando, facendomi sobbalzare.
«Bella Ge. Che dici?»
«Tutto apposto. Tu?»
«Insomma. Mal di testa, ma non è la prima volta che dormo su una panchina» disse, quasi smettendo di sorridere.
Io alzai la testa di scatto. Quella frase mi scosse, e sperai di aver sentito male.
«Già» rispose Gabriel.
«Ah, comunque lei è...»
«Camilla, sì, lo so»
«Ciao» lo salutai.
«Vi conoscete?» disse Alessio.
«Ci siamo incontrati in piazza l'altro giorno. È venuto a chiamarti quando ti stavo cercando, ti ricordi?»
"Onestamente no"
«Andiamo bene» dissi ridendo.
«Perché hai preso il motorino senza chiedermelo?» chiese Alessio.
«Te l'ho chiesto» disse Gabriel, «E tu mi hai anche detto di sì»
«Davvero?»
«Sì, anche se non stavi proprio messo bene. Per questo l'ho preso»
Smisi di prestare attenzione e aspettai che smisero di parlare.
Dopo qualche minuto finalmente riuscimmo a recuperare il motorino.
Io mi strinsi forte ad Ale e partimmo.
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Quel ragazzo di San Lorenzo.
FanfictionUna festa dopo il primo giorno di scuola stravolgerà completamente la vita di Camilla. Dal momento in cui incrocerà quegli occhi marroni, cambierà tutto. Soprattutto lei. (se volete supportate con le stelline, mi farebbe molto piacere!<3)